“Se Borromini oggi appare indiscusso, è stato in vita e fino a pochi anni addietro incompreso e disprezzato con accanimento senza pari nella storia. L’intransigenza delle sue scelte, o, se vogliamo, l’ossessione della sua linea curva, non era per lusingare la fortuna.”

Salvatore Sciarrino. Note a Morte di Borromini 1988

Se è necessario scegliersi gli interlocutori del presente e del passato, non si può dire che Mario Cucinella non abbia spinto verso un confronto con una delle figure più controverse dell’architettura di ogni tempo, quel Borromini dalla vita tormentata, genio della linea curva come argomenta Salvatore Sciarrino nel suo capolavoro ”Morte di Borromini”, da cui sono partito.

Mario Cucinella si spinge ancora più avanti perché sovrappone una sequenza di opere, di forme, di particolari per comporre una chiesa totalmente nuova, contemporanea masticando i ricordi delle opere barocche, in un flusso di spostamenti semantici dall’antico al futuro, con un risultato sorprendente e filologicamente interessante.

Non è  solo una sequenza di capolavori, ma la sintesi di particolari così profondi da diventare un “racconto dei racconti”, di Basile che sul modello del Decameron analizza storie, fiabe e narrazioni, tra il reale e l’immaginario.

Perchè di questo si tratta.

La Chiesa di Santa Maria Goretti, a Mormanno, piccolo borgo a ridosso del parco del Pollino in Calabria, è un piccolo segno luminoso contro la montagna, candido, con tutta l’esplosione della curva, delle curve che definiscono nuove strategie di un barocco contemporaneo, senza una funzione specifica ma con l’essenza della simbologia che la chiesa deve rappresentare.

Cucinella conosce e applica una serie di episodi formali e materici che sono il frutto di una lunga ricerca formale e concettuale, come dicevamo, l’espressione barocca è de-strutturata ma sempre presente, il piccolo volume dialoga con un’antichità storicamente e geograficamente lontana ed è per questo che ne diventa esempio definito nell’attualità, attraverso l’uso di materiali naturali ed ecologici.

Sole e vento in questo edificio a basse emissioni hanno un ruolo fondante, quasi a modellarne le forme secondo i principi base della sostenibilità, l’architetto diventa scienziato perché dalla bellezza deve trarre il massimo del controllo ambientale, dell’energia e dei consumi che, sono maggiormente importanti in un piccolo borgo come questo.

Questa esperienza che nasce come sequenza di frammenti, si trasforma in un episodio di ecologia architettonica, e come sempre l’estetica chiama l’etica a dare risposte non più rinviabili, un dialogo costante tra stereometrie e ricerca materica.

La chiesa prende luce dall’alto ma è raccolta verso un luogo centripeto multiplo all’interno, un volume scultoreo conchiuso che invita ad entrare a diventare non solo spettatori ma rappresenta il significato ultimo di ecclesia: assemblea popolare e chiesa in greco.

La risposta di Cucinella alle due domande concettuali è profonda perché rende il luogo simbolico un punto di raccolta, di incontro, di scambio, di unione, ma nell’essenza barocca e quotidiana esprime un alto senso di religiosità così difficile da rappresentare nei confusi tempi moderni.

Anche in questo caso la tipologia dell’intervento impone alcune riflessioni sulla natura del fare, del produrre architettura per una comunità, attraverso l’uso simbolico delle forme, separate dalla funzione specifica: il sacro deve essere evocato ma sempre e solo perché è dentro di noi, nella laicità e nella religiosità.

E’ il prodotto di una cultura che non può negarne l’esistenza, il luogo delegato all’espressione generica della metafisica, in tutti i suoi significati, poi chiamatelo Dio, Fato, Mistero, Destino, ma la relazione con l’appassionata dedizione del maestro barocco al Sacro è imprescindibile per qualsiasi forma di dialettica, ne stabilisce un principio e un fine ultimo.

Il rapporto tra lo spazio chiuso esterno, curvo, quasi insolente e misterioso e la sala rituale , riprende alcuni concetti che sono propri dell’architettura classica , eliminandone ornamenti e decorazioni ormai desuete nel vocabolario dell’architettura e di Cucinella che anche nell’esplosione concettuale e simbolica manifesta tutta la sua prorompente adesione ad un funzionalismo ecologico.

La Chiesa nasce al limite del borgo e del parco, come momento di riflessione, come punto organizzato di meditazione, ma scevro, lontano dallo spazio antropico, come luogo-altro con una densità diversa, per una diversa percezione dello spazio pubblico(l’ecclesia, appunto),che ci consente una pausa, che ci spinge verso il silenzio della Natura, che in fondo è la divinità di credenti e laici.

L’architettura di questa Chiesa ci illumina sul mistero del sacro, ma l’opera di Mario Cucinella, rappresenta l’eleganza del gesto sicuro e profondo, comprendiamo di trovarci fuori dal tempo e dallo spazio, tra Borromini e il futuro, senza alcuna forma di nostalgia, senza la paura di poterci  e doverci confrontare col genio infelice.

La Chiesa si S. Maria Goretti ha scelto attraverso l’autore, il suo interlocutore, per rendergli omaggio e  per farne un esempio dell’immortalità sequenziale della storia, delle storie e della Storia della linea curva.


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