L’uomo del Piranesi infiamma l’architettura della città.

Ascoltare Paolo Portoghesi che racconta il Piranesi rappresenta uno dei punti più alti della narrazione critica e storica dell’architettura, qualsiasi argomento articoli c’è sempre una profondità ed una fuga dalla banalizzazione delle consuetudini che tanto male hanno fatto alla cultura di questo paese.

Questo video è stato creato per la Fondazione Umbra per l’Architettura a suggello di una sua partecipazione sia pure virtuale all’importante convegno organizzato a Perugia in questi giorni del nuovo anno sulla figura di Piranesi.

Il mio lavoro di storico è stato un consapevole strumento per mettermi in condizione di “fare” delle architetture, intrecciate indissolubilmente con altre architetture già esistenti.

P.Portoghesi

Architetto, incisore, teorico  e tante altre cose di origine veneta ma radicato nel cuore e nell’anima di Roma, cui deve fortuna e gloria suggellata anche dal collezionismo contemporaneo presente in tutta Europa.

Portoghesi lo analizza partendo da un dettaglio non sempre esplicitato dai distratti critici e storici italiani: la presenza discreta ma significativa del popolo minuto in tutte le sue splendide tavole, e per Lui sono l’elemento che lo rende poliedrico, attuale anzi precursore di una visione cinematografica, quasi “neorealista” dell’architettura e della città.

Argomento affascinante ma soprattutto innovativo poiché ci consente di guardare al Piranesi con occhi diversi e quelli di Portoghesi hanno una profondità analitica vivida, anzi ci parla di un futuro testo che attendiamo con grande interesse.

L’uomo delle “Carceri e delle Visoni di Roma”, è tutto fuorché un visionario, attraversa il suo tempo e la sua dimensione contemporanea, incontrando Palladio e Vitruvio, erede lucido di Borromini, e interprete di una neo-classicità che ne fa oltre ad un precursore di stili futuri, un pilastro di una vera classicità che non ha paura della trasgressione nel disegno, sia nel declinare, interpretandoli maestri ed epigoni del suo tempo e del passato.

Piranesi

“L’ architettura è un miscuglio di nostalgia e di anticipazione estrema.”

Jean Baudrillard

Un uomo effettivamente moderno che pone al centro di tutto quell’Uomo che non è più o non soltanto uno spettatore ma un attore che rende viva la città che abita, perché “abitare è l’unico scopo del costruire” come impone il vecchio assioma Heideggeriano (che lui cita).

Ma c’è molto di più in questa meravigliosa lezione densa e profonda, stimolante ed energetica perché Portoghesi ci invita con la sua solita grazia intellettuale a guardare oltre gli schemi ad andare al di là dei limiti di cui parlavamo prima.

Ecco che un asino, una capra o un cavallo rendono l’architettura della città il luogo deputato all’esistenza di quel cittadino che nella realtà quotidiana vive tra le rovine classiche che si infiammano con l’energia che solo una folla può dare a ciascun monumento, anche se straordinario.

Niente da dire è uno slancio letterario prima che critico o storico così denso di emozioni che ci invita a rileggere tutta l’opera del grande Veneto/Romano alla luce di una nuova sequenza di riflessioni, di intuizioni sull’Opera piranesiana.

C’è poi la precisione millimetrica con cui Portoghesi analizza da incisore di parole, col “bulino della semantica”, il percorso della costruzione architettonica di ogni tavola, la sua armonia, l’uso di escamotage visivi, una perfetta capacità di inquadrare il soggetto (qui torna il “neorealismo) di questo regista ante-litteram che illustra, fotografa un tempo e uno spazio di rara grandezza rappresentativa.

Il lavoro di questo grande Maestro dell’espressione ci aiuta a capire il tempo che precede la moda del Grand Tour, in cui in quegli anni intellettuali da tutta Europa si spingevano fino alla fonte della classicità, e non solo romana ovviamente, ma italiana nella sua complessità architettonica nei monumenti e nel paesaggio.

Il riferimento all’attualità corre a Purini e a se stesso, fratelli di sperimentazioni parallele ma molto diverse e articolate, entrambi “Premio Piranesi per l’Architettura” che rendono  il primo, erede anche nel disegno “della luce e dell’ombra” un epigono ideale di Piranesi e lui stesso un fautore di una eredità cinematografica del neo-realismo.

Non dimentichiamo l’uso di una sua splendida residenza romana, Casa Papanice in “Dramma della gelosia” di Ettore Scola dove la città è lo scenario prediletto, l’inquadratura perfetta da cercare continuamente, Piranesi come anticipatore della poetica del cinema che Portoghesi terrà sempre in grande considerazione dentro di sè.

Ovviamente sia Portoghesi che Purini vanno oltre le ragioni per cui si sono confrontati sugli argomenti che abbiamo ascoltato nella lezione/testimonianza poiché entrambi esprimono un’originalità su qualsiasi tematica attraversata nella loro lunga e luminosa carriera accademica e professionale.

A oltre novant’anni quest’uomo elegante e pacato è ancora capace di insegnare lo stupore dell’intuizione, come ha sempre fatto con le sue architetture alla Strada Novissima della Biennale di Venezia (1980), con i suoi testi fondamentali su moltissimi argomenti storici e critici, ma soprattutto ci ha contagiato con quel profondo senso d’amore per l’architettura, che una volta trasmesso non potrà più essere dimenticato.

“Dobbiamo riuscire a rispondere sia al mondo che ha bisogno di una nuova alleanza con la natura, sia al mondo che ha bisogno di tornare alla città come luogo di convivenza sottoposto a una serie di regole fondamentali. Sono due linee di sviluppo diverse ma che dobbiamo necessariamente tentare di unire.”

Paolo Portoghesi 1994

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