Si incontrano per caso, ad una conferenza all’Università di Hannover, spinta dalla curiosità di un’amica architetta, Walter Gropius ha quaranta anni e Ise Frank ne ha compiuti ventisei.
“La cosa più semplice non sempre è la migliore; ma il meglio è sempre semplice”.
Heinrich Tessenow
Non si è mai occupata di architettura ma ha speso gran parte della sua vita a scrivere recensioni ed altro, e la letteratura occupa, oltre all’impiego in una piccola casa editrice di Monaco, le sue giornate.
Ise Frank è nata in una importante e sfortunata famiglia tedesca, di aristocratico lignaggio e di incontrollabili insoddisfazioni, ovviamente non potrà immaginare che dopo l’entusiasmante conferenza, quello strano signore ”dagli occhi di volpe” le proporrà di sposarlo, qualche mese dopo.
La sua esistenza tranquilla e metodica viene scardinata da un tornado intellettuale che la porterà ad incontrare e frequentare le migliori menti progettuali, e non solo del XX secolo.
Lo spirito, la “patologia” del Bauhaus la contagia come un’infezione da cui non potrà guarire che molti decenni dopo, con la scomparsa.
“L’idea del Bauhaus diventò la mia seconda natura. Quando ti aveva contagiata, si ripercuoteva in tutti gli aspetti della vita”.
Ise Frank
“La signora Bauhaus” come era nominata negli ambienti dell’alta cultura europea, costruisce il suo percorso umano a fianco ad un uomo che non sempre si dimostra alla sua altezza, e sperimenterà più avanti nel corso dell’esilio americano quanto difficile sia per una donna( e che donna!) esprimersi e farsi accettare in autonomia.
Ma Ise fin dall’origine di quell’incontro, scrive, consiglia, organizza e soprattutto cerca in continuazione fondi per evitare l’ennesima bancarotta del marito, e soprattutto affascina tutti quei personaggi già entrati nella storia, anche a loro insaputa, con la sua incantevole grazia.
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“Noi scrittori del mondo? È così. A leggere gli articoli, verrebbe da credere che il Bauhaus esista per davvero . E che siamo sul punto di rendere l’architettura accessibile e alla portata di tutti, di cambiare veramente qualcosa! Solo che non è vero. Siete voi scrittori a inventare il mondo! Il mio Bauhaus per ora è solo un’ idea! E per rendere questa idea davvero esistente, durevole e solida, ho bisogno del doppio, del triplo del tempo per sperimentare, valutare, confrontare correggere”.
E’ il mondo fatato dei Klee, dei Kandinsky, di Breuer (che diventerà socio in USA di Gropius), ma anche Taut, Piscator e mille altri come Oud e Mies van der Rohe.
Lei trasferisce nella letteratura, quel sogno didattico, anti-accademico, rivoluzionario, e tutta la sua capacità linguistica di renderlo unico, nell’essenzialità della sua prosa e della sua critica profonda che avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo del nuovo concetto di scuola.
Al punto che, solo per le sue capacità, “Bauhaus” sarà brevettato come modello di sviluppo di tutte le scuole superiori tedesche, ma, ovviamente molto lontane dal raggiungere l’enorme influenza, ancora attuale, dell’originale.
Il meraviglioso “romanzo storico” di Jana Revedin, architettrice e scrittrice di rara eleganza, compone un affresco poliedrico e frantumato, dove le varie figure che lo attraversano assumono una qualità ideale, mantenendo una dimensione reale.
Come scrive citando Alfons Paquet,”figure che assomigliano a persone reali”, anche se c’è tanto di intimo nel ritratto della protagonista, sempre presente ma mai invadente.
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Attenta ma umile, nel manifestare la sua assenza di professionalità progettuale, ma anche lei ci stupirà, novella Plautilla, con la realizzazione della “meisterhaus”, la casa del Direttore dove il suo apporto progettuale sarà molto evidente, ma discreto.
Ecco quindi che questa “ragazza emancipata” che accompagnerà Gropius (lei lo chiamerà sempre col cognome) fino alla fine del suo percorso terreno nel 1969, lontano dai Giorgengarten di Dessau, a Boston.
Continuerà a diffondere e divulgare un’idea di scuola di progettazione multimediale che a cento anni dalla fondazione è ancora in grado di emozionarci e di influenzare le scelte che l’Accademia ha cercato di contrastare, e semplificare.
La Revedin inquadra una serie di diapositive, di fotogrammi emozionali, di una giovane donna che pur frequentando quel mondo, riesce a mantenere una freschezza intellettuale, e un’assenza di soggezione reverenziale nei confronti di quanti stavano costruendo, e progettando una “professione nuova”, un pensiero alternativo al “costruire” case, oggetti, tessuti, ma anche opere d’arte e manufatti neo-artigianali.
“Come sarà la cucina più moderna di tutti i tempi, professore? ” domandò Breuer, sinceramente curioso. ”In tutto e per tutto, aperta” rispose Ise compiaciuta. “E al tempo stesso piena di mistero” concluse Taut con una risatina da ragazzino.
Dunque lo sguardo dell’autrice è sempre lieve anche nei momenti drammatici, intimi della vita di Ise, forse la sua insoddisfazione sentimentale, appena accennata, e l’insopportabile attività libertina del marito, da cui Manon, mitologica madre di Gropius l’aveva messa in guardia.
Ma questi sono dettagli rispetto, ad esempio, alla partecipazione alla mostra del MOMA di New York, Bauhaus 1919-1928 insieme a Gropius, Marcel Breuer, Herbert Bayer e Irene Hecht, definita da tutti “la più importante mai vista, fino ad allora”.
Ise finalmente assurge al ruolo di protagonista intellettuale di questo fondamentale momento dello sviluppo culturale del XX secolo, grazie al giovane direttore del MOMA Alfred H. Barr, spesso commensale non casuale nella casa del Direttore a Dessau.
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La storia americana porterà a Gropius gloria e onori, la direzione della scuola di Architettura di Harvard e tante altre cose, ma mai così importanti come quella gigantesca intuizione condivisa con questa giovane e splendida eroina silenziosa, tenace ed elegante, tanto capace da essere chiamata Signora Bauhaus, tutto in una parola sola.
“Un limite? Le parole sarebbero un limite, qui al bauhaus? Ma se viviamo tutti di gesti! Il tuo Gropius scarabocchia organigrammi, Klee incide pesci su carta assorbente, Kandinskij dipinge donne dai contorni spessi, il nostro Breuer piega manubri, Schlemmer fa ballare le bambole, Bayer ed io cerchiamo la luce…”
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