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Architetto e designer, è stato tra i protagonisti di movimenti quali Cavart, Alchymia e Memphis negli anni dell’architettura radicale e sperimentale. È vincitore per due volte del Premio Compasso d’oro e progettista di numerosi edifici e allestimenti espositivi. Con Produzione Privata disegna prodotti senza committenza, impiegando tecniche e mestieri artigianali.

Il manufatto architettonico non è un semplice oggetto, ma un organismo la cui vita si intreccia con le vite degli uomini che la attraversano. Nel suo manifesto, parlando della vita degli oggetti, afferma che nulla è statico, soprattutto nell’architettura. Potrebbe approfondire questo concetto?

Michele De Lucchi – Non è vero che le architetture non sono oggetti. Tutto dipende dal significato che diamo alla parola oggetto. Troppo spesso ci fermiamo a una definizione semplicistica, pensiamo agli oggetti come qualcosa di auto-concluso e inanimato che è ben ascrivibile a un’unica funzione. A volte usiamo la parola oggetto con valenza negativa, per indicare ciò che non ha valore.

Ma se riflettiamo più profondamente sull’oggetto e sui suoi significati scopriamo la complessità che si cela in questa parola. Si definisce oggetto ogni cosa che si distingue da un soggetto attivo e pensante e dal processo che l’ha generato. E noi uomini siamo l’unico soggetto in grado di immaginare e costruire oggetti, di farli sempre diversi, di usarli, di “viverli” continuamente in modo nuovo. Gli oggetti attivano relazioni. Il concetto di oggetto è di per sé semplice e comprensibile, ma le sue funzioni sono articolate e si moltiplicano intrecciandosi con la vita dell’uomini. Gli oggetti tacciono e fanno rumore, sono conservatori e ribelli, consolano e offendono, seducono e abbandonano, ricordano e dimenticano, sono logica e caos, unici e uguali, li mostriamo e li nascondiamo, li scegliamo e li buttiamo…

Anche i sistemi complessi come gli edifici sono oggetti creati dall’uomo per l’uomo. Vivono con l’uomo. Si modificano, deperiscono, assorbono il passare degli anni, aggiornano la loro funzionalità in base all’evolversi degli stili di vita, ai cambiamenti economici, politici e culturali.
In questo senso credo che l’architettura non sia una mera disciplina tecnica per costruire edifici statici. Ma oltre allo studio degli spazi, delle destinazioni d’uso, dei sistemi tecnologici, un’architettura ha valore se attiva continuamente nuove relazioni. Se oltre alle necessità funzionali di un determinato momento, riesce a modificarsi per ospitare dinamiche e usi futuri.

Courtesy of aMDL – Sketch: Museo Pietà Rondanini © Michele de Lucchi, courtesy of aMDL

L’intervento su un’architettura storica è un processo delicato, in equilibrio tra una modalità conservativa e la volontà di apportare un tangibile cambiamento nell’architettura. Qual è la sua visione a riguardo?

MDL – Ho molto rispetto della storia e delle architetture storiche. E proprio per non dimenticare il passato, per renderlo partecipe del presente e farlo perdurare negli anni penso sia necessario infondergli sempre nuova vitalità. Nel fare questo un architetto non deve esprimere se stesso, ma istituire paesaggi animati e modellati sulle esigenze della società contemporanea. È un concetto che contempla il cambiamento e introduce il tema della temporaneità. Non possiamo pensare che le cose durino in eterno perché ogni epoca è guidata da sensibilità differenti.
Prendiamo il caso della Pietà Rondanini. Quando mi è stato proposto di costruire il Museo, la prima reazione è stata un rifiuto. Non ne volevo sapere. La Pietà era in quella perfetta, e ormai storica, abside disegnata dai BBPR negli anni Cinquanta. Perché spostarla?

Tra le argomentazioni che mi hanno convinto, c’è l’evolversi delle capacità di comprensione e delle modalità di fruizione dei visitatori. Oggi, chi fa visita a un’opera di tale potenza vuole vivere un’emozione. Fare un museo diventa il progetto di un’esperienza che va oltre l’allestimento e cambia il rapporto tra spazio e opera. Mi spiego. Nei Musei Civici la Pietà era l’ultimo capolavoro esposto in fondo ad un lungo percorso ed era visibile solo frontalmente. La nuova sede è interamente dedicata alla Pietà ed è possibile girarci intorno per ammirarla a tuttotondo. L’opera può così sprigionare tutta la sua forza emotiva, tutto il dolore tracciato nella schiena mariana ricurva sul figlio.

Senza timore di abbandonare un allestimento storico, abbiamo rimesso la Pietà sotto l’attenzione del pubblico internazionale. L’opera produce attrazione e in un anno ha avuto più visitatori che nei dieci precedenti. Il discorso è ben applicabile a tante altre situazioni, a tanti altri edifici, complessi e anche città. Se investissimo sul cambiamento, sul riutilizzo e sulla valorizzazione dell’esistente potremmo far rivivere molte bellezze del nostro patrimonio. Splendide architetture obsolete diventerebbero attrazioni mondiali per turisti e investitori, calamitando la voglia di conoscere il passato e di fare per il futuro.

Architettura e sentimento: qual è l’approccio emotivo dell’architetto nei confronti della storia, nei confronti dell’arte?

MDL – L’approccio emotivo è uno dei due aspetti dell’intelligenza che influenza i nostri comportamenti. L’altro è l’approccio razionale. La loro combinazione determina le scelte progettuali degli architetti. Nella mente umana, ragione ed emozione si combinano continuamente. Si confrontano, dialogano, si oppongono ma non potranno mai eliminarsi. L’emotività guarda alle cose belle e stimola l’immaginazione. La razionalità mette ordine ai pensieri e trova soluzioni. Entrambe aspirano sempre a qualcosa di nuovo e più elevato. Se una viene a mancare, il progresso si ferma. 

Un architetto non deve esprimere se stesso, ma istituire paesaggi animati e modellati sulle esigenze della società contemporanea.

Michele De Lucchi

Il legno è il materiale vivo per eccellenza: qual è la sua relazione con i materiali, e con il legno in particolare?

MDL – Mi piace utilizzare i materiali naturali, mentre ho una sorta di avversione per il cemento armato. Il legno è il materiale vivo per eccellenza: qual è la sua relazione con i materiali, e con il legno in particolare? Il legno, poi, è un bellissimo materiale naturale. Nasce da un albero che ha vissuto, trasmette il senso della vita passata e della temporaneità. Si lavora facilmente. Ha tantissime sfaccettature. C’è una grande varietà di essenze (noce, rovere, larice, abete, faggio, ecc.), c’è una grande varietà di lavorazioni (a sega, a scalpello, ad accetta, ecc.), c’è una grande varietà di trattamenti (verniciato o naturale, lucido od opaco, liscio o corrugato). Il legno può essere lavorato artigianalmente o industrialmente, e ogni volta possiamo riconoscere la sensibilità di una mano o l’algida perfezione di una macchina.

Courtesy of aMDL – Sketch: Torre Shh © Michele de Lucchi, courtesy of aMDL

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