Fin dalle origini il destino degli uomini è stato associato a quello degli alberi con legami talmente stretti, potremmo definirli  ancestrali, che è lecito chiedersi che cosa ne sarà di un’umanità che sta brutalmente spezzando questi legami.

Tra i rami dei grandi alberi mi sono arrampicato per guardare il cielo… con la loro frutta mi sono sfamato, con il loro legno mi sono riscaldato: a loro devo la mia vita…

Mario Rigoni Stern

Chi pianta un albero pianta una speranza.

Lucy Larcom

Vorremmo iniziare scavando proprio intorno alle radici degli alberi per guidarvi a comprendere a fondo il progetto di Atelier(s) Alfonso Femia, che si è aggiudicato di recente il concorso di progettazione per la realizzazione del Complesso Scolastico “G.B. Cavalcaselle” del Comune di Legnago in provincia di Verona.

Alfonso Femia
Complesso scolastico di Via Ragazzi del ‘99 nel quartiere di Porto di Legnago

“La scuola è il primo luogo in cui una Comunità si forma e costruisce il proprio futuro e quello del paese a cui appartiene. Il progetto per una scuola deve coniugare responsabilità e visione, rapporto con il tempo e senso di appartenenza, dimensione reale e immaginaria legata alle nuove generazioni che la vivranno e che in quei loghi, di formazione e incontro, costruiranno una parte importante della loro vita. Questo l’assunto fondamentale di un progetto consapevole del proprio potenziale rigenerativo per l’identità ed il futuro del territorio in cui si innesta. 

Un edificio pensato per il benessere di chi lo abita, con la volontà di far rinascere un quadro paesaggistico dai forti toni del verde, rivestito – come fa presente l’architetto – da una “pelle” in legno composito, con l’innesto di altri materiali quali alluminio e ceramica . Un elemento chiave che ci permette di leggere e decodificare l’idea progettuale sottesa a questo complesso scolastico, è quella di mettere in connessione spazio e tempo , creare un luogo che sappia trasmettere ai suoi abitanti la consapevolezza della vita che si svolge sia all’interno che all’esterno.

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La scuola è, in primis, una comunità, quindi uno degli obiettivi principali a questa architettura deve tendere è quella di favorire attività volte a creare e rafforzare il senso di comunità, spazi di aggregazione e aree comuni hanno come contraltare, invece, sale più intime e protette.  La visione di questo nuovo modello scolastico, messa in campo dallo Studio Femia, punta fortemente sulla valorizzazione dell’area verde circostante alla scuola, ridisegnandola ed inserendola a pieno titolo nel corridoio ecologico  del vicino canale Terrazzo.

Complesso scolastico di Via Ragazzi del ‘99 nel quartiere di Porto di Legnago

La scuola viene così cinta e protetta da un filtro verde che la precede. «Ci è sembrato molto importante mettere ordine nel rapporto tra gli spazi aperti, la topografia e la linea d’acqua, in modo da rendere quanto più possibile l’idea di una scuola in un parco, piuttosto che di un elemento riqualificato ma senza un’anima importante e precisa», sono le parole di Alfonso Femia per porre l’attenzione sulla centralità di avere uno spazio verde di qualità, a servizio della comunità e di cui essa possa anche prendersi cura.

«Da quel punto si innesta una sorta di incrocio tra cardo e decumano per introdurre un sistema di connessione con il secondo lotto», spiega l’architetto. Il secondo lotto riguarderà la demolizione e ricostruzione della restante parte del plesso, dove è prevista la realizzazione di una scuola primaria. Il concorso, pur richiedendo per la consegna del primo grado un piano di intervento per l’intero polo, si è concentrato nel secondo grado sulla progettazione della scuola media (primo lotto).

Al centro del progetto vincitore si stagliano proprio gli spazi collettivi e il paesaggio,  divenendo così elementi fondamentali della nuova composizione architettonica. Una corte interna  si apre su un lato, ossia separata dall’esterno per mezzo di un porticato. Al primo piano una grande loggia affaccia direttamente sul parco. In corrispondenza di quest’ultima, l’involucro si dirada lasciando intravedere la corte interna percepibile dall’esterno anche in corrispondenza del grande ingresso vetrato.

