Lo sviluppo dell’Urbanistica Tattica ed il bisogno di strategie della trasformazione urbana.
Nei mesi scorsi sulle pagine di molti quotidiani abbiamo letto di un pensionato che in un paese in provincia di Monza, Barlassina, era stato sanzionato con una ammenda di ben 882 € per aver autonomamente riparato una buca di 30 centimetri che si trovava in corrispondenza di un attraversamento pedonale. Violazione del codice della strada e obbligo di “rimozione delle opere abusive”: in altre parole il pensionato avrebbe dovuto ripristinare la buca.
Sarebbe stato utile spiegare all’ignaro pensionato ed ai solerti vigili urbani che l’azione eseguita e contestata rappresentava, in piccolissima scala, un embrione di una possibile iniziativa di urbanistica tattica.
D’altra parte molti ricercatori fanno risalire le origini di un nuovo modo di pensare la pianificazione degli spazi pubblici ad un episodio opposto a quello di Barlassina: negli anni ’70 a Deft un gruppo di residenti, esasperati dal traffico e dall’insicurezza stradale e di fronte all’immobilismo della Municipalità, decisero, con un’azione notturna, non di riparare ma di realizzare appositamente delle buche stradali: rimossero parti della pavimentazione con l’intento di creare difficoltà e rallentamenti a moto ed auto.
In questo caso, tuttavia, l’amministrazione pubblica anziché multare i cittadini di Delft li lasciò fare fino a trasformare questa iniziativa in un provvedimento legislativo noto con il nome di “Woonerf” che cambiò gli standard nazionali di progettazione delle strade.
Woonerf in olandese significa cortile vivente: in un strada residenziale viene ribaltata la gerarchia tra auto e pedone. Con interventi sul manto stradale e con l’introduzione di aiuole, rastrelliere per biciclette, panchine si costringono le auto a rallentare fino ad una velocità “pedonale”.
Da questi due episodi, forse fin troppo esemplificativi, si possono trarre alcune coordinate per comprendere cosa sia l’urbanistica tattica.
Urbanistica Tattica, un modo per “pensare in piccolo” ai processi di trasformazione urbana.
Il termine tactical urbanism viene usato per la prima volta nel 2011 in una pubblicazione di Mike Lydon e Anthony Garcia , Tactical Urbanism – Short Term Action, Long Term Change che raccoglie una serie di esperienze di trasformazione di spazi pubblici operate “dal basso” in numerose città degli Stati Uniti: non semplici iniziative “fai da te” estemporanee ma azioni finalizzate ad ottenere risultati di lungo periodo nella configurazione della città.
L’urbanistica tattica, scrivono Mike Lydon e Anthony Garcia, “per i cittadini rappresenta un modo immediato per riappropriarsi o per riprogettare parte dello spazio pubblico. Per restituire spazio alle persone e toglierlo al degrado, all’abbandono o all’uso inefficiente di una risorsa scarsa come è il suolo e lo spazio pubblico. Per le associazioni del territorio rappresenta una modalità per mostrare l’efficacia e i risultati di alcuni interventi ottenendo così un consenso da parte degli organi decisionali e dalla società civile. Per gli amministratori pubblici e il governo locale è invece un modo per sviluppare buone pratiche in tempi brevi e con un occhio al portafogli.”
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Colorare in modo creativo l’asfalto grigio di una strada, occupare uno spazio urbano con sedie e tavolini, restituire identità ad un’area inutilizzata con piccoli giochi per bambini e nastri colorati, colonizzare aree destinate al parcheggio per trasformarle in mini parchi urbani.
Interventi immediati, a basso costo ed a piccola scala promossi direttamente dai cittadini ma capaci di “violentare” i tradizionali iter burocratici che regolano le trasformazioni urbane, di dare scacco ai farraginosi sistemi di norme che regolano la pianificazione urbana. Con buona pace dei vigili urbani di Barlassina.
Non si tratta di azioni sporadiche e improvvisate: l’aspetto tattico di questo tipo di interventi sta proprio nella volontà di innescare una reazione della pubblica amministrazione, di rendere visibile una esigenza della comunità, di sbloccare una situazione di immobilismo per ottenere risultati di lungo periodo e per ottenere anche innovazioni normative permanenti e valide per tutti.
Un caso esemplificativo di urbanistica tattica è il progetto “Park(ing) Day” realizzato a San Francisco nel 2005 su iniziativa di Rebar Art and Design Studio: pagando regolarmente il parchimetro ed acquisendo il diritto di occupare quello spazio, uno stallo di un parcheggio all’ora di pranzo viene trasformato per due ore in un giardino di 2 x 2,5 metri posizionando un tappeto d’erba, un albero, una panchina ed un cartello con la scritta “Park Open”. Un inatteso spazio pubblico di prossimità in alternativa ai grandi parchi urbani.
Questa semplice azione ha portato la città di San Francisco a comprendere il senso dell’inizitiva e ad avviare nel 2010 un programma denominato “Pavement to Parks”: un manuale pubblico per convertire parti di strade, marciapiedi, corsie di parcheggio, luoghi abbandonati in piccoli parchi pubblici con il finanziamento di imprese di quartiere e associazioni di cittadini. Dal 2010 a San Francisco sono stati creati più di 50 parklet.
Anche in Italia si sono sviluppate negli ultimi anni molte iniziative di urbanistica tattica in numerose città. Piazze Aperte a Milano – per citarne una – avviata alla fine del 2019, ha consentito sino ad oggi di realizzare 38 interventi di trasformazione di altrettante piazze ri-colorate e ri-arredate con un forte coinvolgimento degli abitanti dei quartieri.
Ma….: il generale e filosofo militare cinese Sun Tzu vissuto attorno al V secolo a.C., autore de “L’arte della guerra”, ammoniva che “una strategia senza tattica è la via più lenta per arrivare alla vittoria, mentre una tattica senza strategia è il rumore prima della sconfitta”. “
Accanto alle numerose azioni di urbanistica tattica realizzate nel mondo per trasformare e riqualificare la città occorre anche la capacità di elaborare strategie pianificatorie. Politiche che, pur capaci di non immobilizzare gli interventi tattici, sappiano individuare orizzonti di trasformazione a lungo termine.
Insomma occorre anche qualcuno che sappia pensare in grande per il futuro delle città, assumendosi la responsabilità di elaborare strategie. E questo resta comunque un compito di chi è chiamato al governo della cosa pubblica. Il rischio, altrimenti, è che l’urbanistica tattica resti solo un rumore prima della sconfitta.
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