Due diamanti grezzi, capaci di abbagliare per la loro pure nelle enormi differenze una grande collezionista internazionale e militante del pensiero Beuysiano e una critica instancabile che ha collezionato decine di pagine di attività accademiche, di collaborazioni intellettuali e di scritti che attraversano ogni campo dello scibile artistico contemporaneo.

Non voglio confrontarle, ne farle sfidare nell’agone di professionalità e generazioni diverse.

In questa fase storica dove la donna subisce ogni sorta di ridimensionamento sociale, antropologico e politico mi sembra giusto, conoscendole da decenni far arrivare alle nuove generazioni un messaggio di speranza, e un insegnamento sulla forza del pensiero capace di superare ogni ostacolo fisico, etico, umano.

Per questo e per motivi diversi le ringrazio per avermi concesso la loro amicizia disinteressata.

Un Museo e una Donna. Joseph Beuys e Lucrezia de Domizio Durini

La conosco da decenni ed è l’unica persona che mi stupisce ad ogni incontro per la sua imprevedibilità e per la forza che infonde al pensiero e alla sua immutata volontà d’azione, ai progetti e alla sperimentazione culturale.

Lucrezia è un solido geometrico complesso, sfaccettato, pieno di segreti nascosti e di potenzialità ancora inespresse, simile a quando cominciò ad occuparsi d’arte contemporanea, attraverso la sua Galleria, e quindi successivamente, dopo l’incontro fondamentale con Beuys.

Non possiamo dire chi ha dato di più se uno o l’altra ma è certo che è molto difficile trovare nel XX secolo un sodalizio, umano, intellettuale e pedagogico di questa densità.

I due giganti della cultura contemporanea si compenetrano fino a diventare un’architettura compiuta, definita che racchiude gran parte dello scibile che si è espresso in quel periodo, attraversando tutte le discipline: arte, architettura, scultura, musica e le loro variegate declinazioni.

Il suo lavoro non conosce sosta, non comprende distrazioni di sorta come in un rapporto amoroso esclusivo che trova l’idea assoluta della creazione nel grande maestro tedesco, ma che in Lucrezia diventa, post-mortem, un percorso sociologico, antropologico e politico, nel senso più alto del termine.

Io non ho avuto il piacere di vederli insieme ma quasi tutto quello che hanno prodotto, in molti anni di umana dialettica è registrato, fotografato, annotato e trasformato in testi che rendono Lucrezia De Domizio uno dei più importanti personaggi dell’arte mondiale.

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Non solo per la capacità di individuare quei percorsi ancora attuali nell’opera di Beuys ma per averli trasformati una complessa lettura della quotidianità e della contemporaneità, a dimostrazione che il progetto culturale De Domizio/Beuys è ormai immortale perché capace di leggere le trasformazioni della società e della cultura.

L’aspetto pedagogico in Lucrezia è una pratica costante, ogni ora della sua lunga giornata è scandita da questa necessità biologica di trasferire sapere, di creare relazioni umane di portare nel mondo l’insegnamento Beuysiano ma mi permetto di aggiungere seguendo la sua personale e orinale interpretazione.

Dal luogo magico di Bolognano, nel cuore d’Abruzzo si irradia nel pianeta la sua lezione perché la linfa dell’artista tedesco ha permeato i cuori di studiosi, critici, artisti ma anche gente comune che ha trovato nel messaggio ecumenico laico e potente lo slancio per poter costruire momenti di riflessione.

Indimenticabili le azioni di Beuys nel paesino abruzzese, la capacità di coinvolge un mondo arcaico e contadino per farlo assurgere a centro colto della produzione delle arti del XX secolo, e ancora non si è spenta l’emozione per quel messaggio per quell’insegnamento, anche ora che stiamo per celebrare il centenario della nascita.

In effetti la vita di Lucrezia sembra una predestinazione, incontri, scomparse (come l’amato marito Buby Durini che ha avuto un ruolo fondamentale nell’ultima parte della vita di Beuys), intuizioni, percorsi sempre all’insegna di una profonda capacità di immagazzinare esperienze, espressioni, stimolazioni.

Anche nel mio incontro con Lucrezia questa volontà di moltiplicare esponenzialmente forme creative diverse e inter-comunicanti, hanno trovato uno dei punti più alti della mia vita professionale, a partire dal progetto del Museo del Tempo Presente, di Milano, presentato alla Kunsthaus di Zurigo.

La capacità di sollecitare, di disvelare le capacità di artisti e creativi fa parte del carattere della De Domizio, perché la sua intuizione quasi sciamanica la porta ad intra-vedere in anticipo, le capacità di quanti si presentano al suo cospetto, come il sottoscritto, per proporle progetti di architettura, o mostre o tanto altro, e di questo molti come me, dovrebbero ringraziarla per la generosità e l’assenza di interesse materiale per tutto il suo enorme lavoro.

