“Apparentemente povero. Quasi completamente formato da un accordo. Volutamente percussivo…divide e sottrae risonanze, con per noi una tecnica di rilascio. Ha bisogno di un ascolto che definirei meta-analitico, a favore di una non-spazialità a-temporale”. Commento al brano Za dall’album “.

Franco Battiato. 1977


La musica e la ricerca di Franco Battiato assomigliano ad un arcipelago formato da isole molto diverse tra loro che, pensavamo erroneamente di conoscere ma che ad ogni attraversamento ci pongono scenari, interrogativi spazio-temporali e suoni che possono divenire affettuosamente comuni o totalmente sconosciuti.

Di fatto Franco Battiato rimane un mistero, anche oggi che a 76 anni la sua parabola culturale si è compiuta dopo aver toccato e metabolizzato molti aspetti dello scibile umano e dopo aver dato a molte delle discipline artistiche (musica sinfonica, leggera, operistica e sperimentale, letteratura, cinema, e tanto altro), forma e sostanza originali.

Sarebbe dunque leggermente retorico privilegiare una chiave di lettura rispetto alle sfaccettature del suo pensiero, se pensate che soltanto la sua enorme discografia composta da decine di album comprende lavori apparentemente contraddittori quali Pollution, Sulle corde di Aries, o L’era del cinghiale bianco, o fleurs o Inneres auge, ma anche opere come Genesi, Gilgamesh, e addirittura colonne sonore come quella per il film su Benvenuto Cellini.

“Son felice di essere un beta
il mio giorno non è duro
dentro il mare mi posso vestire
dai gamma e dai delta
farmi ubbidire.
Quando gioco non rompo mai niente
la violenza non ho nella mente
la violenza non ho nella mente
la violenza non ho nella mente.
Dentro di me vivono la mia identica vita
dei microrganismi che non sanno
di appartenere al mio corpo…
Io a quale corpo appartengo?”

Beta. Pollution. 1972
franco battiato
Beta. Pollution. 1972

Allora premio Stockhausen nel ’79, ma primo in classifica e primo autore italiano a vendere oltre un milione di copie di un album (L’era del Cinghiale Bianco), lavora e suona con orchestre sinfoniche ai quattro angoli del mondo, e con strumentisti di raffinatissima estrazione, come il violinista Giusto Pio ma poi si sposta verso la poesia, la filosofia e la letteratura alta attraverso il sodalizio col filosofo Manlio Sgalambro.

Il mistero non si svela perché Battiato è a tutti gli effetti un epigono di Cage, di Xenakis, di Ligeti ma assomiglia tanto ai grandi cantautori italiani che ammira a cui dedica un album di cover, senza mai perdere questa necessità di essere comunque unico e non classificabile in nessuna, sia pur complessa, categoria.

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E come se Arvo Pärt avesse composto anche canzoni popolari, oltre alle sinfonie, ma rispetto alla musica colta è lui stesso a scherzare perché: “la musica contemporanea, mi butta giù”, come se niente potesse intaccare l’ironia profonda e irriverente, anche quando compone opere liriche eseguite nei teatri più importanti del pianeta.

Ma Battiato sa anche definire sinteticamente lo stato d’animo di una persona o di un popolo, usando parole non retoriche, ferme, impegnative che lucidano lo strato più profondo delle coscienze sopite, come nella quasi liturgica “Povera patria” dove la malinconia e l’amarezza creano un tessuto armonico di raro spessore morale: un manifesto etico-simbolico.

“Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te”

Con “La cura” affronta la romanza d’amore come fosse un’aria non convenzionale, definendo la filosofia e lo scopo della devozione nei confronti di un “altro” generico, che supera i concetti tradizionali di ogni “frammento di un discorso amoroso”, unendo umano e divino in un percorso ciclico, irreversibile e compiuto. Gli argomenti del suo decennale percorso musicale e intellettuale sono sempre imprevedibili ma incidono la carne viva dell’espressione contemporanea fino a rendere ogni progetto sonoro, lirico, o letterario la conferma di una inarrestabile “ricerca gentile”, in attesa di un passo in avanti che si è interrotto per sempre, in questo giorno di maggio.

Di un artista così poliedrico restano enormi testimonianze che tracceranno anche gli anni a venire e forse consentiranno di approfondire aree appena accennate o non sviluppate fino in fondo, perché la separazione tra ricerca elettronica e tanto altro non sempre è stata giudicata con attenzione e con reali capacità analitiche.
La ricchezza di tali materiali meriterebbe approfondimenti ben più ampi di queste poche righe ma è evidente quanto si possa scoprire dietro “le ombre luminose” di ogni suo progetto, e di quanta novità si nasconda dietro apparenti schemi letterari da “canzonetta leggera , leggera”, e questo è un fenomeno che pone Battiato in una solitudine creatrice etica ed estetica perfetta. Basterebbe il testo di Pollution(1972) per sintetizzare una ricerca:

“La portata di un condotto
è il volume liquido
Che passa in una sua sezione
Nell’unità di tempo:
E si ottiene moltiplicando

La sezione perpendicolare
Per la velocità che avrai del liquido.
A regime permanente
La portata è costante
Attraverso una sezione del condotto.
Atomi dell’idrogeno
Campi elettrici ioni-isofoto
Radio litio-atomico
Gas magnetico.
Ti sei mai chiesto quale funzione hai?”

Già mezzo secolo fa Battiato ci invitava a prendere una posizione, a dare senso e senso compiuto alle nostre esistenze e tutta la sua artistica sarà legata a questa invocazione, sia nel tragitto intellettuale che in quello musicale, perché oltre a cambiare i paradigmi, vuole trasformare le finalità esistenziali.

Franco Battiato – Pubblicità Busnelli anni ’70

Se questo vi appare un bizzarro autore di canzoni probabilmente siamo molto lontani dall’aver raggiunto il traguardo che lo Sciamano ci ha posto che è nella grandezza del messaggio filosofico che si compone di tanti strati semantici differenti: dall’alto al basso, dal basso all’alto ma sempre molto, molto lontani da quella verità che si è portato con se (almeno per ora), alle pendici del Vulcano.

“Ma l’ animale che mi porto dentro
non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni
e non si arrende mai e non sa attendere
e l’ animale che mi porto dentro vuole te”.

L’animale.1985.Mondi Lontanissimi

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