Kengo Kuma dice dello spazio: ” lo spazio appare al soggetto solo quando questi entra nello spazio e si muove al suo interno. In questo senso lo spazio è “fenomenico” (…) , un fenomeno ( non è un dato geometrico) che si determina solo attraverso l’introduzione di un soggetto dotato di volontà”: entra cioè in gioco il fattore tempo.

Kengo Kuma è uno di quegli architetti che esprime un lessico personale, originale e forse inimitabile come una ricerca costante e antica per costruire un’antolgia autonoma, paradigmatica, eponima.

Kengo Kuma Alberni Vancouver Wood Floor

Questo portoghese  è il primo di sei progetti che l’architetto di Yokohama sta realizzando in ambito di quel paese, frutto di un concorso internazionale a inviti.

La scelta di Kuma, (con lo studio portoghese OODA e con il paesaggista libanese Vladimir Djurovic), per la realizzazione dell’ampliamento della Fondazione, è stata l’esito di un concorso a inviti lanciato nel 2019 e rivolto a 12 architetti nazionali e internazionali.

 La giuria, presieduta da Gonçalo Byrne, con un atto simbolico per la Fondazione, voluta dal collezionista e filantropo armeno Calouste Gulbenkian, sceglie la sensibilità giapponese anche per il legame storico della collezione con l’Oriente.

Il concorso prevedeva l’ampliamento dell’edificio realizzato da Leslie Martin (1982), con l’obiettivo di risolvere la questione della barriera architettonica nel parco Gulbenkian e ristudiare la relazione dell’edificio con il giardino circostante, attraverso un nuovo ingresso che garantisse continuità ambientale tra il nuovo e l’adiacente parco, disegnato a fine anni ‘60 dai paesaggisti Ribeiro Telles e Viana Barreto.

L’approccio vincente della proposta di Kuma è consistito nel ripensare il nuovo non attraverso interventi separati sull’edificio e sui giardini, ma con un’integrazione che stabilisse un diverso dialogo tra questi elementi all’interno del paesaggio naturale e artificiale.

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“Ogni volta che inizio un progetto, vado a fare una passeggiata all’interno del sito e cerco di percepire la realtà del luogo. Se tocco il suolo con i miei piedi e gli alberi con le mie mani, posso sentire la realtà del posto, questo è il mio metodo ed il punto di partenza di un dialogo con un luogo stesso”K.K.

 Concentrandosi sullo spazio al confine del parco, Kengo Kuma realizza uno spettacolare portico lungo 100 metri ispirato al concetto di engawa, l’elemento dell’architettura tradizionale giapponese che stabilisce una dialettica tra interno ed esterno.

 L’engawa rappresenta un filtro tra l’architettura e il giardino, offrendo uno spazio versatile per i visitatori: un luogo per esperienze all’aperto, semplicemente per contemplare il paesaggio.

l’ ampliamento dell’area espositiva della Fondazione (quattro sale per 900 mq),è situata all’interrato, dove si sviluppano la Galleria della collezione e la Sala del disegno.

Oltre alla ceramica e al legno, materiali tradizionalmente usati da Kengo Kuma nei suo progetti, l’altro elemento scelto nella ricerca materica delle aree  dei collegamenti verticali, è una maglia metallica in acciaio, una sorta di filtro tra spazi esistenti e quelli nuovi, che ricorda la tradizionale carta giapponese washi.

Il progetto del team capitanato da Kengo Kuma, esprime una volontà dialettica tra spazio, tempo, architettura e paesaggio che ci fanno comprendere quanta strada ha fatto la progettazione negli ultimi decenni, e quanta sensibilità gli architetti siano ormai in grado di esprimere, una tensione emotiva che raggiunge l’obiettivo, che definisce un manifesto della contemporaneità, e il progettista non imita o sovrappone le sue idee a quelle  delle scuole locali, anzi tiene una lecture sul dialogo tra forme, pensieri e scelte formali.

Il progetto dell’ampliamento ci rassicura sul futuro della dialettica tra contemporaneo e passato prossimo, ogni elemento naturale o artificiale dialoga, si studia cerca di comprendere le ragioni di ieri e le posizioni di domani.


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