Dedicato a Raymond Russel, (Parigi 1877 – Palermo 1933) scrittore patafisico e proto-surrealista.

“Locus solus”, LUOGO SOLO, nel senso di solitario e di unico, nonché di luogo puramente immaginario, costruito su una impossibilità di fondo: l’impossibilità di coniugarsi alla realtà e, pertanto, di esistere in un luogo diverso da quello dell’invenzione linguistica.

Un testo, alcune semplici parole che saranno incise in alcuni “luoghi soli” del mediterraneo. Sette piccole architetture, poste in alcune piazze di Algeri, Tunisi, Barcellona, Palermo, Istanbul, e Alessandria d’Egitto.

SEI installazioni in marmo bianco di dimensioni diverse, prismi sghembi appoggiati (forse scagliati) al centro di piazze in sei città del Mediterraneo, il mare “nostro”.

Su ogni prisma è incisa in cinque lingue (italiano, francese, spagnolo, turco, arabo) l’epigrafe composta da sette versi.

Ho attraversato il Mare.

Senza una meta apparente

Ho guardato alle rive sconosciute

Che così familiari mi apparivano, al buio

Ma ora che vedo altre luci

Ora che sento i  suoni di  altre lingue

Questo approdo è molto meno sicuro di questo viaggio( in questa notte stellata).

J’ai traversé la mer.

Sans but apparent

J’ai regardé vers les rivages inconnus

Qui m’a semblé si familier dans le noir

Mais maintenant que je vois d’autres lumières

Maintenant que j’entends les sons d’autres langues

Cet atterrissage est beaucoup moins sûr que ce voyage (en cette nuit étoilée).

Crucé el mar.

Sin un objetivo aparente

Miré a las costas desconocidas

Que me parecía tan familiar en la oscuridad

Pero ahora que veo otras luces

Ahora que escucho los sonidos de otros idiomas

Este aterrizaje es mucho menos seguro que este viaje (en esta noche estrellada).

denizi geçtim.

Belirgin bir hedef olmadan

Bilinmeyen kıyılara baktım

Karanlıkta bana çok tanıdık gelen kimdi

Ama şimdi diğer ışıkları gördüğüme göre

Şimdi diğer dillerin seslerini duyduğuma göre

Bu iniş, bu yolculuktan (bu yıldızlı gecede) çok daha az güvenlidir.

عبرت البحر.

بدون هدف واضح

نظرت إلى الشواطئ المجهولة

الذي بدا لي مألوفا جدا في الظلام

بعد أن رأيت أضواء أخرى

الآن بعد أن سمعت أصوات لغات أخرى

هذه الرحلة من السماء ، كانت هذه الدعامة.

eabart albahra.

bidun hadaf wadih

nazart ‘iilaa alshawati almajhula

aladhi bada li malufan jidana fi alzalam

baed ‘an ra’ayt ‘adwa’an ‘ukhraa

alan baed ‘an samieat ‘aswat lughat ‘ukhraa

hadhih alrihlat min alsama’ , kanat hadhih aldaeamatu.

Una città composta da tante città, luoghi di mare, punti del Mediterraneo, simboli della nostra memoria, antichissimi porti d’approdo, e momenti di scambio culturale e commerciale, uniti da un unico percorso/tracciato fino a formare un luogo ideale grande come il mare e frutto della fusione di tutte le culture che questo luogo mitologico ha espresso negli ultimi millenni.

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A Palermo finisce l’esistenza di Raymond Russel cantore dello stupore, e di luoghi immaginari come questa Città che ha nelle sue sei piazze scelte, sei monumenti alla tragedia della migrazione e un testo poetico in cinque lingue.

Ora il locus solus non sarà più un luogo solo, solitario unico ma il punto di contatto tra tutte le città che compongono una Città grande come il mediterraneo.

(Ho immaginato che anche un tema così drammatico debba avere il suo riverbero nell’ambito simbolico, concettuale per la ricerca di un luogo così concreto ma così linguistico, letterario).

