Una riflessione sul design “pedagogico” prende l’abbrivio da un’insolita collezione di giocattoli pensata negli anni Venti da Alma Siedhoff-Buscher; un’esperienza formativa nutrita dal fecondo rapporto tra artigianato e industria, discipline artistiche e produzione industriale, innovazione tecnologica e elaborazione teorica. 

“Apprendere facendo” è il principio del Bauhaus che dà voce ad una visione ampia, integrata e interdisciplinare dell’insegnamento, che apre il dialogo tra laboratori di ceramica e l’arredamento, la fusione del metallo con la decorazione murale, la scultura con la grafica e la tessitura con la materia architettonica.

Alma Siedhoff-Buscher
Alma Siedhoff-Buscher

Nata nel 1899 a Kreuztal in Vestfalia, si diplomò alla scuola di arti applicate facente parte del Museum of Decorative Arts (Kunstgewerbemuseum Berlin). Risale al 1922 il suo ingresso nel Bauhaus di Weimar dove seguì le lezioni di Itten (il suo celebre Vorkurs è stato centrale nello sviluppo pedagogico del Bauhaus. Stimolò i suoi studenti, tra cui Alma, verso un approccio “intuitivo”, influenzato da quelle teorie educative tedesche che integravano il gioco attivo nel processo di apprendimento), Klee e Kandinsky.

Fu un’anima coraggiosa Alma Siedhoff-Buscher, che tra il 1922 e il 1927 a fianco di Marianne Brandt, osò avventurarsi nel laboratorio dei metalli, un terreno di sperimentazione precluso ad altre allieve incoraggiate, invece, ad occuparsi principalmente della tessitura (ricordiamo la virtuosa dell’intreccio Anni Albers con i suoi materiali innovativi: dai tessuti fono-assorbenti a quelli di natura industriale come il cellophane, pur non rinnegando la tradizionale lana). Walter Gropius -uno dei fondatori e timoniere del vascello – caldeggiava l’idea che le donne potessero meglio confrontarsi con modelli bidimensionali (come i meravigliosi tessuti per i rivestimenti, gli arazzi, le tende, i tappeti) piuttosto che sfidare la tridimensionalità di mobili e sculture. L’universo in cui ci muoviamo è animato da oggetti tridimensionali, che diventano estensione diretta della nostra esperienza sensoriale. La designer tedesca costruì un lessico partendo dal linguaggio spontaneo e divertente del disegno, della composizione e della sperimentazione per una nuova mini-enciclopedia dell’abitare.    

Negli anni la Buscher si appassionò agli aspetti pedagogici del design e alla sua taumaturgica capacità educativa nei confronti di giovani menti. Forte di questa convinzione, impregnò di questo spirito tutte le sue prime opere. Tentò il superamento della dimensione narrativa delle fiabe considerata alla stregua di “fardello inutile per piccoli cervelli“, a favore della creazione di giocattoli “chiari e specifici” e contestualmente capaci di esprimersi  “armoniosamente” rispettando accurate proporzioni.

I blocchi lignei da costruzione di Alma Siedhoff-Buscher (I Bauhaus Bauspiel) giocano con forme e dimensioni dando vita ad una barca, una casa, un ponte, o qualsiasi altra cosa, tra cui la composizione dell’Atmosfera Copenaghen (parte della nuova collezione Custom + progettata da Listone Giordano.)  

Il contatto con la materia legno, nel laboratorio di scultura, le permise di progettare i primi mobili per la camera dei bambini nella leggendaria Haus am Horn (fonte di più di qualche ansia per il Direttore Gropius, sudore e fatiche per i docenti e gli allievi investiti dell’onere ed onore di costruire la casa “manifesto” dei principi incarnati dalla scuola). Dagli arredi ai giocattoli e, addirittura, un teatro di marionette e bambole dalla testa in legno manovrate da corde flessibili, la navigazione puntò verso il mare aperto.

Haus am Horn

Nonostante i giornalisti invitati alla grande festa d’inaugurazione masticarono un gusto dolce-amaro alla visita del corpo abitativo, e la stampa non promosse beatamente l’esperimento, furono proprio i giocattoli e l’armadio polifunzionale di Alma a ricevere un unanime plauso. Prova ne è che mentre i mobili dell’Haus am Horn andarono “perduti”, l’armadio dei giocattoli fa bella mostra di sé nella collezione del Museo Bauhaus di Weimar.

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La prima vera commessa della Buscher fu il progetto di arredamento per l’asilo Zeiss di Jena e, sempre nel 1924, i suoi mobili furono protagonisti di convegni, conferenze sulle scuole materne e mostre sul benessere dei più giovani come quella di Turingia.   

Sposa nel 1926 l’attore e ballerino Joost Siedhoff, con il quale segue il Bauhaus a Dessau, condividendo la vita e lo spirito comunitario della scuola. Dopo la laurea la Buscher sceglie la famiglia “a tempo pieno” e le sue creazioni di mobili e giocattoli divennero a tutti gli effetti delle produzioni private ad uso e consumo domestico. Tirature limitate per il suo intimo cerchio di affetti. Alma Siedhoff-Buscher fu vittima di un raid aereo durante la seconda guerra mondiale, ma la poetica testimonianza dei suoi Bauspiele è arrivata fino a noi, viva e lucente, calamitando grandi e piccoli in un’epoca compressa da tecnologie digitali e giocattoli in serie.

Ricordiamo che, quasi miracolosamente, questi capolavori in miniatura (tra cui “Piccolo gioco di costruzione navale composto da 32 pezzi di colorati blocchetti scomponibili e Große Schiffbauspiel realizzato nel 1924, che ne ha 39) sopravvissero alla sua scomparsa e alcuni furono esposti in una mostra a Tokio nel 2016.

Una personale le fu dedicata al Bauhaus Museum dal titolo “Alma Siedhoff-Buscher: a new world for children”. Un mondo a misura di bambino tradotto in curiosi kit di elementi lignei e forme , dimensioni e colori differenti, progettati dalla “pedagoga” della rivoluzionaria scuola per stimolare l’immaginazione infantile attraverso i sensi ed esperire un numero tendente all’infinito di possibili combinazioni. In fondo cos’altro è il design, se non un gioco fatto d’incastri ardimentosi e giustapposizione di linee per conferire forma e intelligenza alla materia (sia essa tangibile o ineffabile?).

Se dovessimo tramandare una sola eredità culturale di questo intenso periodo, potremmo riportare il pensiero di Josef Albers, che il libro di Fox Weber cita: “Distribuire i beni materiali significa condividerli; distribuire i beni spirituali significa moltiplicarli.”

Bruno Munari, una delle figure di spicco dell’arte e del design del secolo scorso, dichiarò di ripercorrere nel suo processo progettuale l’approccio di serietà che hanno i bambini nell’immaginare “mondi”. Riservava un’importante funzione ludica agli oggetti che creava, riconoscendo all’infanzia un certo ruolo di autorità nel campo del design.

Lettura d’ispirazione: uno sguardo al femminile sulla vita in questa “luogo” di cultura e sperimentazione è stato acceso dal romanzo di Theresia Enzensberger La ragazza del Bauhaus, che la racconta dal punto di osservazione di una studentessa. 


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