Sacro e profano nell’opera di Paolo Zermani.

“Il Genius loci è sostenibilità. Perché dovremmo inventarne una?

Il Novecento ha favorito una rincorsa a delegare a supposte nuove tecnologie la soluzione dei problemi della disciplina, caricando la costruzione di dotazioni funzionali e impiantistiche certamente consolatorie per una società protesa verso il voluttuario, ma non indispensabili e costose.

Ciò ha reso la costruzione, apparentemente più sofisticata, sempre più schiava e dipendente da un fabbisogno tecnologico ed energetico crescente, del quale ora, con un discorso che si morde la coda, ci si affanna a cercare la sostenibilità, attraverso un’ulteriore complicazione tecnologica.”

Paolo Zermani

C’è un tempo che vive fuori dal tempo. In questo paradosso estetico, metafisico e storico vive e si esprime compiutamente tutta la linea semantica di Paolo Zermani, architetto umanista cresciuto tra le nebbie padane, figlio, sodale, intellettuale di figure profondamente incastrate in quei paesaggi e per motivi diversi come Bertolucci (Attilio, padre di Bernardo) e Luigi Ghirri.

In questo universo paradigmatico si configura tutta l’opera dell’Architetto, celebrato (possiamo affermare, giustamente) in ogni luogo, forse perché non ascrivibile ad alcun fenomeno culturale, o addirittura stilistico.

Paolo Zermani architetto
Casa Zermani, credits Mauro Davoli

Zermani è Zermani, ma questo non deve apparire come ovvio, o come la conseguenza della creazione di uno stile, ma ogni sua architettura vive uno stato di grazia che la pone fuori dalle categorie e dalle consuetudini che imbrigliano ogni fenomeno connesso all’attualità, come dicevamo prima ogni progetto vive in un tempo e in luogo personale, particolare, unico ed essenziale.

Ciò che caratterizza il processo compositivo è il controllo assoluto sulla produzione delle forme, nel rapporto mai sopito, tra antico e moderno, ma anche nell’espressione dei tanti progetti nati contemporanei, ma profondamente incatenati nella bellezza architettonica o naturale dei luoghi.

In questo lavoro certosino e lento vive chiaramente la fonte della sua inspirazione, il principio ordinatore di ogni segno, di ogni forma, di ogni spazio che ha bisogno di tutto il tempo necessario per divenire “luogo” anzi “il Luogo”.

Architettura non semplice da decodificare anche perché lontana dal rumore muscolare della contemporaneità, espressione assoluta di una sequenza continua, una frequenza illimitata di silenzi, dove il segno può esprimere il suo momento più alto, abbandonandosi alla diretta trasposizione del pensiero umano e umanistico che l’ha generato.

Museo delle Cappelle Medicee, photo credits Stephane Giraudeau

Quel silenzio, quella frequenza contiene tutti i suoni immaginabili che reagiscono in armonia con tutto quello che avevamo immaginato come uomini e come architetti, si avvicina al centro esatto dell’emozione che produce bellezza, anche se non riusciamo a spiegarlo concretamente, come la frase di un romanzo, o come un verso solitario e coinvolgente.

Museo delle Cappelle Medicee, photo credits Stephane Giraudeau

È qui che l’architettura come scienza e come arte esprime il meglio delle sue possibilità teoriche ed emotive e il ruolo dell’architetto torna ad essere il demiurgo che abbiamo incontrato nell’alternarsi delle fasi storiche, il ruolo di Zermani è l’antidoto all’impossibilità troppo diffusa di uniformare l’edilizia (pratica comunque necessaria) alla progettazione.

“Detesto che mi si definisca rivoluzionario… sin dai miei esordi sono stato sensibilissimo alla forma e ho avversato con tutta l’anima le esagerazioni.” Arnold Schönberg

Paolo Zermani: sul sacro e sul profano

Non possiamo considerare casuale la profonda ricerca sul senso del sacro che attraversa tutta l’Opera di Paolo Zermani, e basterebbe ricordare alcuni episodi che sono la summa più luminosa della sua produzione, il rapporto con alcune delle chiese più importanti della nostra storia, ma anche nella volontà di dare al tempo presente quella densità religiosa e metafisica, perché anche in questo caso il rapporto tra antico e moderno è evidente.

