Durante la realizzazione del suo progetto più importante (il Centre Pompidou a Parigi), a ridosso di quegli anni, Renzo Piano si occupa di architettura partecipata, metodologia in auge in quel periodo che prevede uno sviluppo dialettico tra progettisti e utilizzatori finali della progettazione residenziale, sociale, economica.
La sfida unisce etica ed estetica, massima espressione evocativa con un controllo sistematico dei costi, ridotti all’essenziale, più che un progetto è una metodologia che vedrà una sequenza di episodi molto significativi nel corso di due decenni, ma che subirà una naturale difficoltà di diffusione e di riproduzione, dei modelli, e dei significati sociali.
E’ una lunga serie di ricerche che dagli anni settanta, ha sperimentato come: gli edifici del quartiere Boschetto a Genova, l’abitazione a pianta libera a Garonne, le abitazioni unifamiliari a Cusago, l’alloggio tipo per la ricostruzione post-terremoto in Friuli Venezia Giulia, e il quartiere residenziale di Corciano.
Il Rigo a Corciano, nei pressi di Perugia, il modello è apparentemente semplice e tecnologicamente avanzato, un modulo evolutivo, che parte dal concorso per la ricostruzione del Friuli, del 1976.
Piano ha già tutti gli strumenti per esprimersi in questi territori, sia concettuali che espressivi, e la sua ricerca sia pure ancora in fieri, ci conduce ad altri episodi pregressi e successivi che lo vedranno sempre più protagonista innovativo.
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La struttura modulare utilizzata per la realizzazione degli alloggi consente di avere un impianto planimetrico libero e modificabile, con una superficie base di circa 55 mq espandibili fino a 130 mq attraverso l’uso di strutture e componenti leggeri.
Architetto, cittadini e committente dialogano seriamente senza pregiudizi, senza limitazioni e il frutto della realizzazione, sia pur condizionato dall’esiguità dei mezzi, risulta essere ancora oggi significativo e replicabile.
Il concetto originario si configura per una certa flessibilità che può consentire agli abitanti, nel corso del tempo di modificare parte della struttura, seguendo le esigenze del nucleo familiare, e le sue naturali esigenze: teoricamente è sempre stato difficile realizzare queste morfologie, se non attraverso l’uso avanzato della tecnologia prodotta da Vibrocemento di Perugia, a tutti gli effetti co-progettista dell’intervento.
In questo decennio (‘70/’80) Piano è molto concentrato su questi tempi, e le varianti realizzate rappresentano un processo di affinamento del concetto basilare di flessibilità, l’architetto cerca di eliminare l’aspetto di rappresentazione sociale dell’abitazione e la trasforma in un sistema tecnologico elementare, modificabile seguendo le esigenze.
Nella sua idea l’aspetto sociale diventa l’evento progettante principale, riproducibile all’infinito, replicabile nelle più diverse condizioni territoriali e ambientali, nel rispetto dell’ambiente e delle necessità energetiche (vedi l’uso quasi rivoluzionario del solare), la casa, in quella evoluzione tipologica è una vera macchina a risparmio energetico, a basso consumo.
Essenziali sono gli studi sui particolari impiantistici, nell’uso degli elementi di tamponamento e di elaborazione di un’esistenza che è fatta di condivisione e di dialettiche sociali costanti.
Dopo oltre mezzo secolo questo progetto manifesta nella sua romantica applicazione delle formule ancora valide, molto connesse al periodo storico che ha generato il Rigo, assistiamo ad una precisa intuizione e all’elaborazione di un lessico tipologico formale tutto da sperimentare ma che meriterebbe un approfondimento attraverso l’uso degli strumenti della contemporaneità.
La prefabbricazione è una strada che ha avuto un’enorme evoluzione, programmatica e progettuale ma oggi concorre alla riuscita complessiva della prassi architettonica, non più come componente tecnologica ma come parte essenziale della realizzazione del segno complessivo,
La forma è fatta di tecnica e di spirito.
Un progetto anche metodologicamente riuscito, nonostante i budget esigui, e la difficoltà di sviluppare queste nuove forme di architettura partecipata.
Renzo Piano non è nuovo a queste prassi, e ricordiamo su tutti il Laboratorio di Otranto, dunque a Perugia in collaborazione con Vibrocemento (ora Generali Prefabbricati) produce la perfetta sintesi tra la sua ricerca estetica e il supporto di un’azienda che indaga nuovi processi di collaborazione, nella dinamica di dialettiche forti e significative.
Un esempio, un modello, un principio eponimo, come in quasi tutti i progetti successivi ma questa è un’altra storia.
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