“Se un edificio non incoraggia e non favorisce gli incontri e le collaborazioni impreviste, molta dell’innovazione e della magia che nasce dalla fortuna va perduta”. (Steve Jobs)
Reinier de Graaf è cofondatore del think-tank AMO di OMA, lo studio di progettazione guidato da Rem Koolhaas. Il saggio ha la sua ragione d’essere soprattutto nel sottotitolo: “La nuova lingua del costruire”, perché: “La posta in gioco – precisa l’autore – è troppo alta per lasciare l’architettura agli architetti. Bisogna ammettere che di fronte ai problemi più pressanti del nostro tempo: disuguaglianza economica, crisi climatica, diritti umani sotto attacco, la disciplina non fa una gran bella figura: concorre all’aumento dei prezzi degli immobili, è parte integrante di un settore che è il più grande produttore di CO2 ed è incurante delle macchinazioni politiche che contribuisce a perpetuare”.
Gli edifici rappresentano il più importante asset globale: 280.000 miliardi di dollari, il triplo del PIL mondiale, il doppio delle riserve di petrolio e trenta volte la sua riserva aurea; producono il 30% di tutte le missioni di gas serra e la loro costruzione è responsabile del 40% del consumo energetico mondiale. “Ma non essendo né un’arte né una scienza – è parere di de Graaf -, l’architettura non possiede i loro meccanismi di difesa ed è condannata a combattere una guerra su due fronti: contro i luoghi comuni e contro arbitrari sistemi di misurazione. Oggi ci si aspetta che l’architettura si conformi a standard imposti da altri: una professione sotto assedio, costretta ad adottare posizioni virtuose sempre più estreme, ritenuta responsabile dal mondo della finanza, dalle scienze sociali e negli ultimi tempi anche dalla medicina”.
Il volume racconta la trasformazione vissuta dalla disciplina e dalla professione di architetto negli ultimi due decenni attraverso capitoli che argomentano archistar, eccellenza, sostenibilità, benessere, vivibilità, placemaking, creatività, bellezza, innovazione, e lo fa più attraverso domande che risposte. Come sta Bilbao dopo Gehry? Quali sono veramente le architetture iconiche e quali gli Iconic Awards? (ma servono i premi e a chi? Un capitolo si intitola “Tutti vincitori”). E la oggi necessaria magia della sostenibilità: Breeam o Leed e versioni o aggiornamenti vari? E le altre certificazioni, su tutte Well, sistema di rating che giusto oggi compie dieci anni? La città è meglio abitabile, vivibile o vitale? La creatività, oltre a risolverli, genera problemi? “Restituire all’edificio esistente tutta la sua bellezza” può bastare? Architettura senza architetti ma con algoritmo? Verso l’algocrazia in architettura (un software individua le opzioni progettuali con la migliore prestazione e restituisce un’analisi dettagliata di ciascuna di esse)?
E visto che di nuova lingua si parla, il volume riporta in appendice alcune fondamentali definizioni della Profspeak, la lingua astratta (e quasi ufficiale) del XXI secolo, che incorpora termini cibernetici e parole di origine greca e latina (ad es. “quiddity: essenza o natura di qualcuno o qualcosa; peculiarità). Verbi e sostantivi sono intercambiabili: design è un verbo (progettare) e un sostantivo (un progetto di prim’ordine); architect è un sostantivo e contemporaneamente un verbo. Parole e lavoro sono diventate intercambiabili: parlare è lavorare. Nel Profspeak le parole lunghe sono la modalità d’espressione preferita perché eliminano il bisogno di ulteriori spiegazioni. “Tanto che nella Profspeak – nota l’autore – la frase ‘Qualsiasi architetto con qualche consapevolezza e comprensione della sostenibilità cercherà di progettare edifici green per migliorare ulteriormente la qualità dell’ambiente’ diventa: ‘Smart sustainability mindful built environment practitioners architect to green green green’. Se usata con perizia la Profspeak diventa pura poesia”.
(Nota: nel dizionario della Profspeak, mi entusiasma la definizione di “T-Shaped Designer”: qualcuno con una profonda specifica conoscenza del proprio campo – rappresentato dalla lineetta verticale della T maiuscola – oltre a un certo livello di esperienza in vari campi correlati al proprio – rappresentato dalla lineetta orizzontale della T).
TWITTA:Reinier de Graaf
Architettare, verbo.
La nuova lingua del costruire
ADD Editore, 2024
pp. 320
Isbn 9788867834631
Recensione di Danilo Premoli – Office Observer
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