Robot the human project

Irrinunciabile introduzione: pubblicato a marzo del 2020, il volume “Robot. The Human Project” oggi, finalmente, accompagna la mostra (visitabile!) che con l’identico titolo è ospitata nelle sale del Mudec di Milano; promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore, in collaborazione con la Fondazione Deloitte, l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (principale istituto universitario dedicato alla ricerca sulla robotica in Italia) e con il supporto tecnico e scientifico dell’IIT Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e realizzata grazie al sostegno di Gruppo Unipol. Mostra e catalogo sono curati da Alberto Mazzoni, fisico e bioingegnere, responsabile scientifico del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Antonio Marazzi, antropologo, professore ordinario di Antropologia Culturale e Direttore del corso di perfezionamento in Antropologia Culturale e Sociale presso l’Università di Padova; Lavinia Galli, storica dell’arte e conservatrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

La scientificità della pubblicazione è assicurata anche dai contributi dei diversi curatori che firmano i brevi saggi introduttivi di un percorso storico che partendo dalla Grecia classica si snoda tra le macchine astronomiche e scenografiche del mondo arabo e le invenzioni di Leonardo, passando poi alle Wunderkammern barocche, fino a giungere agli automi settecenteschi e ai prodotti della grande orologeria svizzera del secolo XIX, dalle cui competenze tecniche non è difficile far discendere gli androidi.

Robot. The Human Project
Robot. The Human Project

Segue lo scenario di oggi, segnato dal passaggio dagli automi ai robot, dalla meraviglia all’utile, dalla meccanica all’elettronica, con le applicazione in vari campi: quello medico, con organi artificiali, esoscheletri riabilitativi, arti bionici, fino alle nuove frontiere della medicina bioelettronica; quello lavorativo, dove sempre più spazio è dato ai robot umanoidi (cobot: collaborative robot); quello relazionale, regno dei robot da compagnia, capaci di interagire con le dinamiche psicologiche dei loro interlocutori. Si toccano infine alcuni temi di controversa attualità, dove gli aspetti tecnologici si intrecciano con quelli etici e sociali, come l’uso militare dei droni, le ricerche sull’intelligenza artificiale (AI) e la realtà dei cyborg, umani con innesti artificiali.

“Ottenere che la gente si fidi dei robot è una sfida enorme – scrive Ben Russell nel capitolo “Tu, Robot”-, perché si tratta di macchine profondamente inquietanti. Nell’apparenza e nei movimenti danno l’impressione di essere vivi, ma non del tutto, le loro risposte sono leggermente innaturali”. Quando diamo vita agli oggetti, tendiamo a plasmarla a nostra immagine e somiglianza, siamo affascinati dai nostri corpi, dalle nostre mani, dalle nostre abilità e dalla natura che ci ispira con la morfologia delle diverse specie sul terreno, in aria, negli oceani (in questo caso si parla di zooidi, androidi di forma animale).

Il che genera anche problemi non da poco: se la bioetica si chiede quanta parte del corpo può essere persa per continuare a dichiarare un individuo vivo (il pensiero va alla meravigliosa Seven of Nine, borg dell’universo di Star Trek), la bionica si domanda quanta parte di un uomo può essere sostituita con artefatti prima che vi sia una discontinuità con l’individuo precedente.

Robot. The Human Project

In chiusura del volume una galleria fotografica della robot invasion di questo millennio dimostra che ormai la memoria collettiva ha fatto propria una serie di riferimenti tra cinema, fantascienza, fumetti, cartoni animati, merchandising e videogiochi: “Non capisco perché la gente è spaventata dalle nuove idee – ha detto John Cage – perché io sono spaventato da quelle vecchie”. E forse sorprende il fatto che la prima edizione di Pinocchio uscì quando venivano contemporaneamente prodotte bambole di lusso, anche di grandi dimensioni, animate da meccanismi sofisticati.

“Gli automi non si annoiano, non hanno paura, non sentono la pressione del tempo e del bisogno” (Maurizio Ferraris, “Documanità. Filosofia del mondo nuovo”); però, alla fine: “Tutti quei momenti andranno perduti per sempre, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”. Breve la vita e nemmeno troppo felice di Nexus 6.

 
 
TWITTA:

TwittaChiedersi se un robot ha una coscienza è come chiedersi quant’è la superficie di un rimorso. Da Robot. The Human Project @24ORECultura via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/author/danilopremoli/

TwittaI robot ci fanno riflettere sulle nostre motivazioni come essere umani e su come trattarci reciprocamente. Da Robot. The Human Project @24ORECultura via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/author/danilopremoli/

TwittaPrima di essere un artefatto, una macchina è un’emergenza culturale. Da Robot. The Human Project @24ORECultura via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/author/danilopremoli/

TwittaPer rendersi accettabili a livello sociale i robot non devono essere solamente funzionali ma anche inutilmente belli. Da Robot. The Human Project @24ORECultura via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/author/danilopremoli/

TwittaGli automi sono in grado di suscitare un’illusione di vita al contempo meravigliosa e conturbante. Da Robot. The Human Project @24ORECultura via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://www.listonegiordano.com/one/author/danilopremoli/

 
 
A cura di Alberto Mazzoni, Antonio Marazzi e Lavinia Galli
Robot. The Human Project
24ORE Cultura, 2020
pp. 208, ill.
Isbn 9788866484431
 
di Danilo Premoli – Office Observer  
 
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