Auto d'epoca Cuba

I colori sono sgargianti, all’apparenza fantasiosi, decine di metri di auto d’epoca parcheggiate pronte ad esaudire un desiderio come recita la scritta sulle fiancate, “rent a dream”: affitta un sogno.

Il prezzo è modico venticinque CUC all’ora, la moneta per i turisti, il cui cambio è equivalente all’incirca a un euro. Un interrogativo ovvio potrebbe nascere immediatamente, come fanno auto vecchie di oltre sessanta anni e oltre ancora a viaggiare.

Per di più in un paese privo di idrocarburi come possono alimentare i motori nati in un’epoca senza alcuna limitazione dei consumi nella quasi assenza di petrolio in un paese dove le stazioni di servizio hanno il nome “Oro negro”.

La risposta è in una parola molto in uso a Cuba: “remediado”, rimediamo, anche se la traduzione più appropriata è “ci arrangiamo”. Dopo decenni di embargo questa arte, che era patrimonio degli italiani, è diventata la vita stessa dei cubani che l’hanno adottata come identità nazionale e filosofia di vita.

Si scopre così che i colori non sono dettati da una scelta cromatica creativa ma dalla disponibilità del momento di vernici adeguate, l’unica concessione artistica è nella volontà di adeguare la tinta alla identità caraibica fatta di luce, e di tonalità forti.

I motori spesso sono dei propulsori che provengono dalla Cina e dalla Corea che si sente subito faticano a trascinare una massa di acciaio di proporzioni fuori dalla nostra contemporaneità. Salendoci si scopre che raramente gli sportelli si chiudono senza l’intervento generoso e forzuto dell’autista, i sedili che potrebbe ospitare un albero genealogico della nostra epoca hanno solo un vago ricordo di molle efficienti.

Colpisce però il senso di orgoglio dell’autista nel farti vedere L’Avana, portarti nell’immenso campus universitario, mostrati in cimitero cattolico, Chinatown di cui rimane una porta nella classica forma con tanto di draghi e che fu smantellata dopo la rivoluzione.

La tappa successiva è quella del parco dove strutture circolari di vetro ospitano la scuola d’arte, è proibito entrarci ma l’autista ti spiega che lì vivono ragazzi che studiano musica, classica e caribica, e arte. Prima di arrivare al “bosque”, un’area verde tropicale, è orgoglioso di passare per un quartiere che lui definisce abitato da gente ricca: i medici.Una autentica classe privilegiata della Cuba dell’embargo.

I medici e la organizzazione sanitaria cubana sono stati lo strumento per aggirare l’embargo insieme a paesi come il Venezuela, cure sanitarie in cambio di petrolio. Vivono in belle e a volte ricercate villette monofamiliari, immerse nel verde tropicale, per lo più come tutto a Cuba, senza una manutenzione che rimedi al passare del tempo e delle stagioni tropicali.

Le guide più attente descrivono questi quartieri come il risultato della invasione dell’isola da parte della mafia italo-americana degli anni cinquanta alla ricerca di paradisi dove investire il denaro accumulato nel Nord-America. Basta rivedere il Padrino per avere la versione cinematografica di questa affermazione che fu poi una delle molte motivazioni che portò alla rivoluzione di Castro.

Se proprio si dovesse descrivere la sensazione che si prova a viaggiare su queste auto è quella di vivere una scena del Padrino, a questa percezione contribuiscono i tanti turisti americani con l’innato gusto del travestimento abbigliati con camice colorate, il “panama” in testa e l’immancabile sigaro.

Una variante moderna è la sosta per fare i selfie da mandare agli amici, sopra, dentro, accanto ad un sogno in affitto con delle improbabili pose a cui mal si addicono le taglie.

Venticinque CUC l’ora. 

Photo Credits Giovanni Tarpani


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