In una lettera a Papa Leone X, Raffaello, che la firma con Baldassarre Castiglione, a proposito del suo studio dell’architettura degli “animi antichi” e delle rovine di Roma scrive: “Mi dà grandissimo piacere, per la cognizione di cosa tanto eccellente, e grandissimo dolore, vedendo quasi il cadavere di quella nobil patria, che è stata regina del mondo, così miseramente lacerato. […] Parve che il tempo, come invidioso della gloria de’ mortali, non confidatosi pienamente delle sue forze sole, si accordasse con la fortuna e con li profani e scellerati Barbari. […] Non deve adunque essere tra gli ultimi pensieri di Vostra Santità lo aver cura che quel poco che resta di questa antica madre della gloria e della grandezza italiana non sia estirpato e guasto dalli maligni e ignoranti” (1519).
Sono passati cinque secoli e siamo ancora a dibattere sull’importanza della cultura, della storia, del territorio, delle risorse. Danno alcuni suggerimenti nel “Manifesto per riabitare l’Italia” Domenico Cersosimo, ordinario di Economia applicata all’Università della Calabria, e Carmine Donzelli, fondatore della omonima casa editrice, che in 10 punti tracciano delle linee guida contro le crescenti difficoltà delle città e delle montagne, dell’agricoltura intensiva e della deindustrializzazione, dei distretti e delle coste deturpate dalle seconde case in abbandono, consapevoli che: “Globalizzazione, tecnologia, equilibri geopolitici, migrazioni avrebbero richiesto un salto di qualità nell’analisi e nell’azione. È avvenuto l’opposto”. Né la tecnologia può ridisegnare le regole, immaginando nuovi standard e nuovi servizi e neppure fondata sembra la convinzione che spetti allo Stato correggere il mercato anziché indirizzarlo verso obiettivi strategici (vedi l’illusione di poter far fronte al disagio sociale attraverso sussidi piuttosto che analizzarne e rimuoverne le cause).
Forse bisognerebbe iniziare a parlare di Italie più che di Italia, per il suo policentrismo territoriale, antropologico, sociale e culturale: paesaggi, climi, economie, dialetti, gastronomie, agricolture, istituzioni: “La varietà – dicono gli autori – è la principale fonte della specificità distintiva del Paese e anche del suo vantaggio competitivo”. E aggiungono: “Ma non può essere il localismo l’orizzonte concettuale da auspicare. Al contrario, l’obiettivo è la conquista di strumenti, modalità, politiche per mettere in rete le Italie fragili, facendole interagire tra di loro e con il più generale contesto del Paese”.
Il volume si completa con la descrizione di ventotto parole chiave, affidate ad altrettante firme, che vanno da “abbandoni” a “terra” passando, tra le altre, per “accessibilità”, “boschi” (passati da ambienti ostili a risorsa da sfruttare), “cura” (non solo della salute, ma nche del territorio: Taranto), “immaginazione”, “luoghi”, “persona”, “scuola” (forse la più importante di tutte).
Un’immaginazione di tipo culturale deve accompagnarsi anche a un’immaginazione scientifica. Da Manifesto per riabitare l’Italia @DonzelliEditore via #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/
Manifesto per riabitare l’Italia
Domenico Cersosimo, Carmine Donzelli
Donzelli Editore, 2020
pp. 272
Isbn 9788855221092
di Danilo Premoli – Office Observer
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