Anni Albers, l’allieva del Bauhaus che abbracciò il telaio come strumento creativo.

Sì, è esplosa a new Bauhaus Revolution, sull’onda della call lanciata dall’Unione Europea, a cui fa eco il fortunato libro dedicato a Ise Frank “La Signora Bauhaus” riportata in vita dalla scrittura di Jana Revedin.  

Ursula von der Leyen batte il tempo del nuovo Bauhaus europeo, un appello alla “creatività  interdisciplinare, uno spazio d’incontro per progettare futuri modi di vivere, situato al crocevia tra arte, cultura, inclusione sociale, scienza e tecnologia” La parola d’ordine è “nuovo progetto culturale europeo”.

Il saper fare con le proprie mani, la sperimentazione, la libera creatività guidata da grandi nomi genera per autopoiesi il nuovo modello d’insegnamento che scuote le pareti della scuola definita Staatliches Bauhaus. A lei, Annelise Else Frieda Fleischmann nata a Berlino nel 1899 (allieva di Martin Brandenburg, proviene da una ricca famiglia di costruttori di mobili, la madre di nobile discendenza è proprietaria di una potente casa editrice) sono state dedicate retrospettive internazionali: dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia alla Tate Modern di Londra per raccontare uno dopo l’altro i fili che hanno intrecciato la sua vita, trascorsa in parte seduta ad un telaio. Conosciuta ed affermata per il suo utilizzo di nuovi materiali tessili e per le sue incantevoli decorazioni geometriche.

Annie Albers
Annie Albers

Entra nel 1922 a far parte del Bauhaus, una decisione che da lì a breve cambierà il corso della sua vita e faciliterà il fatale incontro con colui che è destinato a diventare il futuro marito Joseph Albers. Un pianeta intorno al quale orbitano protagonisti di primissimo piano del modernismo, tra cui Vassily Kandinsky e Paul Klee.

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Anni considera Klee il suo “dio” e maestro dal quale trae i fondamenti della sua tecnica di complessi e raffinati intrecci: gli elementi formali della pittura si traducono al tocco delle sue sapienti mani in composizioni artistiche disegnate dal ritmo cadenzato del telaio. Sperimenta nuove tecniche e materiali, tra cui ricche e fruscianti sete, tempere per raggiungere un linguaggio astratto, lontano anni luce dai tradizionali soggetti decorativi e floreali in voga al tempo.  Uno stile sintetico, lineare, dominato da quadri, frecce e fasce di colori, motivi geometrici che si ripetono o ruotano in una sorta di danza aerea di alternanze, moltiplicazioni e divisioni sul filo della sua fantasia. 

Questo istituto d’avanguardia dà un forte impulso alla veloce circolazione delle idee, scevra da vincoli e condizionamenti accademici, apre ad un dialogo franco tra docenti e studenti, simbioticamente motivati da una hybris d’innovazione e sperimentazione nelle principali discipline del design industriale e dell’architettura. Ma il terreno del Bauhaus è fertilizzato anche da altre discipline: scultura, fotografia, scenografia, balletto, ma anche gioielleria, falegnameria, tessitoria, tipografia. I professori erano artisti prima di tutto, (Kandinskij e Klee già menzionati in ambito pittorico), Laszlo Moholy-Nagy e la sua compagna Lucia, Albers e Schlemmer, Adolf Meyer, Marcel Breuer, Walter Peterhans.

La scuola fondata da Walter Gropius era aperta al genere femminile, protesa verso un’ideale parità tra i sessi; nella realtà – come testimoniato anche da Ise Frank nel testo della Revedin – si riteneva che il ruolo delle donne non fosse compatibile con alcune materie più pesanti quali il design o la falegnameria, dove si producevano i prototipi degli arredi d’interni, e neanche la pittura. Le studentesse venivano così incoraggiate a seguire i laboratori tessili, dove i tessuti per rivestimenti, tende, arazzi ed altre finiture prendevano forma. Per Anni questo mezzo diventa il suo “fine”, un potente strumento espressivo, per questo dedicherà gran parte della sua vita ad elevarlo a vera e propria forma d’arte. In quella vivace, caotica scuola in continuo divenire l’antica partitura della tessitura a mano venne riscritta in chiave moderna da questa giovane interprete. Un innovativo progetto di tappezzeria fonoassorbente e riflettente alla luce le valse il diploma del Bauhaus; la sua tela iniziava ad animarsi.

