Lilelo little leisure lodge è un piccolo villaggio glamping firmato Atelier LAVIT, che fa di legno e vetro l’ossatura di queste piccole architetture in larice certificato PEFC – evocative delle forme dei pagliai di atavica memoria – immerse nei vigneti del Monferrato Astigiano.
Il sistema di certificazione PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) identifica il Programma di Valutazione degli schemi di certificazione forestale.
Tra i suoi principali obiettivi promuovere la cultura del legno proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile, tracciare e migliorare le condizioni di selvicoltura e la filiera foresta–legno, mettendo a disposizione della comunità non solo conoscenze ma anche strumenti che consentano di commercializzare legno e prodotti della foresta derivanti da boschi e impianti gestiti secondo le best practice.
Un progetto di ospitalità slow – candidato dall’Istituto nazionale di Architettura al premio per il miglior utilizzo di legno certificato – narra una storia di armonia con il territorio, la bellezza della semplicità e un’accoglienza autentica, priva di orpelli.
La materia per eccellenza – il legno – è protagonista anche negli arredi e nei rivestimenti interni, allungandosi a pavimento per poi risalire a parete. Le capanne risultano così perfettamente calate nell’ambiente naturale, con effetto camouflage, la loro silhouette leggera perfettamente mimetizzata con il paesaggio. Ogni lodge si compone di un’area notte con ampio letto queen size, bagno con doccia, area living con poltrone e tavolino. Le panoramiche terrazze con vista sul verde dei boschi godono di una hot-tub termoregolata ad uso esclusivo.
Un’atmosfera rarefatta per un soggiorno silenzioso e tranquillo all’interno di strutture in legno circondate da vigneti, che fanno spallucce alla comfort-zone più tradizionale. E’ stata battezzata Lilelo (Little Leisure Lodges) questa struttura ricettiva immaginata da una giovane coppia, che da sogno diventa presto progetto di vita per i due neo-imprenditori e sfida architettonica e di interior per Atelier Lavit, che firma l’intervento.
Come spiegano i proprietari: «LI è little, la felicità e la bellezza delle piccole cose; LE è leisure, il tempo per se stessi della scoperta e dell’intimità; LO è lodge, la casetta tra gli alberi che avete sempre voluto. Lilelo è Little Leisure Lodge, una storia d’amore per il territorio, la bellezza e l’accoglienza». Una storia che fluisce nell’alveo progettuale caratterizzato da case sugli alberi e sull’acqua, nel quale lo studio parigino, con a capo Marco Lavit, si confronta ormai da tempo.
La geografia progettuale si orienta secondo criteri di sostenibilità e risparmio energetico; nella loro costruzione sono stati, infatti, impiegati esclusivamente materiali naturali ed eco-compatibili.
Le capanne dall’effetto sospeso – sollevate tra terra e cielo – rappresentano una soluzione costruttiva complice il terreno in pendenza che segue il profilo delle dolci colline di questa fascia di Piemonte Patrimonio Unesco. Un concept capace di allontanarsi dalla solita retorica green, senza scivolare nel rischio di “stereotipizzazione”, anche nell’utilizzo di elementi prefabbricati.
Il tetto a forma di V rovesciata (ispirato ai covoni di paglia della tradizione contadina) si compone di due prospetti triangolari interamente vetrati, che lasciano penetrare abbondante luce naturale, fungendo altresì da parete e struttura portante.
Ogni singolo elemento è progettato come uno spazio all’interno del quale convivono superfici inclinate, la cui pianta rettangolare si sviluppa intorno ad una dimensione di 6 x 9 metri e un’altezza di 5.3 metri. Queste piccole case “nel bosco” sono realizzate in legno di larice, protetto a olio naturale, che nutre il materiale vivo donandogli una calda sfumatura di colore e accompagnandone il fisiologico invecchiamento in attesa che si formi la patina del tempo.
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Che ruolo giocano la luce e il vetro in questo progetto? Lilelo vive di riflessi e trasparenze (oltre alla magia che provoca lo scorrere del tempo), pertanto le vetrate rivestono un ruolo strategico sia estetico che funzionale, poiché favoriscono il fluire all’interno delle capanne della luce e del paesaggio.
Serramenti minimi, quasi invisibili, si innestano nelle superfici in legno, mentre il vetro scelto mantiene un colore naturale (non troppo chiaro) per valorizzare al meglio la matericità e permettere quella relazione armonica, quasi simbiotica, tra spazi interni ed esterni, che è il cuore pulsante del progetto.
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“Abbiamo accolto la sfida di utilizzare elementi prefabbricati, ma senza ricorrere alla standardizzazione. Questi fattori si riflettono nel tetto, una forma ad A con due elevazioni triangolari completamente vetrate, che funge anche da parete e da struttura portante. Le logge non sono state concepite come volumi chiusi a cui sono state sottratte le aperture, ma come uno spazio creato da tre superfici inclinate, seguendo la logica giapponese di lavorare per strati”, racconta Marco Lavit, founder di Atelier Lavit. Attendiamo con impazienza di degustare il loro prossimo progetto in qualche altro angolo del mondo.
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