In occasione dei 500 anni dalla nascita di Thadea, è andato in scena l’affascinante ed intenso reading teatrale (promosso dalla Fondazione Giordano) tratto dal testo inedito di Maria Grazia Calandrone, “Solo per la Verità. Minima, Indegnia et inutilissima serva Tadea”. L’autrice, che ne è anche voce narrante, era accompagnata dalle musiche dal vivo del quartetto d’archi UmbriaEnsemble. L’evento ha preso vita nella magnifica scenografia dell’abside maggiore di San Francesco a Montefalco, impreziosita dal ciclo di affreschi firmati dal genio di Benozzo Gozzoli.

Maria Grazia Calandrone ripercorre in un serrato dialogo immaginario, declinato in prima persona, la storia segreta che ha per protagonista Thadea nel contesto storico in cui è vissuta. La poetessa e scrittrice confessa: “Il desiderio più pericoloso: essere amata, il desiderio per il quale più che mai rischiamo la delusione e, quindi, il dilagare in noi della disillusione, del cinismo. Se non riusciamo a essere amati, in qualche parte moriamo, muore la nostra fiducia, muore l’innocenza, che era come il sorriso infantile dentro il nostro sorriso”. 

Thadea spettacolo teatrale montefalco

Definirlo un progetto nato tra donne per le donne sarebbe limitativo, ma sicuramente ha molto del cuore delle donne al suo interno. Un donna rinascimentale, nascosta per secoli, dimenticata dalla storia e lasciata ai capricci di un imprevedibile destino dalla sua stessa famiglia, calca in prima assoluta il palcoscenico con indomita forza e il potere suggestivo di un grido soffocato che invoca verità e dignità.

Un inedito spettacolo teatrale con musica dal vivo sulle note de “La morte e la fanciulla” di Schubert e la poesia intima e ispirata di Maria Grazia Calandrone ha restituito corpo e voce ad un’eterea  figura femminile senza volto e senza età. O meglio, i volti potrebbe essere molteplici, ripercorrendo il “viaggio dell’eroe “di Campbell, che trasfigura l’eroe dai mille volti, per l’appunto, in un’eroina. In questo caso contornata da un ressemblement di personaggi ed azioni che molto si avvicinano agli archetipi e costrutti narrativi di Campbell: il mentore, l’antagonista, lo stra-ordinario.

Un ritratto di donna con i colori della poesia, nelle cui vene scorre musica: “dove non arrivano le parole la musica parla”.

Sullo sfondo la sagoma di un uomo ostinato – Andrea Margaritelli – che ha seguito la flebile traccia incisa sull’albero genealogico dell’Archivio di Stato di Perugia, fino a condurlo sui passi di Thadea, e all’ombra del palazzo De’ Cuppis in Piazza Navona – dove la figlia naturale dell’Imperatore Carlo V e di Orsolina “la bella Pennina da Perugia” – visse la sua breve e sfortunata vita coniugale.

Nel presente pensiamo ad una nuova ricollocazione del valore veritativo del corpo e del sentimento della nostra fanciulla. In questa luminosa visione diviene essenziale l’accettazione di una zona di «diversa realtà» all’interno della realtà accettata da Thadea nella sua prima fase di vita.

Un’accettazione che le consente di ammettere l’incommensurabilità, percepita solo tramite un sentimento di privazione, di dispiacere, amalgamato al piacere per una nuova prospettiva; il sentimento che si prospetta è quindi un sentimento estetico, e l’unico sentimento che riunisca il piacere e il suo opposto è il sublime.

Una battaglia dello spirito che vede contrapporsi – a petto aperto – una comunicazione razionale e, dall’altra, il richiamo alla sfera del sentimento e dell’interiorità. Si avverte il soffio del “giudizio riflettente” e della voce del sentimento come superamento della visione razionalistica della storia, una storia individuale che scivola nelle sabbie mobili di una categoria universale.

Thadea era, dunque, destinata a rimanere sepolta dai secoli e dall’oblio imposto dal sangue e del suo sangue. In quel silenzio – quasi monastico-  che era stato la cifra della sua esistenza e che per quasi cinque secoli l’ha resa schiava del suo tempo.

E’ dalle lettere inviate dalla delicata mano di Thadea al fratellastro Felipe II di Spagna, che la sua identità fatta di corpo e anima – si sbozzola e prende forma. Un carteggio epistolare che si posa su quello vergato da ben altra possente mano – quella di Carlo V- che si rivolge alla sua bella amante Perusina con riferimento a “nostra figlia Thadea”. 

Una sorprendente verità storica, che sembra un romanzo di fantasia ma non lo è, ha per protagonisti imperatori, papi, sommi artisti e capitani di ventura. Ma soprattutto donne umili e tenaci.
Da tempo la Fondazione Giordano ha intrapreso un’opera di riscoperta e di valorizzazione della figura di Thadea e degli intrecci storici che la legano all’Umbria e in particolare a Montefalco.

La sua terra, quella umbra, si trova ad essere non semplice spettatrice, bensì co-protagonista di vicende di primo piano che coinvolgono personaggi che plasmano il grande Rinascimento Europeo. Un viaggio nel tempo in un’epoca straordinaria e in luoghi di grande fascino, dal Belgio all’Italia fino in Spagna, in una narrazione che ha come sfondo l’Europa del Cinquecento.

