Al suo funerale laico di Cini Boeri, Maria Cristina Mariani Dameno, nel sagrato di sant’Ambrogio, gli elogi più emozionanti sono stati quelli degli amati nipoti, non solo affetto, non solo tristezza per la “nonna”, ma perdita per l’enorme insegnamento che aveva distribuito a tutti e sei ,figli dei famosissimi figli, Stefano, Tito e Sandro. Una vita piena di successi, eleganza, autonomia e intelligenza (come insegna ad Antonio), curatore con la cugina Giulia della bellissima mostra nel padiglione di Ico Parisi al Parco Sempione, dove la moquette rosa tenue ci accoglie esattamente come ci accoglieva nella sua casa sulla Piazza di fronte alla Basilica di Sant’Ambrogio.

“Ragazzi, la bellezza va difesa. E la si difende con l’eleganza, con l’autonomia e con
l’intelligenza”».
(Cini Boeri, al nipote Antonio, cit. Raffaele Panizza)

Donna di una tenacia e di una lucentezza progettuale assoluta, progettista, designer, studentessa per sfuggire ad un retorico futuro borghese e dunque, una delle sole tre “signore” laureate al Poli nel 1951. Provate ad immaginare l’atmosfera nella pur splendente Milano di allora (anni cinquanta e sessanta), Ponti pur stimandola, le consiglia di dedicarsi alla “pittura”, e tutti le sconsigliano di esercitare la professione, tranne Zanuso, il “Marco”, che invece la spinge a perseverare.

11 C. Boeri, Poltrona Bobo Relax Per Arflex, 1967. Photo M. Masera Courtesy Archivio Arflex.jpg.jpg

E avrà ragione. Apre uno studio nel palazzo di Gigi Caccia Dominioni, al n.16 di piazza Sant’Ambrogio
(dove oggi, molto timidamente esercitiamo noi….n.d.a.) e da quel momento sarà per tutti la Cini, la piccolina della sua famiglia, come era soprannominata, ma pronta, a difendere con gli “artigli gentili” il suo status di genere, il suo essere architetto/architetta. Milanese fin dentro l’anima, coniuga il suo status “naturalmente aristocratico” con una profonda adesione ai principi della “democrazia creativa”, un luogo dove l’architettura deve rendere migliore la vita di tutti, magari non è proprio cosi, ma questo sarà il suo impegno fino a novantasei anni compiuti. Sempre.

Non ha mai amato riflettori e urla, esattamente l’inverso della contemporaneità dell’architettura, oggi simile alla comunicazione degli influencer, un danno ormai non più sanabile e credo che la mostra per i cento anni dalla nascita, servirà a farci riflettere sull’antropologia della cultura del progetto, e dei progettisti. “Il mestiere”, non separare mai il privato dalla professione (ecco la milanesissima casa- bottega, di derivazione brianzola, dove il design ha visto la luce), la curiosità intellettuale ne fanno ancora oggi, dopo un secolo, un esempio e l’indicazione chiara di ogni approccio al disegno dei luoghi artificiali che ambiscono a diventare naturali. Questa è la vera sfida dell’architettura e del design nel corso dei decenni.

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“Mi hanno sempre interessato le persone e i loro comportamenti. Sono una grande osservatrice, quando progetto mi piace entrare in sintonia con i committenti e comprendere le loro necessità e desideri per cercare di fornirgli la migliore soluzione possibile.”

Cini Boeri

La “Cini” ci conduce nel suo immaginario personale, ma condiviso, con una inarrivabile eleganza, nell’aspetto, nei modi, nelle forme e nei materiali, sperimentando sempre, spingendosi sempre avanti, anche prima di molti, che l’hanno imitata in seguito. Usando il vetro per una poltrona, o componendo un lunghissimo serpentone che diventava un “divanone”, o citando Christo per un “imbottito impacchettato”, ma il segno è sempre profondamente identitario, anche per le sue architetture, come ad esempio la mitologica “casa-bunker” dell’isola della Maddalena, il luogo dove la sua famiglia, mette in scena
l’intimità condivisa tra generazioni, un’architettura che esprime compiutamente il senso di felicità della “comunità”.

I suoi principi, i paradigmi progettuali, resteranno come segni tangibili di un’epoca straordinaria per il nostro paese e per la nostra cultura, e nel suo insegnamento fatto di capitoli di un romanzo esistenziale cristallino, che troverà nella grande mostra che il prossimo anno le dedicherà la Triennale, il punto di riflessione analitica finale.

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La “Cini” festeggia cento anni dalla nascita, ma i suoi progetti hanno ancora la capacità di emozionarci, e non c’è bisogno di disegnare grattacieli, basta semplicemente un bicchiere,
quello che in Blade Runner, diventa l’icona fisica di un’icona mutevole, per segnare un’epoca, non solo come eravamo e come siamo ma, come avremmo potuto essere usando ”eleganza, autonomia, intelligenza”.

“Credo che i no che ricevi ti rendano più perseverante. Avrei potuto gettare la spugna, ma non l’ho fatto perché sapevo che c’era molto da portare alla luce, da scoprire. Ho interpretato ogni no come una mossa, una sfida.”

Zaha Hadid

“Può non essere facile, ma un progetto tende sempre a proporre il nuovo e se questo nuovo è buono ed equivale al desiderato esso può produrre gioia.”

Cini Boeri

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