In un concorso sviluppato alcuni anni fa tra gli architetti, designer e uomini di cultura, realizzato dalla rivista Modo, Villa Malaparte risultava sorprendentemente l’opera italiana tra razionalismo e brutalismo più iconica e importante del XX secolo.
Strano destino per un’architettura controversa e dai giudizi contrastanti e non solo per le considerazioni sull’autore, Adalberto Libera, massimo esponente del razionalismo dell’epoca, ma principalmente per il committente quell’arcitaliano di Curzio Malaparte, personaggio complesso e contraddittorio, ma comunque considerato un ottimo scrittore e giornalista.
La villa ha sempre avuto una vita complicata a partire dalla scelta del luogo, oggi ambientalmente improponibile ma facilmente aggirabile con l’intervento dei potenti amici del proprietario, Edda e Costanzo Ciano, praticamente le figure più glamour del regime mussoliniano, ma l’autore della Pelle trova in quella casa realisticamente assurda, un luogo altamente scenografico dove mettere in scena la sua esistenza decadente, il principio dell’unicità di una vita straordinaria.
Indimenticabile l’affermazione di Malaparte che ai suoi ospiti che chiedevano se fosse l’architetto della Villa rispondeva: ”no, io ho disegnato il panorama”, e in questa boutade c’è tutta la verve di questo personaggio sempre al di sopra delle righe, che si identifica perfettamente in quel progetto.
La grandezza architettonica della Villa nasce dal contrasto, dal conflitto con un ambito paesaggistico straordinario, come se il progetto volesse piegare la natura, volesse sostituirsi ad essa, inquadrandone panorami e viste dalle geometrie artificiali.
Villa Malaparte e Jean Luc Godard
A partire dal solarium, una plancia di una grande nave che si proietta verso il Mediterraneo, dove Brigitte Bardot molti anni dopo prenderà il sole, spiata da Michel Piccoli, alla fine del loro amore, nel “Disprezzo” di Jean Luc Godard.
Come pure nella trasposizione del suo romanzo/architettura “La Pelle”, Malaparte /Mastroianni e la Principessa Caracciolo/Claudia Cardinale, mangiano ricci di mare in una notte stellata sul tetto-terrazza della casa, mentre la guerra impazza devastante, ma loro splendono di luce propria.
Dopo è storia e la morte di Malaparte che inspiegabilmente regala la meravigliosa casa alla Repubblica Popolare Cinese, si susseguono nei decenni successivi vari contenziosi che hanno portato alla costruzione di una associazione per la salvaguardia di Villa Malaparte e quindi all’apertura agli estasiati visitatori, degli spazi ancora densi della magia che li ha ispirati, e del sodalizio intellettuale tra lo scrittore e l’architetto.
La sfilata di Jacquemus sull’iconica scalinata di Villa Malaparte
La villa ha avuto un’utilizzazione per pubblicità di alto profilo e quest’anno si è potuta aprire anche ad una sfilata di moda di Jacquemus per la collezione Resort 25, con le modelle che sfilano lungo la scalinata di mattoni.
La difficile passeggiata che conduce dopo un’ora e mezza alla vista di Capo Masullo, ripaga della fatica e i giudizi certamente contrastanti come dall’inizio del 1938, detestata e adorata dagli architetti per la possibilità che ha avuto Libera di realizzare un edificio che non sembra avere eguali per la sua forza evocativa e la sua imponenza monumentale.
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Uno dei pochi veri monumenti dell’idea contemporanea di architettura nel nostro paese e completamente avulsa da qualsiasi contesto, stile, impronta tipologica, la Villa è sola, la Villa è unica sia all’interno che, verso il paradiso ambientale che la contiene.
Una forma alta ed estrema di dialettica tra ambiente e cultura del progetto, dove le due discipline si guardano, si scrutano, in silenzio, spostando ad altri tempi l’inevitabile conflitto, rinviato dal 1938.
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