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Le sue creazioni spaziano in forme, dimensioni, colori e geometrie: dalla piccola scala ai grandi arazzi, gioielli realizzati con oggetti di uso quotidiano e tessuti progettati per la produzione di massa. Un universo multi-sfaccettato e caleidoscopico, un pianeta d’ intersezione tra arte e artigianato, tessitura a mano e produzione meccanizzata, antico e moderno. Nel suo saggio ‘The Pliable Plane: Textiles in Architecture’ (1957), la Albers promuove «una nuova comprensione tra l’architetto e l’inventivo tessitore»

L’ascesa del Nazismo segnò dolorosamente la fine del Bauhaus, gli Albers – insieme ad altri colleghi di origini ebraiche – decise di fuggire dalla Germania nel 1933 per trovare rifugio negli Stati Uniti, dove ricostituiscono parte del nucleo fondativo ed entrano tra le file della premiere League delle università americane. Joseph Albers venne chiamato da Philip Johnson a insegnare arte al Black Mountain College, istituto all’avanguardia dove si respira un certo “spirito” del Bauhaus, spazio di libertà e sperimentazione aperto all’insegnamento di diverse discipline artistiche ed imbevuto di educazione progressista. 

Da questa sede Anni parte alla volta del Messico, Cile e Perù; viaggi dai quali torna con manufatti preziosi, artistici: artefatti di una collezione embrionale che inizia a prendere forma segnando profondamente la sua identità culturale e professionale. L’arte e l’architettura precolombiana – depositarie di forme geometriche astratte e dinamiche appartenenti ad antiche civiltà – diventano fertile materia d’ispirazione. Una ricerca di principi e valori compositivi da ricondurre nel grembo dell’arte e del design della loro epoca.

Le tessiture di Anni Albers, opere d’arte uniche ed irripetibili, hanno ispirato la composizione dell’Atmosfera Arles, parte della nuova collezione Custom + progettata da Listone Giordano.  L’orditura dei pregiati e colorati filati sono qui interpretati da una superficie d’arredo in legno naturale ed avvolgente. 

Molte sue opere fanno parte d’importanti collezioni europee e americane, prova che Anni Albers è un mirabile esempio della tessitura a mano che parla con il linguaggio dell’arte moderna, trovando nel mezzo molte possibilità di espressione della vita moderna.

Le sue creazioni artistiche vennero acclamate negli Stati Uniti, tanto da essere esposte nel tempio dell’arte moderna al MoMA di New York e, successivamente, in una mostra itinerante negli USA dal 1951 al 1953. In seguito iniziò a lavorare in casa e venne anche chiamata da Walter Gropius per progettare oggetti tessili. Opere d’arte “intrecciate” come «tessiture pittoriche» sono il succulento frutto delle sue spedizioni in America centrale e latina, comprese opere su larga scala quali Ancient Writing (1936) e With Verticals (1946).

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Non solo opere tessili ma anche volumi vengono pubblicati nello stesso periodo – ‘On Designing’ (1959) e ‘On Weaving’ (1965) – danno voce alla silente storia della tessitura che ha attraversato secoli di vita, attorcigliata intorno alle mani consumate di pazienti tessitrici pur riuscendo a rinnovare la sua instancabile modernità. Nei suoi ultimi anni si dedica anche all’incisione, alla grafica e litografia traducendo le sue multiformi visioni sull’asse bidimensionale e, molti di questi ultimi lavori, sono stati esposti in mostre internazionali.

Una monografia in particolare racconta in forma esauriente la storia, la vita e le opere dei coniugi Albers: Equal and Unequal; una narrazione  trasversale che unisce dipinti e tessuti tra loro così “uguali e disuguali”.

Un sodalizio lungo una vita, che ha riformato in maniera sostanziale non solo il Bauhaus ma un tratto di storia del design: “lui rivoluzionando le teorie sul colore, lei disegnando arazzi come opere d’arte”.

Source * The Josef and Anni Albers Foundation,

 Helen M. Post of Anni Albers in her weaving studio at Black Mountain College, 1937

Anni & Josef Albers, Equal and Unequal di Nicholas Fox Weber


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