Articolo pubblicato sullo speciale Design
del magazine “Riflesso”.

Autrice: Maria Camilla Scalfi

Negli ultimi anni si è assistito a una grande attenzione verso la progettazione sostenibile e il ripensamento e riutilizzo di materiali, spazi e oggetti, puntando alla loro reintegrazione all’interno del mercato odierno. È necessario progettare prodotti che si basino su una linea produttiva ben specifica: minimizzazione degli scarti, riciclo e soprattutto tali che al termine della loro vita possano essere ripensati e trasformati in qualcos’altro. Questa visione comporta molteplici aspetti, tra cui forniture circolari e l’utilizzo di energie rinnovabili come comun denominatore.

Progettazione sostenibile

La maggior parte degli oggetti che ci circonda ha vita breve e l’obiettivo è di cambiare questo modello e far si che un oggetto possa durare nel tempo e forse adattarsi alle nuove esigenze. Come può tutto ciò funzionare nell’interior design? E in uno spazio?

Per quanto riguarda elementi con un valore storico (un antico mosaico, elementi architettonici di pregio, ecc.) è doveroso mantenerli e preservarli, anche se il valore può essere relativo. Un oggetto o uno spazio che vengono ripensati, riconvertiti, portano con sé la memoria, il gusto e la storia che c’è dietro, rendendoli unici e non replicabili. In un mercato che punta sempre di più alla costante personalizzazione, creando un design interattivo tra cliente e professionista, la riconversione di spazi elude in parte la possibilità di replica dello stesso.

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Da Viollet-le-Duc a John Ruskin sono state molteplici le riflessioni sul tema della progettazione sostenibile, ma oggi sembra impossibile pensare di ricreare una sorta di stato originale, il compito del progettista è invece quello di integrare antico e nuovo creando un dialogo tra molteplici linguaggi e puntando all’armonia stilistica e funzionale. Tuttavia, questa transizione tra l’oggetto originale all’oggetto rigenerato è soggetta a cambi di pensiero, attitudini e usi che rende difficile la completa adattabilità del primo nei confronti del secondo.

In uno spazio o in un’architettura l’intervento del nuovo dovrebbe presentarsi visibile e definito, in quanto falsi eclettismi porterebbero solamente a risultati scadenti e visibilmente artefatti. Lo spazio è qualcosa che si compone di molteplici elementi soggetti a colui che lo usufruisce, e questa personalizzazione crea memorie, ricordi e segni che spesso è bene preservare ma non alterare, in quanto piccoli frammenti di storia più o meno recente donano un tocco unico che rende un luogo riconoscibile rispetto ad altri. La sfida per i progettisti di interni è quindi quella di conoscere in maniera approfondita le materie prime che scelgono in modo da prevedere come queste possano adattarsi alle necessità future.

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In una realtà dove tutte le informazioni sono accessibili e tutti hanno gli stessi input, è inevitabile che si creino gli stessi output, di conseguenza l’unico modo per ripensare, esaltare e riproporre uno spazio è quello di ascoltarne la storia e guardare attentamente i segni che essa ha lasciato. In tal senso, lo spazio può essere paragonato a un libro antico in cui ogni pagina racconta il frammento di una storia, ma sta al lettore darne un’interpretazione personale. Mentre il progettista deve saper leggere l’architettura che si trova difronte e ripensarla attraverso il proprio personale intelletto, solo così si potranno creare spazi personali e personalizzabili.


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