cappella bosco la verna

La cappella della Risurrezione a Chiusi della Verna. Progetto vincitore Emmanuele Bortone.

Premessa

La nuova cappella sorgerà in mezzo al bosco della Verna. 30 metri quadrati dove i pellegrini potranno raccogliersi in preghiera sulle tracce del santo d’Assisi.

Quello di Emmanuele Bortone è il progetto scelto dal Centro Studi per l’architettura sacra Cardinale Lercaro di Bologna e dalla Comunità dei Frati minori del Santuario della Verna, che si tradurrà nell’edificazione della nuova cappella incastonata nel verde delle foreste casentinesi.

“Uno spazio di 30 metri quadrati racchiuso entro un muro di blocchi di pietra sbozzata che, elevandosi, si dirada in un crescendo di vuoti attraverso i quali penetra all’interno la luce e il vento a manifestare in forme materiche, il segno della rIsurrezione di Cristo a cui la cappella è dedicata”.

Un’architettura di vento e di pietra, di luce e di silenzio

Al concorso hanno partecipato 29 architetti under 45 selezionati tra coloro che si sono candidati al bando. “Non è stato però un classico concorso di idee – continuano dal centro studi – Prima di presentare le loro proposte, i progettisti hanno partecipato a giornate di studio e visite al santuario della Verna e in altre chiese e cappelle del territorio. Un vero e proprio percorso per carpire le caratteristiche fisiche e spirituali del bosco francescano”.

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La cappella sarà costruita in occasione dell’ottavo centenario delle stimmate che San Francesco ricevette nel 1224, proprio sullo sperone roccioso dove oggi sorge il santuario. Adesso prende il via la fase esecutiva del progetto con un primo confronto con i frati francescani, l’avvio delle pratiche edilizie e da ultimo l’inaugurazione del cantiere che, salvo imprevisti, dovrebbe aprirsi entro la fine di febbraio 2024 così da chiudersi a giugno.

Nel panel dei sostenitori finanziari, oltre al contributo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Luca Cordero di Montezemolo, la famiglia Lebole-Banci, Fondazione Baracchi, la Banca di Anghiari. e tanti altri, oltre a Devotio, l’expo di prodotti e servizi per il mondo religioso.

Il respiro di San Francesco

Esiste una modalità francescana per esprimere i concetti più alti e puri di una mai scomparsa spiritualità, e nel gesto architettonico del progettista, si individua immediatamente l’adesione ai principi semplici e immortali del Santo di Assisi.

La partecipazione al workshop che ha visto i trenta progettisti immergersi nella natura essenziale e indimenticabile della Verna, probabilmente oltre ad averli ispirati, li ha condotti verso territori sconosciuti al pensiero estetico e progettuale corrente, parlo di tutti i partecipanti, coordinati dall’infaticabile e appassionata Claudia Manenti, “voce narrante” di questa sinfonia polifonica.

Un vero esempio legato anche alla percezione del tempo e non solo dello spazio, già di per sé emozionante.

Dunque la Cappella della Risurrezione nasce in una radura che ha visto gli elementi naturali dare un segno della loro forza, al termine delle stazioni di una Via Crucis, e dopo il segno simbolico che indica che li, e proprio li sta per nascere qualcosa che deve unire il passato, la ricerca della profondità metafisica del segno, e una certa idea di contemporaneità scevra da gesti architettonici e artistici.

Una Cappella-casa, un luogo essenziale dove ogni momento ideale diventerà materico e progettuale, come se nascesse spontaneamente dalla natura che lo circonda, sotto lo sguardo sereno ma vigile del Santo, che proprio in quel punto ha ricevuto il dono delle Stimmate, ottocento anni orsono, e il progetto di Bortone sembra avere dentro di se quel tempo così antico e quella grazia che nasce dalla serenità.

La forma della pietra

La forma e la stereometria di questa architettura guardano al profondo rapporto teorico tra metafisica e spiritualità, come a voler ricordare il senso del gesto progettuale e la sua necessità di “essere altro” rispetto alla funzione che rappresenta, e in questo caso non si avverte fatica nel progettista nel raccontarlo con la sequenza di segni, e di materiali.

Materia che si fa spirito potremmo dire, o meglio disegno che diventa o aspira ad essere un programma misterioso ma così chiaro, così denso di significati da non avere bisogno di parlare, perché quel luogo è il silenzio che si fa parola, per i credenti e per i laici, per un passato che si attualizza in un futuro che sente di avere ancora molto da dire.

Alla Verna si compie il miracolo della bellezza che sprigiona dal nulla e dal tutto naturale, suono purissimo, caldo, avvolgente come la parola del Santo che l’architetto ha sentito e capito subito poiché il progetto vincitore sembra la Summa di tutti i progetti partecipanti, anzi sembrerebbe un distillato inebriante, di quella via Crucis interiore e contemporanea.

Già perché il progetto è compiutamente contemporaneo e rifugge da ogni storicizzazione, nasce adesso per dare forma ad una storia antichissima e profonda, fatta di spiritualità, di parola, di pietra, di luce e di ombra, di un inarrivabile silenzio naturale, come un’”antologia semantica del Progetto”, che non deve dimostrare più nulla perché nella forma e nella pietra grezza c’è già tutto quello che serve.

Dunque bastano trenta metri quadri per dialogare con l’Altissimo (o il Divino), in tutte le sue forme e manifestazioni?

Sembrerebbe di si, e man mano che leggiamo il Progetto, abbiamo la sensazione che quello che non dice questo progetto ci parla in profondità, ci circonda con estrema dolcezza l’Anima, dove comunque si nasconde il pensiero personale che cerca e riconosce il Bello e il Buono, da sempre.

L’Anima “pensa architettura”

Sarebbe riduttivo non dare alla produzione alta dei segni il vero senso simbolico, perché l’architettura è sempre “in ascolto” del cuore o dell’anima, se preferite, perché in quel punto esatto probabilmente trova le risposte alla ricerca di una identità in grado di differenziarla dalla mera costruzione, dalla geometria che è solo il frutto di se stessa, senza amore, senza passione.

Il percorso-progetto di Bertone, e un viaggio verso se stesso , verso il suo Iato migliore, quello che è in grado di darci i veri significati “del fare e dell’essere architetti”, e di lasciare quel segno indelebile che fa di ogni costruzione esistente, l’inizio di un viaggio e l’approdo sicuro per le nostre paure di uomini confusi dalla contemporaneità cacofonica: luogo e tempo ritrovano la loro sintesi perfetta perché non hanno più bisogno delle sovrastrutture, il trucco dell’estetica si nutre dell’energia dell’etica.

Vorremmo infine ringraziare vincitori, e vinti(?) di questo concorso così anomalo e così difficile che ci ha permesso, e ha permesso a progettisti e critici di confrontarsi con l’Assoluto e con l’Essenziale (parole troppo abusate dalla logica dell’”adesso”).

Una lezione che vale per quanti dovranno impegnarsi a comprendere il senso profondo del creare architettura, con lo spirito del passato e per una nuova profondità metafisica per il futuro.

Anche questa volta San Francesco, architetto e Santo, ha fatto il miracolo.


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