Come i giganti Nembrot, Fialte, Briareo, Anteo, Tifeo e Tizio troneggiano sul profondo pozzo posto al centro delle Malebolge dantesche, così le quattordici torri di Monteriggioni, dopo più di ottocento anni, continuano a soggiogare tutti coloro che vi posano lo sguardo.
Monteriggioni, borgo toscano che domina il sistema collinare noto come Montagnola Senese e oggi detentore della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, fu fondato sui resti di un’antica fattoria longobarda, un Montis Regis di proprietà regale o che forse godeva di esenzioni da parte della corona.
Fu voluto nel 1213 dal podestà Guelfo da Porcari, intenzionato a rafforzare il sistema difensivo della sua Siena nell’eterna lotta contro Firenze. Ma, se fino a quel momento era bastato acquistare castelli già esistenti e ristrutturarli, per quel Monte Ala – posto lungo la via Francigena che conduceva i pellegrini fino in Terra Santa – i senesi avevano in mente ben altri piani, di carattere militare più che civile.
Ed ecco che all’immagine dell’oggi ridente e pacifico borgo medievale si sostituisce quella terribile e soverchiante di una vera e propria fortezza, capace di resistere alle fiamme, al fuoco e alle cannonate dei nemici. Una rocca, sulla cui cinta muraria ellittica lunga ben 570 metri brulicavano arcieri e attendenti, cingendo il Monte Ala di una corona infernale, di fronte alla quale gli assedianti, scorati, non potevano che soccombere.
Fu proprio questa l’immagine che colpì Dante Alighieri, sopraggiunto nei pressi di Monteriggioni durante una delle tante battaglie tra senesi e fiorentini. Ne rimase così impressionato che, nella sua Commedia, riprese il profilo del borgo per descrivere il modo in cui i Giganti siedono nel cerchio delle Malebolge, affacciato su un pozzo profondissimo: «Come in su la cerchia tonda / Monteriggioni di torri si corona, / così [‘n] la proda che ‘l pozzo circonda / torreggiavan di mezza la persona / li orribili giganti, cui minaccia / Giove del cielo ancora quando tona. (Inferno XXXI, 40-45).
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D’altronde sembra che Monteriggioni non sia mai stata espugnata: l’abitato, nettamente separato dalla cinta muraria da una fascia di rispetto, aveva un solo asse viario che, tagliandolo da est a ovest, limitava a un numero di due i collegamenti verso l’esterno. Le due porte della città erano protette da saracinesche lignee ricoperte di ferro, le cui tracce – i segni dei cardini e i fori dei chiavistelli – sono visibili ancora oggi.
Monterriggioni ha ispirato una delle possibili declinazioni della collezione parquet Heritage Filigrana di Listone Giordano, volta ad un’interpretazione attuale di un materiale ancestrale come il legno. Una pavimentazione dalla personalità calda e suadente, che coniuga eleganza a tradizioni antiche.
Porta San Giovanni, in particolare, mostra anche tracce del rivellino, una struttura difensiva posta di fronte alla porta stessa e protetta da un ponte levatoio o da un’ulteriore porta corazzata. Tutto intorno fiorivano le carbonaie, delle fosse riempite di carbone destinato a essere incendiato qualora i nemici si fossero avvicinati troppo. È vero, non c’è accordo sulla presenza di un ponte levatoio, ma sappiamo che tra il 1400 e il 1500 le mura furono adeguate così da fronteggiare le moderne invenzioni dell’arte bellica: furono infatti interrate affinché resistessero ai colpi della nuovissima e devastante artiglieria.
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Monteriggioni era un nemico invincibile e imprendibile; ma come ogni grande avversario, a farlo capitolare non fu tanto la sua imperizia o impreparazione, ma una serpe in seno. Il 27 aprile del 1554, Monteriggioni fu ceduto dal capitano Bernardino Zeti, fuoriuscito fiorentino, al Marchese di Marignano il quale, un anno più tardi, sconfisse definitivamente la Repubblica di Siena. Questo evento, dopo secoli di strenue lotte di vicinato, viene considerato dagli storici l’episodio che segna la fine dell’epoca comunale in Italia, a dimostrazione di quanto fosse strategica e fondamentale la presenza di questo piccolo ma granitico borgo nella regolazione dei rapporti tra potenti.
Oggi Monteriggioni conserva, a uso dei posteri, due anime, che sono opposte ma al tempo stesso figlie del loro tempo: una è quella che lo rende una tappa imperdibile della Via Francigena (la numero 32), così come è stata individuata dal Consiglio d’Europa. C’è un percorso, da fare a piedi, che ne collega Piazza Roma con Piazza del Campo, a Siena; in questo senso il borgo si inserisce anche in un prezioso progetto di ricostruzione territoriale del paesaggio medievale.
La seconda anima, imprescindibile dalla prima, è quella che collegata alla possibilità di visitare il Museo delle Armature e delle Armi e di percorrere due tratti di mura, godendo del panorama del Chianti e della Montagnola Senese. Un percorso di indubbio fascino su cui aleggia, dopo oltre ottocento anni, lo spirito belligerante che diede i natali a Monteriggioni, castello-fortezza incastonato tra le colline senesi.
In collaborazione con la Redazione di About Umbria
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