L’edificio dialoga con l’ambiente, aprendosi al territorio, così la corte sembra inglobare il paesaggio al suo interno «La scuola è un luogo ovviamente protetto dal punto di vista funzionale, pur avendo un interscambio importante, percettivo e non solo, con il suo contesto».
La corte è atta ad ospitare momenti ludici e didattici. Grazie alla conformazione del tetto, l’acqua piovana viene fatta confluire pressoché in un unico punto per poi essere raccolta in una vasca all’interno della corte stessa.

Complesso scolastico di Via Ragazzi del ‘99 nel quartiere di Porto di Legnago

«Abbiamo voluto mettere in scena il circuito dell’acqua, con un valore educativo. Anche i più piccoli segni nell’architettura vogliono parlare di territorio» tiene a sottolineare l’architetto. Soprattutto, l’intero sistema di spazi della scuola punta a coniugare «il senso di appartenenza con il rapporto col tempo». Femia introduce il concetto di «spazio cronotopico» aggiungendo: «Quando possibile, cerchiamo di fare in modo che nelle architetture vi sia una consapevolezza percettiva di ciò che avviene negli spazi durante le ore della giornata». Nel caso della scuola di Legnago, «il sistema distributivo, gli spazi conviviali e quelli dove si svolgono altre attività, sono tutti rivolti in maniera estroversa verso la corte: chi percorre il sistema distributivo può sempre vedere le persone che entrano, che vanno in palestra, le persone che giocano nel cortile, le persone che entrano nelle aule».

«Se si vuole, basta volgere lo sguardo per essere partecipi dell’attività che si svolge nella scuola». «Crediamo che questa sia anche una forma di educazione alla percezione dello spazio perché viene sottinteso il concetto di essere parte di una comunità, di un gruppo di vita. Noi non ce ne rendiamo conto, ma ogni qualvolta entriamo in spazi di questo tipo stiamo bene, perché contemporaneamente viviamo la nostra dimensione intima ma anche quella collettiva», chiosa Femia.

La “pelle” dell’edificio è in legno composito, con la possibilità di essere intervallato con elementi di alluminio e di ceramica. Il materiale e il susseguirsi di elementi verticali genera una facciata vibrante, coerentemente con l’idea di una scuola che pone in primo piano il rapporto con la natura ed il paesaggio.

La vittoria al concorso per la scuola di Legnago è il coronamento di una lunga e favorevole serie di aggiudicazioni per l’Atelier(s) Alfonso Femia tra le quali ricordiamo: il concorso per lo stadio di Cosenza; il concorso ad inviti, promosso dalla Banca Ersel, per il recupero e la ristrutturazione dell’immobile di Via Caradosso 16 a Milano, con destinazione principale ad uffici. C’è poi la competizione internazionale per lo sviluppo del «Diptyk Multipôle», un complesso per uffici e spazi per il commercio a Décines-Charpieu, nell’area metropolitana di Lione, in Francia. Infine, ma non per importanza, il progetto di riqualificazione dello storico palazzo del Poligrafico dello Stato nel quartiere Esquilino, a Roma.

[ NDR]

Atelier(s) è stato fondato dall’architetto Alfonso Femia con altri compagni di viaggio, dal 1995 al fine di poter gettare uno sguardo curioso e profondo sul mondo e le relazioni umane attraverso l’architettura, il dialogo e la materia, ascoltando, ricercando e affermando una idea del progetto come strumento di dialogo e l’importanza di pensare e immaginare, spazi, architetture e città cronotopiche.

“La percezione e la trasformazione del reale sono i cardini di un’idea di architettura come corpo ed enigma, che sia realistica ed emozionale insieme, pragmatica e sensuale, condivisibile e capace di creare stupore come meccanismo di conoscenza. La ricerca sulla materia – che contraddistingue i recenti progetti realizzati in Italia e in Francia – è fondamentale nella sua riaffermazione come dimensione empatica dell’architettura nel momento dell’incontro con chi la vive e abita la città. La materia rappresenta anche la volontà generosa di ribadire l’importanza di un dialogo stretto tra tutti i protagonisti del progetto, dal committente all’artigiano. Il pensiero sviluppato negli Atelier(s) Femia vede il dialogo come strumento del progetto e il progetto come strumento del dialogo. Il progetto è vissuto come opportunità di incontro e di confronto,
che si misura con il tempo e nel tempo, e che fa della dimensione cronotopica uno degli obiettivi della ricerca.”


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