Progetto ACPV.ARCHITECTS.
Tra le premesse programmatiche della Chiesa di San Bernardino a L’Aquila c’è l’idea che la sua realizzazione sarà a “tempo”, avrà una data di scadenza che parte dall’organizzazione della composizione architettonica, dall’audacia strutturale e materiale, dai costi e dalla necessità di dare al ciclo vitale della Chiesa un senso e un’identità non transeunte.
E’ lo stile elegante, essenziale e profondamente razionale di tutte le elaborazioni dello studio ACPV Architects, un percorso perfetto nella sobrietà contemporanea, che non prevede eccessi e non presuppone gesti muscolari e formali: tutto quello che serve ad una chiesa è complessivamente declinato nel migliore dei modi possibili.
E’ una scelta scientifica che parte da molti slanci creativi, sommatoria di una sequenza di emozioni, e di un’aura sacra che è sapientemente nascosta in ogni segno, in ogni elemento, a partire dall’organizzazione funzionale che richiede una lettura approfondita delle richieste liturgiche, e che possano generare quel senso di “ecclesia” che nel tempo presente non è sempre insito nel risultato fisico, proiettato nell’esistenza di una qualsiasi quotidianità.
Dentro la città devastata dallo spaventoso terremoto del 2009 era necessario ri-costruire antichi luoghi di incontro, di scambio emotivo, di raccoglimento, prima che di preghiera e in questa Chiesa, che vuole essere il doppio speculare contemporaneo della vecchia Basilica di San Bernardino, gli architetti non si sottomettono ad improbabili confronti, dove il tempo antico e moderno hanno non solo valenze diverse ma devono emozionare facendo interagire i fedeli nello spazio rumoroso dell’attualità.
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Estetica, sostenibilità, memoria e ricerca delle soluzioni antisismiche concorrono ad un risultato non banale, frutto di un concorso e soprattutto compresso da tempi di realizzazione del manufatto, improntati ad una velocità assolutamente straordinaria tra gli esempi coevi e non, di un’esperienza sulla prefabbricazione consolidata nei decenni
La Chiesa, che ospita 224 posti a sedere, è stata costruita in dieci mesi, alla periferia dell’Aquila, in un luogo anonimo a scarsa densità urbana, assemblata con moduli provvisori in legno e acciaio: materiali riciclabili pensati per un futuro riutilizzo.
Naturalmente noi siamo contenti che dopo tredici anni, il luogo di culto sia ancora un punto di riferimento per i fedeli e sicuramente scevro da problemi di usura dei materiali, ancora vivo.
Il rivestimento a listelli di legno della facciata crea una scenografica quinta alta quasi 10 metri da cui si intravede, in un gioco di eleganti trasparenze, il profilo della struttura, un elemento scatolare che ispira l’idea “del vedere e del celare” come negli antichi manufatti religiosi, ma in questo caso l’adesione ai principi del terzo millennio, ne fanno un esempio complessivamente compiuto.
La memoria pulsa dentro il semema dell’architettura, instaura un dialogo tra significati difformi e storicamente lontani, ieri e domani, storia e cronaca si parlano perché la struttura del campanile in legno, porta tutt’oggi la campana originale, sopravvissuta intatta al sisma, come monito di tutte le tragedie umane e delle solite inadeguatezze strutturali e normative
Il legno è stato eletto quale elemento principale e concettuale del progetto per le sue doti di riciclabilità, per la natura originariamente temporanea del progetto, per la rapidità di esecuzione, e per la stabilità antisismica, anche in questa semplice schematizzazione si intuisce la precisione millimetrica della prassi, del programma.
Non è un caso che nella sua introduzione al progetto per la rivista Thema, Mons. Giancarlo Santi scrive: siamo di fronte a un’architettura semplice, francescana, come raramente è dato incontrare in Italia. Un vero progetto essenziale che non rinuncia a diventare esemplare nella sua articolazione nella dialettica tra elementi, nella sequenza delle forme e nella creazione di un sagrato che diventerà nel tempo, un luogo nuovo di aggregazione e di scambio di emozioni
Il programma progettuale
Il complesso conventuale sorprende perché nulla manca di ciò che è strettamente necessario: il campanile, il sagrato, la facciata della chiesa a profilo rettangolare, aquilana, il chiostro del conventino, l’impressione è che la forma liturgica sia stata assimilata senza forzature: ordine e chiarezza, senza enfasi.
Pur non avendo mai realizzato edifici religiosi lo studio ACPV Architects esprime maturità etica e sicurezza estetica, appena incline all’eleganza, e concordiamo che il progetto nella sua interezza ha una forza e una sobrietà francescana ma interpreta compiutamente le sollecitazioni di Papa Francesco: per una chiesa povera e aperta, che contiene una storia che non fa pesare, inclusiva e avvolgente. Un esempio di post-minimalismo esente da enfasi formale e materiale nel puro stile contemporaneo e simbolico dello studio milanese, dove ogni gesto/parola/suono rappresenta una necessità prima che un’essenzialità.
Lo Spazio Sacro, rassegna di Architettura Sacra che si svolge ad Assisi nell’ambito della manifestazione Seed 2023, insegue la necessità irrinunciabile per l’architettura di dare al segno compiuto, al gesto progettuale, una valenza intellettualmente sacra, un processo quasi divinatorio, e la Chiesa di San Bernardino, presente nella rassegna, è un esempio di grande abilità espressiva e compositiva La Chiesa Aquilana è solo lo specchio di una profondità che trasforma il nostro lavoro creativo di architetti nell’esempio più luminoso che: “il sacro” è implicito ed evidente in ogni “progetto colto” anche se “profano”, perché in fondo l’architettura è simile alla liturgia.
“Sin dalla celeberrima conferenza del 1929 su “Was ist Metaphysik?”, si è inteso come in Heidegger l’essere stesso non sia un ente, ma quel ni-ente che fa essere l’essente nella sua differenza dal nulla.
Il sacro heideggeriano non è propriamente l’essere stesso, ma quella dinamica che coinvolge ogni “eventuarsi” dell’accadere (Geschehen), ivi compreso lo stesso essere.
In quanto oscillazione di appropriazione-espropriazione, il sacro dispone ad avvenimento il salvarsi sia degli enti nella loro “enticità”, sia dell’essere stesso secondo il suo tratto differenziale.
Le categorie del dicibile e del pensabile indicano quei caratteri di “salute” ontica e di “salvezza” essenziale, che l’essere stesso autentica in quanto sacro nella dinamica dell’Ereignis.
È questa, infatti, ad “essenziare” la differenza ontologica e la determinazione della copula “è”, la quale inquadra l’identità di una cosa con se stessa e distingue questa dal suo contraddittorio. Col velamento di sé, l’essere salva l’ente nel suo presentarsi, mentre questo assicura quello nell’indicazione fondamentale della sua non-enticità: questa mutua dinamica di salvazione è appunto lo Heilige, il sacro.”
Marco Viscomi. Il sacro in Martin Heidegger. I “venturi” e “l’ultimo Dio”. Ortothes editrice
Chiesa di San Bernardino e mensa celestiniana, L’Aquila.2010.
Committenza Ordine dei frati Minori ”San Bernardino”-Ass. Fraterna Tau Onlus.
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