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Partiamo dai dati di fatto. Dal 1970 a oggi la popolazione mondiale è più che raddoppiata passando dai 3,5 ai 7,7 miliardi attuali. Ciò significa che nei soli ultimi 50 anni ha conosciuto un incremento assoluto pari a quello registrato nell’arco dei precedenti 200 mila anni che hanno segnato l’intera storia dell’umanità. La fotografia è impressionante e non può che alimentare interrogativi su fattori generanti e prospettive future.

Fonte: Our World in Data

La causa di questa accelerazione esponenziale non è difficile da individuare. In maniera evidente si rintraccia infatti nello straordinario impulso impresso dalle tre moderne rivoluzioni industriali. Che meglio andrebbero indicate come rivoluzioni tecnologiche, perché è senz’altro la Tecnologia ad avere assunto il ruolo di protagonista unico, dominus incontrastato della modernità.

Capace cioè di modificare come mai avvenuto prima lo scenario di riferimento e di plasmare in forme nuove il pensiero e i comportamenti dell’uomo, fino ad erodere le radici stesse dei propri sistemi morali. Se l’origine del fenomeno è nitida, così come la direzione intrapresa, molto più nebulosa appare invece la previsione del punto di arrivo.

Infographic: The World's Megacities Are Set for Major Growth | Statista

Fonte: Statista

L’immagine di una società contemporanea in rapidissima trasformazione, che vede sciogliersi sotto i propri occhi le calotte polari dei riferimenti tradizionali – fede religiosa e ideali politici in testa – ma stenta ancora a mettere a fuoco la nuova geografia di valori, è stata efficacemente tracciata dal filosofo Emanuele Severino con queste parole:

Siamo come il trapezista che ha lasciato un attrezzo (la tradizione) e non si è ancora aggrappato all’altro (la tecnologia, il nuovo dio). Siamo sospesi nel vuoto e ci sembra di essere sperduti»

Emanuele Severino

Posizionate all’interno di un simile scenario,  le città si configurano come i punti focali dove le tante diverse dimensioni della modernità si condensano e – contrapponendosi fra loro – sono chiamate a convivere, i luoghi simbolo della nuova complessità, deputati a interpretare e guidare il cambiamento.

E ancora una volta i dati parlano chiaro.

Le città rappresentano appena il 3% della superficie del globo, ma all’interno di esse si concentra oggi oltre il 55% dell’intera popolazione mondiale, fenomeno che appare in rapidissima progressione se si considera che il superamento di quota 70% è previsto già entro il 2050. Passando invece dalla popolazione al valore della produzione economica mondiale, il tasso di concentrazione in ambito urbano ha superato già oggi la soglia dell’80%.

Cui corrisponde un allarmante contraltare, altrettanto significativo. Troviamo infatti localizzato nelle città il 75% dei consumi delle risorse naturali planetarie, così come della produzione di rifiuti e rilascio di sostanze nocive per ambiente e salute. E proprio a questo proposito il più recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ci informa che il 92% della popolazione del nostro pianeta vive in condizioni critiche di inquinamento dell’aria e stima che questo fatto produca ogni anno 6,5 milioni di decessi, pari addirittura all’11,6% della mortalità annua totale.

Photo credit: Finn Nyman on Visualhunt / CC BY-ND

Volendo poi stringere il punto di vista all’ambito più domestico le cifre ci dicono che in Italia sono ben 106 i centri urbani che superano la soglia di 60 mila abitanti, confermando in qualche modo il ritratto di Paese “delle cento città” tracciato da Carlo Cattaneo nel lontano 1858. 

Ma anche qui non mancano le zone d’ombra. In particolare per quanto concerne il consumo di suolo, tra i più alti europei: 7,6% dell’intera superficie territoriale. Un dato che si configura peraltro come una media di Trilussa con valori che su base provinciale partono dai limiti inferiori del 2,9% di Aosta per raggiungere punte che superano il 30% – e dunque più di dieci volte maggiori – nelle aree di Milano e Napoli. Significa che l’Italia, pur conservando la propria vocazione storica al policentrismo, non sfugge a una generalizzata tendenza all’urbanizzazione e in alcuni casi alla polarizzazione attorno a specifiche grandi aree metropolitane, con tutto ciò che questo fenomeno comporta.

In definitiva, sia le problematiche che le opportunità di una società trainata a gran velocità dalla progressione esponenziale dello sviluppo tecnologico – oggi declinato soprattutto in chiave digitale – appaiono sempre più coincidere con quelle della città. Disegnare il funzionamento interno delle città (nodi), le loro mutue correlazioni (maglie) e il rapporto con il territorio circostante (tessuto connettivo) significa occuparsi del nostro futuro.

E ciò apre le porte, fra le tante deducibili dall’elaborazione critica dei dati qui riportati, a due importanti considerazioni. La prima riguarda il ruolo sempre più strategico della cultura del progetto nel processo di sviluppo della città contemporanea. Parliamo però di progettazione integrata, che non può più limitarsi alla visione strettamente architettonica o urbanistica, ma deve necessariamente abbracciare ambiti sempre più larghi e correlati: quelli che vanno dall’ecologia, medicina, scienze agrarie e botaniche, ingegneria dei trasporti, automazioni, fino alla comunicazione, marketing territoriale e city branding.

La seconda riflessione riguarda il ruolo sempre più strategico destinato ad essere assunto dalle infrastrutture, su diversa scala. Per evitare che la tendenza alla concentrazione nelle città porti ad implosione occorre garantire – specie in un Paese con la specifica natura fisica, storica e culturale dell’Italia – il funzionamento, oltre che delle aree metropolitane anche delle cosiddette città diffuse o reticolari, oltre che dei territori interni. Ovvero, per utilizzare la vivida espressione  del sociologo Aldo Bonomi un corretto equilibrio tra “flussi e luoghi”.

Photo credit: weesam2010 on Visualhunt / CC BY-NC-SA

L’uno e l’altro sono temi attorno ai quali lIstituto Nazionale di Architettura è fortemente impegnato, riconoscendo in questo la propria natura fondativa di istituto di studi rivolto, prima di ogni altra cosa, alla progettazione del futuro.

Obiettivo che IN/ARCH intende perseguire – coerentemente con la propria storia e identità – integrando il pensiero e le proposte concrete di progettisti, imprenditori, amministratori della cosa pubblica e uomini di cultura, persuasi del fatto che, per alimentare visioni di lungo periodo, sia indispensabile porre al centro il valore dell’esperienza diretta degli operatori coinvolti nel processo e operare una sintesi efficace tra interessi e competenze diverse.

Articolo apparso su:

Riflesso – Magazine sulla Cultura dell’Architettura, n. 51, 2020

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