Ci lascia l’architetto Italo Rota, architetto geniale ed eclettico: celebre tra le altre cose per aver firmato il Museo del Novecento in piazza Duomo a Milano.

“Guardare all’arredamento. una casa deve saper contenere in se stessa non solo gli oggetti della nostra vita, ma anche la nostra stessa vita”

Italo Rota

«Nel giardino di vento dei tuoi occhi / si è fermata per sempre la mia vista; / ma non dico a nessuno / ch’io vedo i fiori come scarabocchi».

Corrado Govoni. Poesie elettriche

Ho scelto una citazione del grande poeta Corrado Govoni, e usata come ispirazione per il testo “una storia elettrica”, di Italo Rota, perché credo sia utile parlare d’altro per parlare di lui, della sua opera e dalla sua costante attitudine letteraria e narrativa.

Con Rota scompare una figura luminosa e imprevedibile dell’architettura italiana e mondiale, che ha saputo, anzi ha tentato per tutta la vita di svecchiare questa “dannata” professione dal provincialismo e dalla persistente retorica delle consuetudini.

Tra i suoi lavori, ricordiamo il padiglione del Kuwait, realizzato per EXPO 2015 assieme al padiglione del Vino italiano, la Casa Italiana alla Columbia University, il Tempio Indù a Mumbai, il Chameleon Club al Byblos Hotel di Dubai, il Museo del Novecento a Milano, il Foro Italico di Palermo (per il quale Rota è stato insignito della Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana per gli spazi pubblici nel 2006).


È  stato direttore scientifico del dipartimento di design della NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano dal 2010, docente alla Shanghai Wusong – International Art City Shanghai Academy of Fine Arts, e Advisor presso l’Università Tsinghua di Pechino.

Museo Del Novecento Italo Rota

L’ho conosciuto molti anni fa e mi aveva colpito subito la precisione spericolata del suo pensiero progettuale e la sua perenne abilità nell’ individuare le soluzioni “quasi patafisiche” per ogni e in ogni progetto, vedasi la “spirale” per il Museo del Novecento a Milano dove oltre a dare risposte al programma espositivo, ha elaborato, come ha detto qualcuno, nuove e imprevedibili domande.

Ecco, la sua parabola esistenziale e professionale, lunga e scintillante comprende la sua naturale adesione ad una condizione culturale e concettuale densa e spiazzante, come se ogni progetto potesse essere al contempo “un inizio e una fine”, senza apparenti legami col passato e con un’idea di “presente permanente” che continuerà ad anticipare ogni potenzialità di futuro.

Collezionista compulsivo (oggetti di design vintage, riviste preziose e modellini di astronavi), allestitore di mirabili mostre in tutto il mondo, dal Museo d’Orsay al Beaubourg, il suo tocco geniale si individuava subito, e lasciava quella traccia che si trasforma nel corso del tempo confuso che attraversiamo: un insegnamento gentile e dirompente.

Un uomo così ha dentro di sé, un destino già delineato che, ha solo bisogno di possibilità professionali per poter essere realizzato, e fin dalle esperienze tutte milanesi con due maestri come Gregotti e Albini, il viaggio sarà sempre presente nella sua vita, coinvolgendone la dirompente curiosità, fin dalle prove giovanili.

Rota è già Italo Rota da subito, sia che faccia l’Assessore, sia il Professore, sia che realizzi una villa, un albergo di lusso o un Padiglione dell’Expo, ma ognuno di questi capitoli che, si snodano in quaranta anni di attività, è un saggio compiuto del “grande romanzo dell’architettura contemporanea”.

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Per questo è difficile confrontarlo o inserirlo nell’alveo delle categorie radicali e/o concettuali, perché il suo lavoro sfugge ad ogni possibile catalogazione, e continuerà ad essere fonte di ispirazione, per epigoni e perfino per i tanti detrattori che con molta difficoltà culturale, si sono avvicinati al suo universo poetico.

“I musei” afferma Italo Rota “si stanno trasformando in un componimento a più voci, tra memoria, ricerca, scienza, industria, arte e umanesimo, mediato e reso possibile dalla partecipazione personale e dall’intervento del singolo, per testimoniare la libertà e la responsabilità che il futuro ci invita a considerare ogni giorno, nel presente, sia come individui sia come collettività”.

Italo Rota, Io sono Museo.2022.

Forse la sua capacità di essere moderno, contemporaneo fino all’ultimo ci ha permesso di “vedere l’abisso” che si nasconde nel magma della creazione, perché Italo ci ha insegnato a non aver paura delle idee, anche quelle più pericolose, provocatorie e paradossali.

In fondo è questo furore che accomuna tutti i progettisti “eretici” e che li rende teneri ed immaginifici al contempo, capaci di dare un senso e un valore alla “voglia di progettare” che unisce le menti migliori, come Rota, per il passato e per il futuro del mondo.


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