Uno dei temi più significativi della progettazione urbana contemporanea è la costruzione di un rapporto non gerarchico tra città e campagna.

Avevamo immaginato che la città fosse così forte da un punto di vista iconico da rendere artificiale perfino la natura, mentre oggi ci accorgiamo, tardivamente, che sarà l’ambiente naturale a dare le direttrici concettuali allo sviluppo urbanistico del futuro.

Il territorio urbanizzato deve essere “invaso”,plasmato, colonizzato dall’ambiente fino a costruire una diversa identità che permea i due sviluppi (naturale ed artificiale) oggi sempre più divergenti.

Città e campagna
City Life Milano

Costruire è un verbo che oggi assume altri significati, significa forse rammendare, ri-cucire (come indica Piano),parti degradate, intossicate da un’espansione incontrollata, costruire significa oggi immaginare scenari compatibili con uno “sviluppo sensibile” prima che sostenibile.

Il reiterato conflitto teorico tra città e “suolo libero” deve trasformarsi nell’opportunità sentita dalla Comunità tutta, di una diversa visione di crescita che può diventare anche occasione di rilancio della nostra economia stagnante.

Rendere belle e naturali le città che hanno rappresentato, in ogni epoca il punto più alto della civiltà, ad ogni latitudine è un impegno etico, estetico che produce nuove economie, nuove opportunità di lavoro, “crea senso” ad una ipotesi di futuro condiviso.

Gli abitanti di una città spesso non sentono la partecipazione alla trasformazione del territorio, se non quando questo cambiamento incide su bisogni specifici, particolari.

Ora è giunto il momento di riscrivere l’agenda della priorità, e trasformare gli italiani (o gli europei se volete) in cittadini attivi di un processo complesso di cambiamento.

Si parte dall’antropologia e dalla pianificazione ambientale per arrivare all’architettura ed al design pubblico per “ri-naturalizzare la città”, e in questo progetto sociale ogni parte nobile o meno nobile del territorio deve concorre a rendere più vivibile e attrattiva la nostra città, le nostre città.

”Vieni, vieni in città, che stai a fare in campagna”, cantava Gaber e oggi quella campagna ci piacerebbe portarla tutta dentro le antiche mura, dialettica a quel “luogo altro”, dove l’edificato identitario si estingueva.

Natura da ricostruire come elemento di “bonifica culturale”, per creare quella azione virtuosa che l’espansione urbana turbolenta degli scorsi decenni, ha sommerso (col cemento).

L’invenzione di un eco-sistema contemporaneo, nasce dalla giustapposizione tra l’artificialità del progetto e la naturalità dell’ambiente che lo deve ricevere e “sostenere”, dopo lo scontro, lo scambio di valenze significative, perché ogni disciplina può concorrere a rendere realmente radiosa la nostra città, anche immaginando nuove utopie estetiche.

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Perchè dovremmo rinunciare ai nostri sogni, se questi vanno nella direzione di una nuova etica progettuale?

Non serve analizzare le visoni politiche alternative che hanno dato alla rendita fondiaria valenze e valori diversi, ma è necessario cominciare a percepire lo sviluppo urbano come trasformazione e ridisegno civile e  centripeto e non scriteriata esplosione centrifuga di parti, spesso incompatibili e poco interagenti, schegge impazzite di un’urbanistica irreale, muscolare e sostanzialmente immobiliare.

La natura dentro la città sarà parte irrinunciabile del futuro urbano e urbanistico, perché la strada che conduce a quell’idea di “Città Italiana” deve dialogare con gentilezza ambientale col suo splendido edificato e col suo luminoso passato.


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