Non è solo una parola, ma un’attitudine, è una parte del cuore che batte, qualche volta nel petto dei visionari, ma anche l’emozione dei tanti che vorrebbero crederci ma non riescono ad avere più: visione, ma solo deboli visioni.
E’ il futuro quell’idea metafisica che ci trasporta sempre altrove , lontano, indietro o avanti come è stato per tutti gli eroi che hanno vissuto il futuro nel passato, da Apollodoro di Damasco a Zaha Hadid, da Boullée a FLW, quando sognava, come LC città radiose, piene di meravigliose irrealtà ma disegnate magnificamente.
Per questo il disegno è il mezzo più veloce per viaggiare nello spazio e nel tempo, perché anticipa ogni stupore, ci spinge verso il precipizio dell’azzardo estetico, dove l’architettura si trova benissimo e l’accademia accetta di farsi da parte, per qualche momento o per qualche secolo.
Gli uomini che progettano sanno che quello è il loro posto, anticipare la storia cogliendone i limiti spazio-temporali e fare delle farraginose elucubrazioni teoriche: case, casette, musei, grattacieli, centri commerciali e tombe.
La nostra epoca ha convissuto da sempre con quello che poteva accadere e non è accaduto, con il permanente colpo di teatro che stiamo ancora aspettando e che come Godot ”anche stasera non arriverà”, ma non per questo smetteremo di aspettare sull’uscio delle nostre ansie, che si avviluppano su nuove incertezze.
E’ compito del creatore dire e dare segnali di altre forme di respiro etico, di estetiche che potrebbero non essere conformi alle marcite consuetudini, perché il tempo dell’”Io sarò” non prevede tentennamenti, è già una sfida alla certezza di essere, alla consapevolezza di esserci, dunque l’architetto riveste i panni del demiurgo, finalmente.
Anticipa gli scenari ce la società si aspetta, e che il mondo non sempre è disposto a sopportare, come cacofonia di fondo, come rumore che non sempre può diventare silenzio o Cage, come stridio che col tempo impareremo a conosce e condividere, ed è per questo che non possiamo curare il malato con i pannicelli caldi.
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Andiamo nello spazio piuttosto per sfidare l’impossibile, per condividere una qualsivoglia sfida all’ignoto, lo spazio progettato nello Spazio è una frontiera che sollecita le super-firm mondiali che nella colonizzazione dei pianeti, improbabile quanto godibile vedono la necessità di realizzare una sovrapposizione dialettica tra tabula rasa e tabula rasa, mentre lo spettacolo della terra, nel buio lontano, resterà l’ultima forma plausibile di pornografia percettiva.
E’ un’epoca dura, marmorea, spigolosa e fredda e per questo il consiglio del teorico è pensare in grande e non accodarsi ai peana multimediali, guardiamo alla ricostruzione del mondo partendo da un voyage dans la lune, come a sfidare la quotidianità a colpi di effetti speciali, perché vivere è l’impresa più eroica del momento, e non possiamo permetterci ulteriori paradisi (neppure artificiali).G
Andiamo verso il cosmo con fiducia e accettiamo la sfida all’ignoto, ricreando il noto, auspicando nuovi spazi nel pensiero progettante, che si è fossilizzato nella presunzione dello scontato, dell’usuale e soprattutto nel prevedibile, edulcorato dall’auto-celebrazione, “lá fuori” c’è un altro tipo di guerra intellettuale che vale la pena di combattere che, per male che vada, non produrrà alcuna vittima, a parte qualche sociopatico in crisi creativa.
Futuro è un suono che dobbiamo sentire dentro, che deve vibrare come una meravigliosa cassa armonica e che potrebbe produrre una musica nuova, diversa, come diversa deve essere la nostra rinnovata capacità di comporre melodie, che è il modo più alto e semplice per accomunare i desideri delle società, e dell’architettura che ha sempre come fine ultimo quello di realizzarli, prima o dopo la fine della Politica.
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Ma gli eroi esistono e non si nascondono, combattono anche stando fermi perché pensano e questo può far paura ed è giusto che il pensiero non sia mai rassicurante, e che la cultura del progetto crei gli stessi momenti di preoccupazione che ebbero per secoli i censori di Ledoux ,o Khan, o Piranesi, tanto l’architettura ha un alleato imbattibile che è proprio il futuro e la capacità che il tempo regala a tutto quello che non era stato compreso.
Certo bisogna avere la pazienza di cui tutte le grandi trasformazioni necessitano, ed oggi che viviamo l’esistenza sincopata di chi si aspetta il peggio, è il momento per dichiarare che quello che vediamo davanti a noi è quel sole perfetto che attendevamo dopo mesi, troppi mesi di pioggia, e quel che è meglio che siamo e saremo noi a dare a quel Sole la grandezza che si merita, perché in quel nutrimento culturale c’è tutta la forza che ci serve per cambiare forme, paradigmi e finalità.
L’architettura comincia di nuovo a piacermi perché sfida la rigidità che da troppo tempo la costringeva ad essere mansueta, e costringe il mondo a desiderare ancora, anche quando intorno brucia ogni speranza, anzi di questo vive e si corrobora, senza lasciarsi vincere dai contesti pandemici o peggio distopici.
Il viaggio nello spazio è appena cominciato, e la ristrutturazione del mondo delle istanze e del cambiamento ci appare più credibile e auspicabile, ma sia le spinte centripete che quelle centrifughe hanno nella ricerca della bellezza etica, l’elemento propulsore, un rinnovato coraggio che ci spinge nelle profondità delle nostre inconsistenze e lontano verso il punto più lontano della ragione interstellare.
E’ proprio questo tempo che ci costringe ad essere migliori e peggiori, a seconda delle nostre possibilità, e ci conduce lontani da ogni forma di passato o territorio conosciuto, in terra e nello spazio, per dimostrare che l’essere senziente è capace di organizzare e cauterizzare qualsiasi forma mondiale di disastro, di cui è causa ed effetto di redenzione scientifica.
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E’ solo un sussurro ma davanti a noi una qualche forma di fantascienza contemporanea ci induce a guardare avanti, dopo aver superato il principio stesso della Paura che ci ha generato, solo per sfidarci ed è possibile che da tutto questo dolore possa nascere una nuova Forma, condivisa ed emotiva che assomigli a una casa nuova ,o quello che fino a ad oggi questo concetto ha rappresentato. Per noi, per voi e per quelli che verranno.
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