Riforma architettonica e liturgica della Basilica di S.Andrea, Photo credits Mauro Davoli

Tutto nella pratica professionale dell’Architetto ruota su questo rapporto apparentemente dicotomico, e non è un caso che tra i suoi maestri annoveri Giovan Battista Aleotti e Giacomo Vignola come a voler dare senso alla storia attraverso un’immersione costante nell’era magica e irripetibile dei grandi committenti illuminati, ma tutti sappiamo che i Farnese e i Bentivoglio sono troppo diversi e contraddittori dall’Estetica dell’Adesso, ma non per questo si deve rinunciare ad evocarli e a trasferirli in un tempo presente, ma sempre “non attuale”.

Le sfide di Paolo Zermani sono sempre state sul filo dell’impossibilità descrittiva, narrativa e soprattutto in alcuni esempi fondanti, la chiesa di Sant’Andrea di Leon Battista Alberti a Mantova e la sua ridefinizione liturgica, e soprattutto la nuova uscita delle Cappelle Medicee a Firenze, con la stanza segreta di Michelangelo, rappresentano un vero momento apicale della sua ricerca.

Chiesa di San Giovanni Apostolo Perugia, Photo credits Mauro Davoli

Unitamente alla chiesa di San Giovanni a Perugia, in questo caso frutto di una lettura sinfonica e armonica, che rende il contesto periferico, un punto di congiunzione tra le parti, dove pause e discorsi interagiscono dando all’opera un significato antico, quella ricerca di un “nuovo sacro” che tanta parte ha avuto nel regesto delle sue architetture.

Chiesa di San Giovanni Apostolo Perugia, Photo credits Mauro Davoli

Parto da questa chiesa moderna realizzata alla fine del 2007, per capire quello che è stato prima e quello che è venuto dopo, e per affermare che la prassi metodologica di Paolo Zermani è perennemente coerente, con una sequenza di capitoli che compongono un romanzo dell’Anima, una spinta continua verso la perfezione e la bellezza che non ha paura del degrado contemporaneo o della lezione dei geni del passato.

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La chiesa di Perugia si trova in un luogo che i perugini chiamano significativamente Agorá perché di questo si tratta, e sarà così nel rapporto tra sacro e profano, e nella dialettica semantica tra antico e moderno, perchè Zermani come dicevamo all’inizio vive in un tempo che è “fuori dal tempo” ma, perfettamente ancorato al significato più profondo del “fare architettura” che non può e non deve cambiare nei secoli.

Gente di pianura (il suono e il silenzio)

“Architettura è poesia quando sa cogliere il senso del già visto e lo fa rivivere come nuova emozione”

Paolo Zermani

Nello splendido testo di Edoardo Cresci i tre protagonisti Bertolucci, Ghirri e Zermani, sono concatenati oltre che dalla condivisione di territori mentali e fisici, da sincera e profonda amicizia, tre generazioni di Emiliani che intersecano tante altre figure sullo sfondo, oltre ai citati Vignola e Aleotti, l’esempio critico luminoso di Longhi, e sicuramente la magia riscoperta di Giorgio Morandi, che attraversa l’esistenza culturale e umana dei tre e per motivi temporalmente diversi.

Tempio di cremazione, photo credits Mauro Davoli

Da questo momento l’anomalia scientifica di Zermani, si veste dello spessore territoriale che lo ha formato, suoni e silenzi, nebbia e sole di quella pianura, sono il codice genetico che influenzerà per sempre il suo lavoro umanistico e costantemente paradigmatico.

Ogni progetto è solo, unico ed irripetibile

La riscoperta continua, capillare della “Francigena e dell’Emilia”, in una sequenza di momenti quasi epici ed estatici, dal Teatrino alla sua Casa di famiglia a Varano, al Tempio di Cremazione e alla Scuola per l’Europa di Parma, saranno il viatico sicuro del Viandante in grado di affrontare altre sfide a Firenze e a Mantova, ma il cammino è tracciato e non sarà mai incerto perchè la strada non avrà più segreti per Paolo Zermani.

Teatro Varano, photo credits Luigi Ghirri

In questo percorso tra meraviglie sorprendenti, gli “oggetti” sembrano “più legati al cielo che alla terra”, come giustamente afferma Paolo Portoghesi, a proposito del Teatrino di Varano, ma concordo con l’immaginifico Critico e Storico: il viaggio in Zermania, continua.


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