ELASTICOFarm s-lab

S-Lab dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), situato all’interno dell’area del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) a Torino.

ELASTICOFarm

 «alcuni dei pannelli di calcestruzzo con i quali è costruito l’edificio contengono un’anima parlante che si rivela solo con precise condizioni di umidità dell’aria; un esperimento, sulla pelle di un edificio nato per la sperimentazione».

 «la scomposizione in volumi differenti consente di mitigare l’impatto dell’edificio sull’esistente e di rapportarsi in maniera più coerente sia con l’edificio per uffici preesistente, al quale è collegato attraverso un corridoio vetrato, sia con il Parco Colonnetti confinante a sud-est, che costituisce un importante filtro naturalistico tra la zona densamente edificata di Mirafiori e quella lungo le sponde del torrente Sangone».

Elasticofarm

Raccontare il mondo di Elasticofarm è come immergersi in mondi completamente anomali rispetto ai flussi abituali, sia pure complessi dell’architettura italiana, perché esiste nel lavoro di Stefano Pujatti e partners, o se preferite Elastico Spa, etc, una densità culturale e una precisione in ogni intervento che ne fanno un punto di riferimento nella ricerca estetica e narrativa contemporanea.

E’ un “romanzo aperto” fatto di capitoli che vivono una loro autonomia e non ci consentono di capire, e men che meno conoscere, il finale di questa storia così poco italiana eppure così identitaria.

Per un signore che assomiglia ad una rockstar anni ’70 e che si definisce “un cow-boy nato nel posto sbagliato”, partiamo con la sensazione di trovarci nel posto giusto e questo ci permette di analizzare uno dei progetti più celebrati del gruppo

Apparente semplice ma come insegna il filosofo attento “niente è come sembra, perché tutto è altro”, soprattutto quando la semplicità apparente è il porto d’approdo sicuro, dopo le tempeste creative.

I nuovi laboratori dell’Istituto di Fisica Nucleare, S-Lab di Torino non sfuggono a questa logica, guardate la sequenza di incastri, di allineamenti, di sfalsamenti per capire che il tracciato esiste prima di diventare funzione, nell’idea di Pujatti, all’interno dell’area del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) a Torino e  il compito dell’architetto è solo quello di rendere espliciti i desideri di coloro i quali non sono in grado di realizzarli, come un accompagnamento tecnico verso la soluzione.

Lo schema risponde a tutte le domande del programma scientifico, ma non dimentica la volontà ultima del progettista di dare senso alla linea che ha scelto, alla geometria che ha immaginato rendendola condivisa, quasi scaturisse dall’idea del committente, una condizione che ribalta l’idea medianica di una contemporaneità che vorrebbe imporre scelte, forme e funzioni.

Elasticofarm è una fattoria-studio per liberarsi dalle incrostazioni dell’architettura demiurgica, e dal principio ordinatore dell’architetto rabdomante di spazi e volumi presenti solo nel punto più nascosto del suo immaginifico pensiero, dall’iperuranio alla strada, dal paradiso estetico all’etica della terra e della Terra.

Questo ci piace e non è un caso che Pujatti sia interessato alla poetica di Beniamino Servino, e non sia legato ai suoi presunti maestri Mayne e Prix, conosciuti, metabolizzati e poi finalmente dimenticati, perché nella chiarezza del gesto plano-volumetrico si ritorna al sapore d’antico ma così profondamente proiettato in un futuro tutto cuore e poetiche.

I premi di quest’anno, pur diversi tra loro, sono concatenati come una frase musicale, costante e ripetuta che può essere un messaggio verso questo pianeta sconosciuto (professionisti e consulenti), per indicare una strada che nell’apparente umiltà di risultato, ipotizza scenari e soluzioni profondamente innovativi.

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Colori, materia, geometria, incastro tra volumi, tutto appare lineare, essenza ma sempre capace di stupire, ambiti aperti e chiusi su se stessi, ma densi di mistero, ci impongo, ci spingono a circumnavigare questo capannone-continente futuribile, così simile alle nostre densità industriali eppure così unico, eponimo.

Ogni opera di Elasticofarm ha queste caratteristiche come se i progettisti riuscissero ad essere “altro” ad ogni opera, in una ricerca senza tempo, spinti verso una sperimentazione incoercibile, una collana di segni con uno stile imprevedibile, ma sempre riconoscibile, una necessità piuttosto che un desiderio.

E’ chiaro che questa metodologia, questa prassi programmatica porta Elasticofarm ad essere uno dei gruppi progettuali dell’ultima generazione italiana, ma anche planetaria, i nuovi maestri nel recupero di una tradizionale volontà di dare al progetto nutrimento ideale, intellettuale e culturale.

L’architetto deve essere un uomo colto, e qui si capisce cosa volevano dire alcune personalità del novecento, perché ogni segno di questo spettacolare progetto di post-laboratorio di ricerca e di produzione ci conduce verso nuove forma narrative, apparentemente controllate perché frutto di un’abilità antica, ecco lo stupore che nasce dal talento, ed ecco perché la critica, la nostra critica trova in questo tracciato la motivazione di esistere.

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A Torino ma anche altrove Elasticofarm ci ha fatto conoscere una possibilità concreta di costruire un territorio artificiale così bello ed elegante da sembrare naturale, da diventare: Natura, e questo ci appare come la vocazione finale verso un futuro fatto di segni che ci appartengono, che conosciamo come forma e volume, come materia e geometria perchè producono una dialettica tra l’anima dell’artefice e lo sguardo del fruitore.

Insieme i due mondi definiscono la società, anzi la civiltà che vogliamo attraversare nelle nostre esistenze transeunti, perché l’architettura è un bene comune, è lo spirito del tempo che viviamo e dunque prima di tutto dobbiamo ringraziare Pujatti/Elasticofarm, di averci condotto dentro quella fattoria dove ogni spazio è un artificio vero, così semplice ma tanto complesso da farci sembrare la realtà sempre migliore di quanto possa apparire.

“Il modo in cui tu sei e io sono, il modo in cui noi uomini siamo sulla terra è il Buan, l’abitare. Essere uomo significa: essere sulla terra come mortale, e cioè: abitare […].Ma il tratto fondamentale dell’abitare è l’aver cura.[….] I mortali abitano nel modo dell’aver cura. Nel salvare la terra, nell’accogliere il cielo…”

M.Heidegger.1954.Costruire ,abitare, pensare.

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