Locus Solus è un romanzo sulla ricerca della meraviglia, dello straordinario, dell’impossibile visibile e chiama i “luoghi fisici, architettonici, urbani” allo scambio di suoni, alla dialettica delle parole che non si perderanno attraversando il Nostro Mare, ma andranno a colonizzare intellettualmente i sette punti di approdo come memoria, monito e speranza.

L’architettura può sussurrare l’inesprimibile senza per questo ambire ad essere semplicemente arte.

Note della redazione

“Abitare la terra” è il solo modo riconosciuto e legittimato, da un filosofo come Heidegger, di radicamento e custodia dell’essere. Quella Terrestre diventa dunque l’unica dimensione di comunità umana, e si fa identità dell’uomo in quanto abitante il suolo. Ne siamo ancora così dogmaticamente convinti? Cosa ci spinge a guardare oltre I limiti del finis terrae, alla ricerca di un’identità proiettata/costruita, la nostra, oltre la linea d’orizzonte dove il globo Terrestre sembra appena sfiorare quello acquoreo (come lo definisce Regazzoni nel suo diario liquido Oceano).

Mare Nostrum non separa bensì unisce due lembi di terra tra Calabria e Sicilia da sempre considerati avamposti della classicità ,“suoli originari” come li definirebbe Husserl.

Luoghi di partenza e approdo al tempo stesso, terra di miti e locus solus dal quale partire verso l’ignoto futuro ancora da costruire, seppur immaginato e sognato, scomposto e ricomposto in una miriade di frammenti notturni. Locus verso il quale fare ritorno, oggi, nella speranza di trovare il proprio posto nel mondo e nella storia (fa eco il grido“donne-moi una place”). Un luogo dove poter ricostruire la propria identità perduta, dimenticata o semplicemente ferita.

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Un viaggio, fisico e virtuale, intrapreso da un manipolo di creativi umanisti sotto lo bandiera della forza incisiva del linguaggio, “il sole dentro la penna” un lungo racconto di pura immaginazione generato dall’idioma e sospinto dalle regole. Così come l’architettura incarna il linguaggio poetico, anch’esso diretto da un Sistema di regole che lo contiene e di cui è contenuto. In questo progetto site-specific, al confine tra architettura, arte e scultura,  simboli semantici, semiotici e fonetici incidono forme e volume prismatici. Dettagli, angoli, linee distorte che avrebbero stupito l’autore francese di Impressions d’Afrique. Macchine architettoniche che respirano le atmosfere dense e salmastre alitate dallo Stretto di Messina.    

La finzione, come grande spettacolo della vita (e dell’architettura potremmo aggiungere) era la più potente arma di Roussel, il gioco di specchi in cui si riflette una complessa architettura (fatta d’intrecci, di enigmi e parentesi tonde) nella quale si ritrovano città del mondo che, oramai, sempre più si rassomigliano.

Il senso delle meraviglia, forse la vetta più alta da raggiungere per la filosofia, ben oltre la sete di sapere e l’amore per la conoscenza, si schiude dietro i cancelli di quel parco fantastico e lisergico fuoriuscito dalla mente psicotica di Russel. Dietro quel cancello rimane gelosamente custodito il mistero e l’incanto che anima le opere disseminate da Umanesimo in sei città mediterranee, forse lontane eredi di quelle Impressioni d’Africa di cui ha trattato l’autore il cui viaggio inizia a Parigi per concludersi a Palermo.        

Un intervento totemico, marmorizzato da Umanesimo e Sesamo Lab, a testimonianza di una sorta di fiducia neo-positivista nella potenzialità dell’uomo-progettista di conoscere e trasformare il mondo che lo circonda, di apprenderne le leggi e le regole sottese ad un ordine costituito, che si tenta di ridisegnare con la penna dell’ironia, di quella leggerezza pensosa coniata da Calvino.       

Russel chiede alle parole di creare oggetti visibili e interroga le cose, Umanesimo scrive l’architettura attraverso elementi geometrici, poliedri “sghembi” che provano a raccontare la realtà unendo i punti sulla mappa geo-linguististica di luoghi distanti o vicini tra loro.         


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