La costruzione dell’urbanistica contemporanea deve essere considerata una forma avanzata di economia sociale, nell’idea del legislatore e dei tecnici che realizzano la visione di una città, ci deve essere tutta la volontà innovativa rivolta alla ricerca dell’”Identità del Luogo”.
L’estetica condivisa, fatta di interrelazioni formali, di scelte, di contrapposizioni rendono la ri-definizione dello spazio urbano come l’investimento principale sulla bellezza pubblica, capace di creare ricchezza, come investimento antropologico sul potenziale abitatore-city user, che dovrà creare dialettiche continue col “paesaggio artificiale” dell’architettura che lo circonda.
Nessuno degli abitanti di una città deve esser estraneo a questo processo di identificazione, per il principio che Perugia (ma anche Brescia, Milano o Toronto) è la sommatoria di quanti vi risiedono, studiano, lavorano o vengono a divertirsi, speriamo presto, e questo essere proprio in quel luogo specifico li rende osservatori identitari di una Città.
Questo senso di appartenenza, questa necessità di identificarsi con un territorio specifico fa parte della crescita estetica dell’individuo, una grande casa comune che non mi impedisce di abitare il mondo, ma mi riconduce all’origine, al senso più profondo dell’essere umani, e dunque nelle diverse forme di civilizzazioni sociali.
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La rinascita dell’urbanistica passa attraverso la lettura delle nuove dialettiche pubblico-privato che l’Apocalisse recente ci ha costretto a rileggere: lavorare, studiare, abitare, abbiamo già detto che avranno programmi progettuali e funzionali diversi, che costruiranno una diversa idea di città, sommatoria delle differenze che dobbiamo attuare nel tracciato estetico post-pandemico.
Ma come tutte le crisi, anche terribili come quella che subiamo nella contemporaneità, il Nostro Luogo ha tutti gli anticorpi per reagire per diventare migliore, per sostenere l’attacco di altre sconosciute virulenze e dare alle funzioni pubbliche e private la giusta nuova definizione formale, etica e politica.
Già, l’architettura torna a disegnare i contorni del “governo della Città”, una scienza articolata e complessa che impone scelte coraggiose attraverso un uso più razionale di tecniche e talenti diffusi, cambiare registro per sperimentare innovazioni.
Proprio in questo processo l’etica e l’estetica hanno la necessità di sovrapporsi in un mutuo scambio di informazioni fino a diventare una neo-scienza urbanistica, in grado di dare le risposte più adeguate alle esigenze sempre più compresse e imprevedibili (mobilità, nuovi metodi di lavoro, residenzialità temporanea, retail di vicinato, scuole e ospedali flessibili).
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Ma è in questo percorso che i progettisti da sempre cercano le soluzioni per scagliare il cuore oltre l’ostacolo , ma ora questa tensione creativa va condivisa con gli organi decisori e con le istituzioni culturali, parti integranti di un organismo in perenne trasformazione, che dobbiamo analizzare con una forza intellettuale diversa.
Non perderemo questa grande occasione, perché quando la bellezza chiama gli spiriti migliori non possono farsi trovare impreparati, e la Città è pronta per vivere un periodo di nuove meraviglie.
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