Kalida Sant Pau

La bellezza, forse, non salverà il mondo ma potrà guarirlo o quanto meno alleviare le sofferenze dei malati oncologici e delle loro famiglie.

Kalòs kai agathòs, ellenico ideale di bellezza, diventa il presupposto per interrogarci sul suo significato oggi -in termini antropologici – di un raccordo tra le qualità dell’essere: il bello, il buono e il vero (se lo si intenda anche nel senso in cui esprime un rapporto misurato – e perciò buono – fra le parti).

Corrispondenze immaginifica tra uomo e natura come fondamento ontologico del progetto curato da due “architettrici” contemporanee – in asse Bercellona Milano – Benedetta Tagliabue firma l’architettura e Patricia Urquiola il design d’interior. Il grande spazio realizzato all’interno del complesso ospedaliero Sant Pau di Barcellona s’innesta sul profondo valore terapeutico dell’architettura, nelle sue forme, colori e materiali d’interni.

Il nosocomio progettato da Lluís Domènech i Montaner – magnifico esempio di Modernismo Catalano tanto da essere stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Unesco – si è avvalso dell’intervento di  Benedetta Tagliabue con il suo studio Miralles Tagliabue e Embt per creare il primo dei Maggie’s Centre in Spagna.

Kalida Sant Pau

Chi era Maggie Keswick? La prima paziente, un po’ speciale, moglie del teorico dell’architettura e paesaggista Charles Jencks. Fu ricoverata a suo tempo nel reparto oncologico di un ospedale scozzese, dove visse sulla sua pelle il profondo senso di disperazione acuito dallo “squallore di cameroni sovraffollati e pareti illividite dai neon”. Fu questa constatazione semplice, diretta, incontrovertibile ad accendere una luce: se l’architettura riesce a demoralizzare i pazienti, allora avrebbe potuto anche essere in grado di confortarli.

E’ partita da qui l’idea progettuale di dare vita a una nuova generazione di centri di supporto per pazienti oncologici: evoluti, accoglienti, immersi nella natura e disegnati dai più grandi architetti in diverse parti del mondo.

Una nuova frontiera che ingloba una molteplicità di forme e costruzioni: da casa di riposo a  padiglione per i malati di Alzheimer – una realtà nata dal basso, frutto di un’esigenza sempre più sentita e diffusa. Non ultimo un potenziale laboratorio di creatività per tanti progettisti, giovani e meno giovani

In antitesi al concetto di ospedale inteso come “organismo” imponente e stratificato con molteplici reparti e servizi comuni (dalle sale operatorie agli ambulatori) ed in grado di accogliere un numero sostanzioso di pazienti, queste nuove strutture sono piccole – a dimensione umana – più specializzate e votate ad una diversa qualità ambientale, proprio in virtù di un numero più  basso di degenti.

Il benessere psicofisico si riflette nelle ampie vetrate che affacciano sul giardino circostante, sul paesaggio e i particolari costruttivi e d’arredo, anche l’illuminazione, naturale o artificiale, è pensata per migliorare la vita e offrire una piacevole atmosfera (sia diurna che notturna).

Ad accomunare molte di queste nuove “architetture terapeutiche” c’è spesso l’uso del legno. Non solo per l’intrinseca caratteristica di rimandare, anche inconsciamente, alla natura e di infonderla negli ambienti costruiti – non ultimo attraverso il suo profumo- ma anche per le doti di flessibilità e leggerezza che lo rendono un materiale ideale per la costruzione di piccoli padiglioni a basso impatto ambientale immersi nel verde. ( Ricordiamo con piacere il segno lasciato da Michele De Lucchi, per il Centro Alzheimer dell’associazione Casainsieme Onlus in provincia di Torino, dove il suo tanto amato legno si erge su un basamento di sasso).  

Il Kālida Sant Pau può essere collocato tra quei progetti nati dal “cuore” di due grandi donne dell’architettura, pensato per offrire sostegno ai malati oncologici e concepito come una “casa” accogliente dove poter ricevere un aiuto pratico, sociale ed emotivo, fondamentale ingrediente per ottimizzare le cure mediche.

Dialogando armoniosamente con il complesso esistente (completato nel 1930 e inserito nella World Heritage List nel 1997) l’architetto italiano ha scelto forme organiche che creano un senso di continuità proprio con il gusto decorativo esuberante ma al contempo molto raffinato del Modernismo, tra forme e colori accesi.