Per questo è difficile ma facile, farne un ritratto intellettuale ed umano, completo e complesso anche chi dice o pensa di conoscerla profondamente, perché i suoi amici sono l’arte, la cultura, la ricerca, l’intuizione e le mille idee che anche oggi avrà messo meticolosamente sulla carta, e forse per questo che nessuno è in grado di circoscrivere un’energia così vitale, così inarrestabile.

Non basterebbe un’enciclopedia in più volumi per illustrare l’importanza del rapporto B/LDD, perché l’intensità, la durata e l’impegno costante di anni di lavoro comune non potrebbero mai essere spiegati, oltre a quanto non ha fatto Lei in “Beuys Voice” e nelle altre decine di testi pubblicati negli ultimi decenni.

In ogni rigo, in ogni pagina si scoprono delle grandi o piccole verità che ci aiutano a capire il mondo, l’arte e la creazione culturale ecco perché Lucrezia è anche “l’artista degli artisti”(e di Beuys) in particolare, perché mette in evidenza argomenti e caratteri dell’azione intellettuale come fosse una forma superiore di dialettica filosofica: non si capisce chi è l’artista, il curatore, il critico ma tutto di miscela, si integra, si sovrappone verso un’unità irripetibile, nella cultura occidentale.

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Ma Lucrezia è molto di più di tutto questo come ad esempio una delle forme più elevate di coraggio che si possano trovare nell’universo culturale contemporaneo, scomoda e tagliente, vivacissima e prolifica, polemista e intransigente, è un vero insegnamento per le nuove generazioni che infatti la seguono e la sostengono.

Non le piacciono molte cose e come le donne di carattere, non ama il compromesso e le avventure culturali posticce (di cui è pieno il mondo), ma cerca e ha sempre cercato l’essenza delle cose, oltre gli oggetti, le discipline e il sapere alto.

Ecco perché frequentarla richiede uno sforzo intellettuale ed umano perché la sua intransigenza verso se stessa si riverbera anche verso gli altri cui richiede una concreta volontà di produrre momenti di grandezza che non tutti sono in grado di produrre.

Ma questo è stato ed è il ruolo di Lucrezia che, ribadisco ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’azione beuysiana, nella sua esegesi, nella sua conservazione da cattive interpretazioni, cui artisti di questo livello sono perennemente soggetti.

Posso dire con certezza, per la mia lunga esperienza di frequentazione che Lucrezia ha avuto la fortuna di incontrare Beuys ma è sicuro che Beuys, ha avuto la fortuna di trovare una figura anomala, forte e di immensa onestà intellettuale, in grado di rendere comprensibile e trasferibile il sapere del grande artista tedesco.

Di questo non solo noi ma tutti quelli che l’hanno conosciuta anche solo durante una conferenza dovrebbero ringraziarla, perché è un nutrimento continuo, una formazione permanente che lei continua a regalare con generosità e capacità ineguagliabili.

Non sembri troppo celebrativo questo mio testo perché contrasterebbe con la sua frugale volontà espressiva, per quella semplicità umana che nasconde un abisso di emozioni, di sensazioni e di curiosità intellettuali, e questo è “il mistero di Lucrezia”.

C’è quest’ambito umano, quasi intimo che lei conserva solo per se e che ci induce a non invadere un territorio segreto, un mondo silenzioso e spartano dove allignano le impressioni più profonde, quello sguardo lucido sul mondo capace di insegnare e di sostenere la bellezza e il talento, e credetemi per chi l’ha conosciuto, non riuscirà più a dimenticarlo.

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(Per tutto quello che ho cercato di raccontare, non finirò mai di esserle riconoscente e dunque come le ho promesso, finirò di scrivere il saggio che mi ha commissionato “Beuys_Welt”.)

La nascita della scultura (delle forme e delle anime)*

“Mi chiamo Joseph Beuys, sono nato a Krefeld 12 maggio del 1921.

Non credo di assomigliare a quanti che mi hanno preceduto o che hanno sentito l’ispirazione creativa.

Non ho mai pensato di essere un artista.

Vorrei essere l’agricoltore che coltiva la terra, il contadino che getta il seme sull’humus fertile, il pastore che con il suo gregge cammina verso l’Eurasia, il rabdomante che cerca nella sua Madre Natura, la Pace.

In verità vorrei essere molto di più, voglio essere un uomo, soltanto un uomo.

Voglio discutere e parlare con tutti i miei fratelli del mondo.

Mi chiamo Beuys, mi piacerebbe spiegare agli uomini, che la più grande azione artistica dell’universo è la “vita”, ed è per questo che dobbiamo viverla al massimo delle nostre possibilità.

