Con particolare piacere vogliamo raccontare la parabola creativa ed umana di Hangar Design Group e di questi primi quaranta anni di attività, perché ci appare come una significativa rivalsa dei territori considerati marginali, divenuti a tutti gli effetti modelli universali. In principio fu il verbo visivo di Pietro Germi a sottolineare che la provincia con tutti gli innumerevoli difetti sociali non era altro che il modello antropologico universale, capace di leggere grandezze e debolezze dell’Homo Italicus, così particolare, così insopportabilmente imprevedibile da diventare a volte grande, grandissimo.
Signore e signori ambientato nell’immaginaria Rezega (RZ) / Treviso ci parla del boom, ma non solo degli eccessi, dei compromessi, delle ipocrisie e di tanta gente che “sta bene”, perché nel 1966 tutti gli italiani avrebbero voluto essere come i protagonisti del film, e di fatto lo sono diventati. Nel carattere sociologicamente simbolico del cinema si raggruma l’essenza di una verità che non riuscivamo a capire fino in fondo, un dopoguerra perpetuo, dove ogni soggetto operativo diventa da “comparsa a protagonista” del miracolo italiano, alternando, vizi privati e pubbliche virtù.
“L’avvenire appartiene alla periferia del globo”
Emil Cioran, La tentazione di esistere, 1956
In questo clima politico e culturale, il paese esplode nonostante le incongruenze, vola verso un’economia spettacolare anche senza i limiti che la confusione generalizzata imporrebbe, perché la capacità di intrapresa e l’intuizione sui “The Times they are a-changin’”, costruiscono l’altro imprinting molto più strutturato di tutti i difetti.
Hangar è un simbolo straordinario ma, ordinario di queste contraddizioni, veloce come un fulmine rispetto alla lentezza delle trasformazioni che attraversa, perché ogni piccolo o grande imprenditore è la tessera del grande puzzle del talento diffuso, minuto, puntuale del Bel Paese.
Sono bravi i due soci-sodali, hanno cursus corretti (la mitologia dello IUAV è sempre una costante sottintesa), intuito, umanità, idee e forza culturale per poterle realizzare ”ciò che infonde coraggio ai nostri sogni è la profonda convinzione di poterli realizzare” dice perfino il calvinista LC, e lo ripetono in tanti, ma loro semplicemente lo applicano.
In questi primi quarant’anni di successi si intravede una metodologia innovativa, sperimentale, realmente multimediale, e soprattutto priva di gerarchie disciplinari che rendono “il post-studio di architettura”, un laboratorio per la cultura progettuale, declinato in tutte le forme e in ogni direzione, senza esclusione per nessuna area disciplinare: dal cucchiaio alla città, al cucchiaio è un cucchiaio, e una città è una città.
L’attenzione, la cura per i processi progettuali, per i tracciati estetici multiformi è maniacale ma apparentemente leggera, semplice, frutto di una chiarezza estrema ma naturale, sempre figlia inconsapevole del principio filosofico ultimo per cui “ciò che è necessario accade comunque”, e questa corsa verso la necessità nella sua accezione più alta, si coglie nei mille progetti(sic!) presenti nel bel volume.
Compendium è una Bibbia laica per giovani e vecchi creativi, un regesto di innovazioni e di collaborazioni davvero sorprendente, che scavalca la consuetudine dei rapporti di prossimità con quel territorio che li ha formati, per farli diventare produttori di modelli universali (Germi docet).
Nella fenomenologia di Hangar Design Group è molto importante e innovativa la sequenza delle intuizioni, la parabola crescente delle dialettiche che permeano ogni progetto che diventa eponimo e linea di demarcazione tra un “prima e un dopo”, frutto della perfetta identità tra teoria e prassi: una è conseguenza dell’altra e viceversa, in assenza di gerarchie, semplicemente dialettica pura tra estetica ed etica.
Le complessità disciplinari vengono eliminate dalla costruzione sapiente di un gruppo inter-mediale, che colpisce i target differenziati, eludendo le specificità: ogni progetto diventa Il Progetto e dunque “l’agenzia”, come l’hanno immaginata i due ragazzi di Venezia, è in grado di dare le risposte più adeguate a qualsiasi domanda di ogni committente.
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Un vero “post-studio di progettazione” dove dimensioni, materiali, metodologie sono già la risoluzione di ogni problema estetico, formale e disciplinare: siano manifesti, borsette, lampade, mostre, allestimenti, packaging, cantine e alberghi, immagini coordinate o tutto quello che interviene sull’immaginario creativo, architettura compresa.
Come un lessico universale che intacca le consuetudini, che cambia la percezione stabilizzata di ogni singolo lemma di un vocabolario, e che si modifica con la ricerca sapiente dei due linguisti spericolati, autori di una neo-lingua complessa ma semplice da metabolizzare, come insegnava Gauguin: “dobbiamo tornare molto più indietro dei cavalli del Partenone, dobbiamo tornare al cavallo di legno della nostra infanzia”.
E’ il fondamento stesso del successo professionale, fare soltanto quello che ci riporta all’essenza delle nostre emozioni, al “fanciullo che non sente ragioni”, e che vede nel suo tratto di matita l’unica possibilità di disegnare il mondo e la realtà che lo contiene.
C’è dunque qualcosa che ci riporta alla dimensione del magico in ogni creazione, lo stupore per una soluzione che non avremmo mai immaginato, e per questo centinaia di clienti hanno dato ragione ad Alberto Bovo e Sandro Manente, e a quell’idea originaria che permea ogni loro singolo gesto, come se aspettassero proprio quella proposta.
Oltre a tutto questo si avverte nello sviluppo di questo team progettuale una felicità dentro una competenza e una serenità all’interno della soluzione, capace di mascherare tutte le tensioni che hanno portato alla risoluzione del problema e del programma, si avverte un’amicizia diffusa e condivisa non retorica e non funzionale, semplicemente frutto di un carattere fermo nitido e solidale.
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Il titolo dato alla sequenza dei loro lavori non è altro che il progetto dei progetti, la teoria della teoria e la prassi delle prassi. Il Compendium è un riassunto, derivato di “pendere” pesare, dunque “risparmio” di denaro e quindi anche di tempo, in un lavoro. Nessuna parola avrebbe mai potuto raccontare meglio la loro azione intellettuale, culturale e professionale, ma è già troppo tardi perché probabilmente stanno già pensando al progetto numero 1001,1002,1003,1004……
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