“Sezione aurea. Proporzione geometrica ritenuta la legge universale che sta alla base dell’armonia. Si basa sulla divisione di un segmento C somma di due parti A e B in modo da ottenere la proporzione C:A=A:B” (Dizionario dei termini artistici).
“Formule per leggere il mondo” è l’agilissima collana proposta dalle edizioni Il Mulino che raccoglie i preziosi contributi di docenti e studiosi invitati a rappresentare la realtà attraverso i numeri (e le loro speculazioni matematiche). Tra questi: Edoardo Boncinelli, fisico e genetista (“Il principio di indeterminazione”), lo scrittore e chimico Marco Malvaldi (“Il secondo principio”), l’architetto e accademico di San Luca Franco Purini (“La sezione aurea”).
In questo volume, l’intenzione dell’autore non è tanto spiegare cosa sia la “Divina proporzione”, talmente nota da non richiedere una ennesima descrizione o un’interpretazione originale su ciò che essa rappresenta, quanto valutare se e come essa sia ancora oggi operante o rimanga solo qualcosa che è stata fondamentale ma che attualmente non è più al centro delle scritture artistiche, addirittura: “Credo sia necessario – precisa Purini – non limitarsi alla sezione aurea come argomento centrale per le arti figurative e l’arte architettonica, ma leggere la sua presenza in tutta la struttura dell’Universo”.
E non si tratta di discutere di estetica numerica, ma di attribuire una sorta di “sacralità” a questo rapporto AB=1,618xBC, rendendo la sua essenza proporzionale di molto superiore rispetto ad altri calcoli e applicazioni. L’autore la definisce “spiritualità nativa” e aggiunge: “L’ambigua vicinanza alle esigenze dei mass media; la velocità del consumo di immagini; la pressione del mercato; il succedersi ravvicinato delle mode; l’allusione a una totalità formale che si perde in un problematico esperanto disegnano un panorama che non sembra scaturire, come credo sia giusto, dalla presenza di invarianti principi primi, ma li rifiuta decisamente a favore di esplorazioni sradicate, itineranti, caotiche, prive di un reale obiettivo” (in una parola: sgangherate).
L’idea di architettura, quella che come pensava Schopenhauer, si esprime all’interno della dialettica tra carichi e sostegni, oggi sembra sostituita da una indefinibile eleganza, dalla correttezza tecnica, dall’unicità del risultato, da una generale atopia, da una “competizione” tra edifici alla ricerca di una unicità assoluta, in sintesi: “L’essenza dell’abitare nel quale il nuovo nasce dal passato e da un conoscere evolutivo del presente si è quasi del tutto perduta. In un processo di continua metamorfosi ciò che è stato ci rivela invece nuove potenzialità consentendoci di pensare il futuro nei termini di una sorprendente continuità con ciò che l’ha preceduto”.
L’autore non disconosce che anche il pensiero scientifico abbia un suo versante ideativo, una sua intrinseca attitudine a superare i parametri e i fenomeni fisici, così come l’arte ha una sua scientificità, alimentandosi di procedure logiche per raggiungere il proprio fine poetico. Ma si arrende al comprendere se la sezione aurea sia un a priori universale, scoperto da infinite domande da parte dell’uomo, o un a posteriori, una sovrapposizione a ciò che è e si vede e che ha come conseguenza una rappresentazione o una interpretazione artificiale. Ma forse questo è il segno che in ognuno di noi convivono aspetti caotici e incidentali con la ricerca (continua?) di fondamenti solidi e concettuali.