Kalida Sant Pau

Colonna portante di questo pensiero progettuale è  proprio il valore curativo della “buona” architettura, concetto caro a Enric Miralles, scomparso nel 2000. La spagnola Patricia Urquiola, ha liberato la sua creatività per vestire un interno elegante, caldo, con predilezione per tocchi di colore e materiali naturali come il legno.  

Una perfetta sintonia tra due grandi donne “unite” idealmente nel segno della bellezza e dell’impegno a favore degli altri, per un design a servizio della comunità e strumento di condivisione della bellezza.

E’ stata la stessa Urquiola a coinvolgere personalmente alcune aziende italiane, chiedendo loro di donare generosamente oggetti di arredo e materiali per definire e dare un’anima a questo luogo di “accoglienza” e di vita che possa offrire speranza e conforto a coloro che lo abiteranno.

Kalida Sant Pau

«Kālida Sant Pau  – sottolinea Benedetta Tagliabue – è uno spazio dove le persone possono scoprire una forza della quale non si erano resi conto, in modo da massimizzare la capacità di far fronte alla propria situazione». Dietro alla realizzazione di Kālida Sant Pau ci sono fondazioni private e una rete di donatori e volontari, compresi i medici. In prima linea c’è la Fundación Kālida, costituita proprio per creare all’interno di ospedali pubblici centri per il supporto a malati oncologici, sostenuta dalla fondazione attiva in campo sociale Nous Cims e dalla fondazione privata Hospital de la Santa Creu i Sant Pau impegnata in azioni benefico-assistenziali e nella valorizzazione del patrimonio modernista dell’ospedale barcellonese.

«Abbiamo lavorato – sottolinea Urquiola – sulla conformazione esagonale della pianta che già suggeriva una suddivisione degli spazi in base alle diverse attività. A partire da lì abbiamo visualizzato spazi funzionali e configurazioni aperte che danno origine a un ambiente eterogeneo ma funzionale, al quale si attribuiscono differenti livelli di intimità».

La cucina con la sala pranzo è il cuore dello spazio living, la quale è dotata, tra l’altro, di angoli per la lettura e sale polifunzionali. Al posto dei corridoi tipici degli ospedali, si distendono ampi open space dall’atmosfera “domestica”, mentre le finiture d’interni coniugano il calore del legno, la morbidezza dei tessuti e i colori freschi.

Listone Giordano è particolarmente orgoglioso di aver accolto questo invito fin dalla genesi del progetto, apportando il suo specifico contributo e know-tecnico sul tema della pavimentazione in legno e dei benefici derivati da questo materiale naturale e piacevole al tatto così come alla vista.

Biscuit, la collezione parquet prescelta, è stata disegnata proprio da Patricia Urquiola per Natural Genius porta in sé i tratti distintivi di una pavimentazione calda e accogliente, con un tocco raffinatamente femminile. Questo tappeto naturale ospita e vive fianco a fianco con grandi marchi italiani, quali: Arlex, Cappellini, Flos, Moroso e Mutina.

La collezione Biscuit è un progetto che si sviluppa intorno al concetto di morbidezza ed è caratterizzata da una composizione di linee e forme in libertà. Una rivisitazione del parquet tradizionale, in cui la smussatura e curvatura delle doghe e la leggera bombatura della superficie creano un nuovo linguaggio. Il taglio morbido delle tavole permette di giocare con nuovi disegni e assemblaggi che, pur affini a motivi classici degli antichi pavimenti in legno, danno vita a moderni e originali schemi a spina di pesce, in diagonale o a tutta lunghezza.

Biscuit 5 | Natural Genius | Patricia Urquiola

Biscuit nasce da un’approfondita analisi dei sistemi di posa del parquet e diviene elemento di collegamento ideale tra l’eredità storica del sistema di pavimentazioni in legno e lo stile contemporaneo.

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Biscuit 5 | Natural Genius | Patricia Urquiola

Il suo design e le sue possibilità compositive sono frutto di un lungo lavoro di ricerca insieme a Patricia Urquiola; il terminale stondato delle liste, il loro metodo di incastro – che prevede cassero regolare, intarsio, mosaico, spina di pesce – fanno assomigliare la pavimentazione ad un tessuto ricco di intrecci e sovrapposizioni.

Patricia Urquiola ha lavorato in dialogo con questo progetto dalla doppia anima: architettonica e design sono testimonianza di una partecipazione attiva e sentita dei due studi, tesi a rispondere uniti a questa sfida ad alto contenuto sociale ed emotivo.


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