Microutopia: Racconti multiformi dell’architettura italiana contemporanea.

“La giuria dei premi in/architettura 2020 ha assegnato il premio per un intervento progettato e realizzato da giovani progettisti a MICROUTOPIA a Milano: Francesco Ursitti /Fuga, Officina di Architettura

Committente: Stefano Bernardoni, Bottega Immagine, Centro Fotografia Milano
Progettisti: Francesco Ursitti
Impresa: Impresa Maresca

Qualche volta passeggiando tra le nostre città distratte, è possibile imbattersi in piccoli o grandi episodi che ci riconciliano con la nostra voglia di considerare il “luogo comune”, lo spazio trasformato attraverso l’uso sapiente dell’architettura, un “bene comune”.

In questo caso specifico c’è proprio una dichiarazione programmatica da parte del gruppo di Francesco Ursitti e Fuga officina di architettura, una proposta che rappresenta un modello esistenziale e abitativo, e questo accade raramente nel turbine variopinto e variegato dell’architettura.

Questo progetto non è soltanto un gioco di volumi, un artificio brillante che rende le preesistenze esauste, nuove formule per vivere, per giocare per lavorare, per raccontare la contemporaneità “dolce e inclusiva”.

 L’opera esprime questa volontà con l’esperienza di chi conosce le potenzialità che ogni luogo è in grado di nascondere e quanta bellezza è possibile regalare, anche a Milano, fredda, audace ma in fondo passionale, per tutti gli abitanti del presente e del futuro.

 C’è poca enfasi nell’intervento, nella scansione degli elementi questa piccola Utopia (mai nome fu meglio interpretato, almeno in tempi recenti e confusi), ma la forza dell’intervento di Ursitti incatena il contesto ad una riflessione ad una revisione di alcune certezza ormai invalidate dai processi evolutivi esistenziali ed antropologici che questa architettura contiene.

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E’ un gesto espressivo quasi teatrale, ma profondamente reale, pieno di fisicità e di poesia che nel candore cromatico raggiunge la sua pienezza semantica, come progetto, e come funzione.

Non è solo Tessenow che ci invita a cercare il meglio in quella semplicità che, rappresenta il punto più alto della ricerca come per la musica e la letteratura, non scontata, non usuale, foriera di magiche imprevedibilità fruitive.

Ci piacerebbe starci, camminare, lavorare e giocare in Utopia, perché appare come una pelle radiosa in cui riconoscerci, un punto di partenza e di arrivo di una ricerca intellettuale profonda che solo per convenzione si chiama architettura ma, potrebbe essere una delle discipline che formano l’idea primaria del vivere, dell’esistere, del condividere e del divenire.

 Uno scenario assoluto, come il bianco che lo ricopre, come qualcosa di molto diverso da una sequenza di vuoti e di pieni, di spazi aperti e coperti, di tracciati da colonizzare attraverso l’espressione dei nostri più reconditi desideri.

Premio meritato, perché deve essere considerato come momento eponimo in una probabile futura ricerca di nuove modalità per ri-conquistare il nostro spazio/luogo nella contemporaneità, e ci sospinge a credere che altre forme di architettura, meno fashion e muscolari siano possibili.

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 Nel rispetto del creato e della creatività, la bellezza è uno status inalienabile della traiettoria umana, a qualsiasi livello poiché la condivisione della “natura urbana della città”, da oggi, non è più negoziabile.

(Microutopia è un pezzo di città, un piccolo villaggio, con strade, viottoli, scalinate, scalette, piazze, giardini e case. Microutopia è il villaggio dell’abitare, del lavoro, del gioco, del rilassarsi, del mostrare, dello sperimentare, dell’incontro. Archilovers).

“La nostra durata non è il susseguirsi di un istante ad un altro istante: in tal caso esisterebbe solo il presente, il passato non si perpetuerebbe nel presente e non ci sarebbe evoluzione né durata concreta. La durata è l’incessante progredire del passato che intacca l’avvenire e che, progredendo, si accresce”.

Henri Bergson, L’evoluzione creatrice, in Le opere, trad. di P. Serini, pref. di E. Paci, Utet, Torino 1971

Scopri il progetto su Archilovers


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