Ogni uomo è un artista, perché la materia dell’arte è formata da discipline molto diverse che ogni essere umano è in grado di esprimere, nella peculiarità della propria libera energia.

L’arte è nella vita.

La Vita è Arte.

Mi chiamo Joseph Beuys, per il momento ho bisogno di imparare, di studiare, di crescere in questa parte Occidentale della Germania.

So bene che il cammino è lungo e impervio ma da uomo libero ho scelto e “disegnato” quale progetto di vita la mia strada, prestabilita dall’energia cosmica … poi vi è la volontà, il pensare, l’agire.

Sono il Sergente Joseph Beuys, operatore radio-mitragliere della Luftwaffe, col mio pilota, stiamo sorvolando le linee controllate dal nostro esercito, il nostro Stuka, colpito, si schianta in Crimea.

Il mio pilota muore sul colpo, ed io?

Sopravvivo ferito, infreddolito, terrorizzato.

Poi la tribù di Tartari, realtà o leggenda, allucinazione creativa da cui non riuscirò più a staccarmi, io, paradossalmente rinasco mentre sono quasi pronto a morire.

La morte mi ha reso creativo, vivo.

Sono il sergente Joseph Beuys della Luftwaffe ho avuto in dono, dall’orrore della guerra, un messaggio di pace per indicare al mondo devastato dalla nostra cattiveria e dalla sete di potere, una via per salvarsi.

Ora che la guerra sta per finire, ora che l’Uomo sta per rinascere, nel momento in cui la Natura e la Cultura sono nascoste dalle tenebre, dense, oscure, sento di avere un compito.

Ho questo dovere e la speranza di condividerlo con tutti gli Uomini Liberi che incontrerò sul mio cammino.

Lo spero.

*(introduzione a “Beuys_Welt” di Maurizio de Caro, in fase di pubblicazione nel 2021)

“Se un pezzo di natura diventa architettura è perché l’uomo ha sempre sognato di imitarla, ma quasi mai  vi è riuscito”.

Un museo per Joseph Beuys a Bolognano(PE)

Maurizio de Caro Architects & Planners.

La Cultura del progetto ha sempre prevaricato l’ambiente che poi dovrà riceverlo. Da questa possibile acquisizione nasce il conflitto che solo gli artisti, pochi artisti, hanno tentato di sanare.

Joseph Beuys, uno tra i più emblematici e significativi personaggi dell’arte mondiale del secondo dopoguerra, ha posto la Natura al centro della sua intera esistenza. Non ha invento nessun metodo, ha lavorato generosamente nell’intera sua vita per il miglioramento dei metodi esistenti nella società. Sempre per il Bene Comune.

 La Natura era per il Maestro tedesco il suo manifesto politico, il suo progetto economico, un disegno ambientale ed ecologico rivolto ad una evoluzione umana L’Unità nelle Diversità .

Joseph Beuys negli ultimi 15 anni di vita è riuscito a realizzare quella sintesi assoluta che lo ha portato a creare l’operazione Difesa della Natura a Bolognano, un piccolo pezzo di terra abruzzese, luogo simbolo e metafora di tutto il suo lavoro di ricerca: La sua ARTE TOTALE.

Lucrezia De Domizio Durini che ha collaborato in linea diretta con l’insigne Maestro, ha voluto fortemente la “Casa di Beuys”, nella famosa Piantagione Paradise.

Conoscendo il mio lungo rapporto con Beuys e l’intensa condivisione al suo regale pensiero mi ha commissionato il Progetto.

Il Museo che ho immaginato non fa altro che leggere le istruzioni che il Maestro mi ha inviato da qualche parte del cosmo affinché si potesse concretizzare per i posteri a Bolognano

                                                            Il Paese della Cultura Nella Natura (J.B.).

Il Progetto è formato da due schegge volumetriche contrapposte, due massi di legno di abete posti ad altezze diverse, uno in prossimità della strada d’ingresso (via Santa Liberata), l’altro verso lo strapiombo della valle dell’Orta.

I due volumi sono collegati tra loro da tre percorsi orografici che li interconnettono e che rappresentano le principali tematiche interdisciplinari dell’opera beuysiana (Natura, politica, ecologia, economia, filosofia, scienza etc).

I tracciati concettuali seguono l’andamento scosceso della collina ne riproducono artificialmente l’orografia.

Lo spazio finale, sospeso sulla Valle, è quello dedicato all’Arte che contiene, sintetizza e transustanzia tutte le altre discipline che lo spettatore potrà attraversare in totale libertà.

Alla fine del Progetto una grande vetrata riporta l’Architettura alla Natura che l’ha generata, in un contino spazio-temporale.

I materiali usati sono legno di abete antisismico trattato, vetro e pietra locale.


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