Una storia tutta interiore, appassionata, toccante e a tratti commovente che l’autrice risolleva dalla polvere dei secoli per narrarla attraverso gli occhi della protagonista bambina prima, donna poi. La magia di Maria Grazia Calandrone, poetessa, drammaturga, autrice e scrittrice di fama nazionale, è quella di leggere con sottile introspezione psicologica i pensieri celati nell’anima di Thadea e tradurli in versi lirici, cristallini, ritmati, per restituire a quest’ultima una forza contemporanea che, passo dopo passo, si manifesta nella sua lotta per la libertà di esistere. L’anima dell’universo femminile si svela ad ogni parola, ad ogni sussurro. Thadea diventa così una storia senza tempo che persegue la ricerca della verità come aspirazione assoluta, capace di sconfiggere la condanna alla solitudine e, infine, alla morte terrena. 

Dopo 500 anni esatti dalla sua nascita, Thadea ha fatto sentire al mondo la sua voce e rivelato il segreto della propria identità custodito a caro prezzo, consegnando alla storia il suo vero nome: Thadea d’Asburgo, figlia di Carlo V Imperatore. Rivelando il fascino di un archetipo femminile che racchiude in sé il ruolo di figlia, donna, sposa e vedova, che si trova a dialogare con sé stessa e con il suo passato, facendo riecheggiare il vuoto della mancanza delle persone a lei più care e chiedendo di essere riconosciuta da quel fratellastro ormai suo unico collegamento vivente con il più grande imperatore del Cinquecento europeo.

Per celebrare questa importante ricorrenza La Fondazione Guglielmo Giordano ha dato alle stampe la seconda edizione di “Thadea, la figlia segreta di Carlo V”, in collaborazione con Rubbettino Editore. Il libro contiene alcuni preziosi documenti storici originari, che hanno permesso di togliere ogni dubbio sulla veridicità della storia, provenienti dall’Archivio generale di Simancas, deputato alla conservazione dei documenti della Corona di Castiglia.

Thadea: la storia in breve

La madre di Thadea è la “bella perusina” Orsolina, della nobile famiglia della Penna. Nel primo Cinquecento, durante un viaggio nelle Fiandre, il marito Valentino de’ Cancellieri si ammala e muore. Rimasta sola a Bruxelles, Orsolina riesce a entrare in contatto con il giovane imperatore Carlo V e, nella primavera 1522, resta in dolce attesa di Thadea.

Al ritorno in Italia, la piccola vedrà la luce a Bologna. Durante una breve pausa lungo il tragitto del rientro in patria. Orsolina fece quindi il suo ingresso a Perugia nascondendo la fresca maternità, mentre la cura della neonata fu affidata segretamente alle clarisse del monastero di Collazzone, isolato nelle colline tra Perugia e Todi.

Carlo V non si era affatto dimenticato della propria figlia. Trovandosi nei primi mesi del 1530 in Italia per essere incoronato dal Papa, approfittò dell’occasione per incontrare la piccola Thadea. Come di prassi all’epoca l’imperatore aveva già iniziato a tessere per lei importanti progetti matrimoniali, utili alla sua diplomazia. Nella primavera del 1536 avvenne però l’imprevedibile: gli zii materni della fanciulla, scopertane l’esistenza, forzarono la sua uscita dal monastero per offrirla in sposa a Sinibaldo de Cuppis.

Costui era un giovane rampollo di una delle più antiche famiglie di Montefalco, ascesa in breve tempo ai più alti livelli della corte pontificia, grazie soprattutto a Bernardino, «maestro di casa» della potente famiglia della Rovere, e a suo figlio Giovan Domenico de Cuppis, creato cardinale da Leone X. Informato dei fatti solo a nozze ormai concluse, Carlo V scrisse una lettera molto risentita a Orsolina, accompagnata tuttavia da un appannaggio di 3000 scudi d’oro da destinare a «profitto e utilità» di Thadea.

Gli anni successivi furono funestati da una lunga scia di lutti. Orsolina morì e la giovane Thadea rimase pure vedova: da qui la sua scelta di ritirarsi a “vita appartata” a Roma. Nel 1558 morì anche Carlo V e lei si ritrovò all’istante completamente sola, unica custode di una verità dapprima faticosa da nascondere e poi, da un giorno all’altro, ancora più faticosa da dimostrare. E al solo raggiungimento di questo scopo di ordine morale, l’affermazione della nuda Verità, appunto, dedicherà tutte le energie degli ultimi anni della propria esistenza. Sono vani i tentativi della donna, che fino alla fine si rivolge a Felipe II per chiedere riconosci i propri natali.

Morirà senza riuscirci, sfinita, dopo essersi battuta contro tutto e tutti. Come dimostra la sua firma in calce all’ultima accorata lettera di supplica al suo fratellastro minore, Felipe II, re di Spagna:

«Minima, indegnia et inutilissima serva Tadea».

In verità, Thadea, principessa d’Asburgo, figlia di Carlo V Imperatore.

Una storia di segreti e di donne, in cui Carlo V, l’imperatore del “regno in cui non tramontava mai il sole” ha avuto l’importante ruolo di ago della bilancia.


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