Mi piace molto parlare di Gerardo Sannella, nome de plume ”esagerardo”, perché la sua costante spinta verso l’estremo, la sua ricerca di linguaggi oscuri ma ironici, densamente intellettuali ma sarcastici, rappresentano quella traccia semantica che è all’origine dell’evoluzione stessa della cultura del progetto.

Uomo di linguaggi multipli e colorati, professionista cristallino ma imprevedibile esprime in queste sonorità verbali i suoi stati d’animo altalenanti, vero esponente della dodecafonia architettonica. Forse inconsapevole ma non per questo meno densa, Esagerardo ti avviluppa nel magma del suo pensiero scritto o disegnato e non lascia scampo all’ignaro esegeta, e anche questo breve testo scritto per ONE è sorprendente ma fino ad un certo punto, perché da lui l’anomalia vive quasi in una condizione di preoccupante normalità.

E siamo pronti a vivere il prossimo stupore senza sapere dove potrà condurci, ma in fondo è proprio questo che rende affascinante e pericolosa la nostra vita e la  nostra professione.

(MDC)

CECI TUERA CELA

La profezia di Esagerardo

Questo ucciderà quello. Il libro ucciderà l’edificio (VH)

Questo ucciderà quello. Il digitale ucciderà la città ( EG)

Siamo nel punto di flesso a tangente orizzontale e nulla sarà come prima. Un ribaltamento epocale ha rigonfiato  il suo ventre e vuole divorare il sole e la luna insaziato di stelle. La città sarà cosa morta percorsa da turisti in safari piranesiano e le sagome della notte e del giorno annullate in un eterno senza polvere e respiro…città cristalleria per vedove senza lacrime.

Torri seduttive che tracciano sgomento e rissa in galleria – nuvole museo degli dei AnteNoi – bocche per sfamare la fantasia – giardini con fiori all’infinitum e carillon per il canto di uccelli assolati –  teatri per corpi intercambiabili – templi del distacco per prove divinizzanti  Erbarm’ es Gott – e scese una grande tenebra sul mondo – o schoene Zeit, o Abendstunde!

Federico Delrosso o della ragion pratica.

Federico Delrosso ha una profondità nello sguardo che lo rende immediatamente comprensibile nel suo lavoro silenzioso e attento frutto di una ricerca scientifica seria e serena.

 Ma è anche curioso, fremente nella ricerca di nuovi tracciati, i suoi edifici e i suoi interni, esprimono anche una necessità di andare oltre quello che li ha determinati.

C’è un profondo senso di trascendenza estetica nel suo processo di cristallizzazione delle forme e dei volumi, come se si aspettasse un cambiamento imminente, una nuova corsa verso il nuovo e l’ignoto.

Dunque ogni prova progettuale rappresenta non la conclusione di un percorso ma l’inizio di una esperienza futura, di una rincorsa ad una sperimentazione ragionevole e pratica, come solo la tecnica deve essere.

Ora nel tempo sospeso che ci vive addosso, possiamo immaginare prove che verranno, e nuove necessità o bisogni da soddisfare perché per Federico l’architettura esprime anche felicità e benessere per quanti avranno la fortuna di abitarla per viverci o lavorare, giocare o divertirsi, come prima e meglio di prima.

Il piano strategico della sua professione lo porta verso strade sempre nuove ma conosciute, immaginate prima di essere intraprese, come una sfida controllata al pericolo, all’ignoto, per lui che pilota automobilistico conosce bene il limite, ma non per questo ha mai avuto paura di superarlo.

(MDC)

L’esperienza che sto vivendo è prima di tutto sul piano personale, sul tempo e sui valori veri di ciò che faccio. Ho imparato che posso utilizzare al meglio il mio tempo, dividendolo tra vita personale, lavoro e hobby da casa, in studio ma anche in vacanza. È ancora presto per immaginare l’effetto che questa esperienza produrrà sugli spazi, sui progetti, sull’architettura in genere, ma senza dubbio crolleranno alcuni stereotipi consolidati per dare spazio a qualcosa di più autentico e necessario.

Credo che dopo sarà molto diverso in termini di percezione dei valori e delle priorità che ci daremo, quindi dei tempi nostri…della vita di ognuno di noi….immagino nessuno abbia voglia di tornare ai ritmi frenetici di prima, ma certamente avremo imparato a come gestirli meglio.

Per ora posso dire che mi sento cambiato dentro, e così anche il mio modo di sentirmi architetto…ma non cambierà la mia visione sull’architettura.

Questa esperienza influenzerà la percezione delle persone delle proprie case e quindi della funzione che l’architettura svolge, dalle case più semplici fino a quelle più lussuose, senza distinzioni. Chi ha avuto la fortuna di vivere in case ben progettate e realizzate ha vissuto questo periodo come una vacanza a casa…chi non ha mai dato importanza allo spazio, ai materiali, alla luce ecc. ha vissuto un esperienza molto diversa.

La professione per come la intendo io, non cambierà molto, ma cambieranno alcuni parametri e tipologie di progetti, che diventeranno più flessibili.

Forse finalmente si tornerà a ricercare i valori veri dell’architettura e non solo agli aspetti commerciali, ai risultati, alla comunicazione, ecc.

Sto immaginando il mio studio, che sarà  più virtuale per essere più globale..

È tempo per tutti noi di ripensare a noi stessi, prima che altri lo facciano per noi…


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