Una villa ad Alassio, MYGG architetti
Corre questo piccolo masso verso un mare che non raggiungerà mai, e in questo slancio si configura tutta la condizione dell’architettura per essere altro dall’edilizia, dalla statica, dalla tecnologia che la permeano, in fondo è una casa che corre, e corre e si protende verso il sole.
E’ una modalità intellettuale per cambiare la natura che la ospita e che scambia con queste forme, frutto di artificio, l’impossibile dialogo tra parola-suono e silenzio-assenza, così profondamente inutile ma così necessario per raggiungere l’assoluto.
Il pensiero naturalmente si rivolge a John Cage e alla musica che si ascolta quando a parlare/suonare è lo spazio puro, e noi come semplici spettatori a cercare di non invadere quella condizione di rara beatitudine.
“Progettare con diligenza, disegnare con passione, immaginare con visionarietà, sono parole d’ordine per l’architetto che cerca di “tradurre” in una lingua chiara e ordinata le molte espressioni dei luoghi, dei programmi funzionali, delle necessità materiali e spirituali dei clienti, e non ultime le farraginose macchinazioni tecnico-amministrative; questo con l’unico obiettivo di ricomporre il tutto in un arazzo che esponga in superficie un ordine pacificato mentre sul retro fili e nodi mostrano ancora una rete di connessioni imprevedibili e apparentemente irrisolte.
L’architetto è così un Traduttore e quella dell’Ordine è una lingua straniera da raggiungere e conquistare giorno dopo giorno, fiera di mostrare le sue geometrie esatte e i suoi profili ben disegnati e calcolati e di essere, alla fine, il vero e unico testimone di una Civiltà delle Forme che fatica terribilmente ad esistere oggi, assediati come siamo da quel meticciato linguistico che è diventato l’Esperanto universale dell’edilizia d’architettura.”
Gerardo Sannella
Certo se dovessimo analizzare con gli strumenti classici, se non retorici questa casa, proveremmo a parlare di nave, di scoglio geometrico, di vuoto, di acqua, di luce e di purezza stereometrica e di chiarezza concettuale, ma non basta, perché non è questo che vogliono i progettisti.
Questa è un’opera che racconta solo quello che non vuole dire, nasconde il prodigio del segno che si auto-alimenta nella precisione chirurgica della sua rappresentazione: simbolo e gesto, proiezione dell’anima nello spazio fisico del mondo.
Abbiamo scelto un’architettura di MYGG (Giovanni Feltrin, Gerardo Sannella e Yolanda Velasco) per rappresentarle tutte come ha stabilito la metodologia di questo viaggio nella storia e nelle storie della contemporaneità, che riassumere i principi e le declinazioni di tutti i pensieri che hanno attraversato il loro breve ma intenso cammino.
“Il paradigma del trampolino” riassume tutte esigenze simboliche del programma progettuale, l’elemento di connessione tra interno ed esterno, che definisce lo specchio della piscina come riflesso liquido dello spazio, continuità metafisica tra materiale e immateriale.
L’impianto volumetrico risulta dunque di rara precisione, lontano dalle grottesche manifestazioni muscolari che l’architettura istantanea dell’”adesso” ci ha abituato a sopportare, perché qui si avverte la necessità ultima della progettazione, di creare soprattutto l’appagamento di un desiderio profondo, come in una microfisica del piacere.
E il volume ci parla, ci racconta e si racconta, con una sequenza di lemmi che non hanno bisogno di interpretazioni, perché soddisfano una condizione arcaica e necessaria: abitare lo spazio mentale che riassume tutte le declinazioni che avevamo immaginato, forse sognato.
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Il potere della bellezza è più grande della nostra ipotetica comprensione perché soggiorna dentro di noi in attesa di essere nutrito, in attesa di nuove meraviglie, in grado di farlo respirare nell’architettura che vive per, e di questo, se vi pare.
Materiali im-materiali
Il bianco delle facciate, la pietra, il vetro, la cadenza musicale delle aperture vetrate tracciate come a incorniciare paesaggi e particolari da scoprire ogni giorno e ad ogni ora, come un romanzo da leggere che ci regala sempre nuove emozioni.
Poi il nitore dei marmi, dei legni, delle poche luci e degli arredi che scandiscono quello spazio da osservare e dove il committente intraprende ogni volta il viaggio misterioso verso la cultura alta del progetto che sfida la natura e l’essenza stessa del vivere, dell’essere forma e forza dentro e fuori, nella luce e nell’ombra. Sempre.
“la forma affascina quando non si ha più la capacità di comprendere la forza dal suo interno” J.Derrida. La scrittura e la differenza,1967.
In questo viaggio verso il mare, l’architettura di MYGG ci accompagna al centro di un “cuore che crea e ricorda” e ci ricorda che Loos non ha combattuto invano contro l’ornamento, vero delitto dell’architettura, come tutto quello che era, ed è diventato, superfluo.
E questo è un altro discorso perché in questa villa vediamo l’impronta geniale di un passaggio verso una nuova “coerenza della densità”, dell’espressione della forma, che non ha più paura di mostrarsi per quello che è, così improvvido è il messaggio che invia e che invita, gli spettatori, a dimenticarla.
“I nostri occhi sono fatti per vedere le forme nella luce: l’ombra e la luce rivelano queste forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri e le piramidi sono le grandi forme primarie… La loro immagine ci appare netta… E senza ambiguità.“
Le Corbusier
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