Residenze temporanee al Cappuccino Vecchio, Matera. Osa architettura e paesaggio.
C’è un’emergenza nazionale e globale, c’è un mondo in perenne stato di crisi, le condizioni sociali hanno marcato divisioni incolmabili tra nuove e vecchie povertà, ma l’architettura ha nella sua vocazione originaria la necessità di dare risposte a tutti, di trovare le soluzioni anche alle più complesse modalità di inclusione.
La sensibilità di questo vivace gruppo romano, Osa Architettura e paesaggio, risponde con intelligenza ed eleganza a questa esigenza etica, mai abbandonando il tracciato estetico che ogni volume progettato nel mondo, richiede.
Nella temporaneità della residenza si esprime la contraddizione della non staticità ma anche il desiderio di raggiungere una normalità consolidata, come le società avanzate richiedono alla cultura del progetto, e qui a Matera, i progettisti ci rimandano delle risposte mature, non retoriche.
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Si torna con evidenza alla semplicità non scontata di cui parlavo a proposito di Tessenow, perché in questo piccolo intervento, ma grande come impatto culturale e programmatico ci giungono dei messaggi positivi sullo stato di salute dell’architettura italiana che sembrerebbe godere di ottima salute e di uno stato di profonda sensibilità espressiva.
Non deve sembrare dunque difficile capire la natura propedeutica di interventi come questo, perché nel programma progettuale si introduce l’elemento sociale correlato al luogo, alla città e al territorio, senza gerarchie e senza classifiche, come a voler sottolineare l’attenzione con cui Osa ha raccontato la sua idea e la realizzata.
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Posso dire che bastano “trecentoventi metriquadrati”, poche unità abitative per farci capire la differenza sostanziale tra edilizia e architettura e le residenze temporanee al cappuccino vecchio di Matera, ce lo indicano con chiarezza di forma e di sostanza.
“Per l’architettura – così come per la vita in generale – non è tanto importante l’individualità e l’originalità, quanto il fatto che il maggior numero possibile di individui possa raggiungere un livello di consapevolezza tale da consentire il conseguimento di risultati di validità generale. perché ciò sia possibile, la nostra consapevolezza individuale deve diventare un’esigenza collettiva”.
Karl Scheffler, 1913, L’architettura della grande città.
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