Martedì 29 giugno alla Certosa e Museo di San Martino di Napoli è stata presentata e inaugurata la nuova sezione espositiva dedicata alla Cona dei Lani, proveniente dalla chiesa di Sant’Eligio al Mercato. Dopo un lungo intervento di recupero e restauro, si presenta al pubblico, in un’ambiente appositamente allestito nel Museo di San Martino, un insieme monumentale di opere in terracotta che facevano parte della ricca decorazione della distrutta cappella dei Lani nella chiesa di Sant’Eligio al Mercato.
Non è solo un programma culturale, una ricerca, una priorità metodologica è semplicemente un’attitudine, un pensiero alto che permea lo scopo ultimo di ogni passione imprenditoriale e produttiva. La cultura è un bene primario, e bisogna renderla ancora più visibile, godibile, dobbiamo fare in modo che diventi il nostro “giacimento infinito di petrolio”, una “materia prima” che vogliamo curare con un’attenzione nuova, esprimendo quel talento che l’industria italiana da sempre consegna e ha consegnato al mondo. Per Panzeri la bellezza delle lampade, delle “fonti luminose”, la coerenza della luce non ha mai deluso, ma ora appare come un principio fondativo di una rinascita, prima che di un nuovo Rinascimento, prima di far “vedere meglio” tutto il Patrimonio che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri geniali progenitori.
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Panzeri non si sottrae a questo nuovo slancio creativo che permea il Paese dopo la lunga pausa pandemica, anzi vuole trovare nella Cultura un territorio da rendere ancora più significativo, rispetto ad un passato non sempre entusiasmante, superando una disattenzione diffusa. Musei, Gallerie, Mostre tematiche e permanenti, allestimenti classici, antichi e contemporanei sono un luogo dove sperimentare nuove capacità produttive, un settore funzionale da potenziare e da rendere sempre più centrale rispetto all’immagine estetica ed etica dell’Azienda Panzeri del futuro.
Dunque un’attenzione più profonda ai temi della conservazione dell’antico e dell’esposizione attrattiva del contemporaneo, un percorso scientifico e creativo per la ricerca di prodotti che possano dare “luce” al patrimonio e renderlo economicamente fondamentale per il paese. La forza propulsiva della nostra storia culturale ci indirizza verso significativi cambiamenti in un settore che è trainante per l’economia nazionale, ma cambia sicuramente la capacità dell’industria di segnare quei momenti in cui le trasformazioni guidano il cammino verso obiettivi che si credono lontani.
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E’ una “luce nuova” che deve caratterizzare lo spazio, ogni spazio, dove la cultura italiana si deve esprimere al meglio, come riferimento costante della nuova Europa e simbolo di quella rinascita trainante che tutti abbiamo aspettato e che auspichiamo, ora che vediamo con maggior chiarezza le istanze del futuro. Panzeri, come sempre, ha le capacità e il talento per tracciare questo nuovo percorso culturale, perché l’innovazione fa parte del codice genetico di questa azienda, antica ma sempre moderna, attenta alla tradizione ma perennemente alla ricerca di nuove visioni del futuro.
L’intervento, avviato più di vent’anni fa grazie alla lungimiranza dell’allora soprintendente Nicola Spinosa, in seguito all’identificazione nel 1998 dei frammenti nei depositi di Palazzo Reale da parte di Pierluigi Leone de Castris, è stato completato grazie a un finanziamento programmato nel 2018 dal Segretariato regionale del MIC diretto all’epoca da Mariella Utili e oggi da Salvatore Buonomo.
La Cona dei Lani si può ritenere il più imponente complesso fittile policromo del Rinascimento meridionale, che, persa irrimediabilmente la sua collocazione originaria, viene restituito alla fruizione grazie a quest’ultimo intervento di restauro e musealizzazione, diretto prima da Ida Maietta e poi da Rita Pastorelli con Lidia Del Duca. Il restauro è stato eseguito dal consorzio R.O.M.A con la direzione tecnica di Giuseppe Giordano. Il progetto di allestimento nel Museo di San Martino diretto da Francesco Delizia, si deve a Cassandra Lo Gatto e Ludovica Giusti, che ha anche diretto i lavori.
L’opera è una testimonianza eccezionale della fase cinquecentesca della chiesa angioina di Sant’Eligio, distrutta dai bombardamenti del 1943 ed identificata, ancora tra le macerie, da Gennaro Borrelli alla metà degli anni Settanta del secolo scorso come opera di Domenico Napoletano, autore di formazione lombarda, citato dalle fonti e tra i
protagonisti della composita cultura napoletana tardorinascimentale. Le ricerche storico artistiche propedeutiche a questo cantiere sono state avviate fin dalle prime fasi da Maria Ida Catalano che le ha continuate anche in quest’ultimo segmento, prestando al progetto la sua consulenza scientifica.
I grandi frammenti vennero ritrovati per la prima volta durante i lavori del dopoguerra. Erano stati sepolti sotto il pavimento della Cappella dei Lani (bucceri o macellai), che in origine accoglieva la straordinaria impresa decorativa. L’interramento fu eseguito nel Settecento, quando la chiesa venne sottoposta ad un lavoro di modernizzazione.
Dopo la scoperta, i magnifici pezzi superstiti della decorazione distrutta –teste, mezzi busti, qualche figura intera ed una grande quantità di elementi architettonici e ornamentali – furono indiscriminatamente accumulati e divisi tra diversi depositi cittadini, ed in sostanza dimenticati fino al recente recupero. Nel corso del complesso restauro ed
assemblaggio moderno, dal puzzle dei frammenti sono state ricomposte numerose figure di Sibille e Profeti, il Cristo Redentore, la scena dell’Adorazione del Bambino, quella del coro di angeli musicanti, oltre al recupero della Vergine e della predella con le Storie ed il martirio di San Ciriaco.
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Già agli inizi di questa lunga avventura si erano potute ritrovare la firma e la data incise nella terra ancora cruda (Do)minici/(opu)s/(MD)XVII, che avevano potuto confermare le notizie tramandate dalle fonti. L’intervento di pulitura ha poi reso leggibili le superfici e i segni di lavorazione delle terrecotte, facendo emergere l’azzurro e l’oro dei
frammenti architettonici. Inoltre, il ritrovamento di piccole parti di colore originale, restituisce ai monumentali pezzi il senso della loro preziosità, mentre l’allestimento su fondi e basi dai toni chiari accompagna in maniera sobria e raffinata la lettura dell’opera, restituita nella sua complessità di insieme maestoso ma mutilo.
Non si è inteso, infatti, tentare alcuna ricomposizione della Cona che arricchiva la perduta cappella dei Lani, tra le imprese decorative più singolari del primo cinquecento napoletano, data la assenza di tante parti, ma presentare nella maniera più eloquente ed al contempo coerente i maestosi frammenti. L’esposizione permanente aggiunge ulteriore valore alle collezioni del Museo nazionale di San Martino, che tradizionalmente accoglie sculture provenienti da edifici religiosi e civili della città. Nel presentare l’intenso lavoro compiuto, sono di accompagnamento brevi testi ragionati e un video originale di Marco e Matteo Pedicini che evoca l’intera vicenda. I tanti dati conoscitivi emersi durante il cantiere messi così in evidenza stimolano il pubblico verso riflessioni tecniche, formali, spingendolo a cogliere problematiche iconografiche ed ipotesi ricostruttive. Ai visitatori si sono offerti saperi diversi, risultato del confronto tra architetti, storici dell’arte, restauratori, diagnosti, grafici, fotografi, tutti coinvolti a completare la singolare impresa.
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