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«L’umanità non è in rovina, è in cantiere. Appartiene ancora alla storia» Marc Augé, Le temps en ruines, Èditions Galilée, Paris, 2003

C’è qualcosa di aristocratico nel lavoro di Stefano Casciani, una forma di nobiltà del pensiero che parte da lontano, anzi da lontanissimo: un luogo nel tempo e nello spazio dove il nostro autore prende spunti, trova le risposte al suo motivato e mai frenetico girovagare tra le discipline del progetto.

Stefano Casciani
Stefano Casciani

Anche i temi fonetici e fonologici sono ben presenti nel suo lavoro perché la scrittura è spesso partitura, suono cristallizzato nelle perfetta giustapposizione degli elementi di ogni periodo, nella partizione di ogni particella della frase, con cui Casciani si dimostra autentico scrittore ma anche un critico-progettista, un divulgatore-ricercatore, un designer filosofo: perché in queste categorie non necessariamente dicotomiche, veri e propri ossimori delle diverse prassi, c’è l’essenza del suo pensiero, il core di questo reattore atomico, capace di sprigionare un’energia imprevedibile e incontrollabile.

Stefano Casciani e Maurizio De Caro

Forse questo suo essere altro dai suoi colleghi gli piace molto e il suo sorriso sornione lo dimostra ma la lettura di Flâneur, straordinaria raccolta di testi, saggi, articoli, commenti – anche semplici lettere “a un amico che non c’è più” – che può essere considerato il fulcro/bilancio della sua poliedrica e lunga attività, rivela un Casciani scrittore sapiente ed ironico, mai banale, innovativo e con una conoscenza minutamente scientifica della materia. Non è facile immergersi nelle profondità di questi scritti, tra grandi e piccoli maestri ritratti con eleganza e con una leggiadria da vero talento dell’indagine psicologica: dallo stesso Jean Nouvel – che nello scrivere la prefazione a questo libro Io definisce “Anti Papa” – agli amici Mari, Castigıioni, Mendini, Sottsass, Hadid, Mayne, i suoi ritratti restituiscono personaggi, vivi, veri, mai figurine dell’album dei soliti noti dell’architettura planetaria.

Flâneur , scritti sparsi di architettura e design

Si capisce che l’autore ha frequentato e frequenta intimamente artisti e critici, designer e architetti, evitando luoghi comuni e facili mistificazioni, soprattutto in un agone così pericoloso dove basta un commento per decretare la fortuna o la crisi di un progettista.

È anche qui che si manifesta il tracciato etico che sottolinea il suo percorso intellettuale, il suo mai sopito amore per la politica. Forse Casciani è l’ultimo critico militante, o forse interpreta la nostalgia, la memoria del controverso universo letterario, artistico e sociologico dell’utopia, che in lui assume la forza di una volontà programmatica, diventa manifesto metodologico, vademecum contro ingiustizie e falsità.

Vasi realizzati da Stefano Casciani in collaborazione con Gabi Faeh

Nel titolo della raccolta è racchiuso un universo di emozioni, un tracciato imprevedibile di stupori, un’attenzione al gesto creativo dei personaggi analizzati che rendono l’autore I’ultimo contemporaneo che ancora respira un’aria culturale otto-novecentesca, tale è la grazia con cui attraversa territori artistici, architettonici e culturali cosi difformi tra loro. Non deve quindi neppure destare sospetto l’aver voluto evocare col termine Flâneur una pratica forse troppo romantica, ancora baudelairiana: perché credo che Casciani faccia più riferimento al Walter Benjamin dei “passengers”, se è vero che nella traccia critica di ogni suo “passaggio-tracciato” per le vie dell’arte si individua chiaramente una densità filosofica, sociologica e antropologica, anche se spesso dissimulata da una sana ironia ed auto-ironia. A cui non ha mai rinunciato anche nella decennale convivenza, quasi un matrimonio, con la rivista Domus, dove da  vice direttore ha pubblicato e fatto pubblicare innumerevoli opere e progetti, facendosi qualche amico ma attirandosi anche qualche antipatia per l’ostinazione a non voler cedere ai dettami del mainstream e dei potenti parvenu del progetto.

Nuove Forme e colori del vuoto – Listone Giordano Arena

Anche in questo cinico ottimismo che traspare dalle pagine del libro, Casciani ci appare il vero e disincantato testimone di un’epoca che ha vissuto e che vive da protagonista, sia nell’analisi, che nell’azione creativa svolta in prima persona. Non dimentichiamo che ha prodotto anche molte opere di design. Installazioni d’arte, mostre ed allestimenti, è stato art director di aziende iconiche, autore di trasmissioni televisive e perfino direttore del Primo premio internazionale dedicato all’altra metà dell’architettura, arcVision. Women and Architecture.

Stefano Casciani con Wim Wenders – Foto credits Mario Ermoli

Come in questo insolito percorso tra diversi ruoli che altri abbraccerebbero una volta per sempre, I’insegnamento forte che si coglie in Flâneur è proprio I’assenza di prevedibilità, Ia necessità di trovare tracciati semantici diversi rispetto alla critica paludata e retorica che di fatto si limita all’agiografia a-critica, per necessità o per noia.

Casciani è invece investigatore del senso più profondo del progettare, architetto della scrittura, artigiano sapiente della profondità concettuale nel racconto. Come quando arriva a immaginare, in certi divertissement, figure inesistenti di progettisti intorno a cui costruisce storie non vere ma verosimili, da cui trapelano però i tic e i complessi di persone in fondo uguali a tutte le altre, per cui I’autore prova una stessa, unica empatia umana e letteraria: siano essi gli abitanti del Barrio 903 di Caracas, dove il “sindaco” locale Io scorta alla scoperta di una realtà inimmaginabile, o i raffinatissimi editori di design Jacqueline Vodoz e Bruno Danese, su cui ha scritto e pubblicato un intero volume, Arte Industriale, divenuto poi oggetto cult di collezionismo.

Maurizio De Caro – Nuove Forme e Colori del Vuoto

Anche dei molti importanti personaggi reali che Casciani ha incontrato, conosciuto e di cui ha cercato la vera essenza creatrice, scevro dall’allinearsi alle mode transeunti che da qualche decennio (a partire dalla de-costruzione) si susseguono lasciandoci solo dubbi, macerie teoriche e concettuali, ha compilato qui una selezione tanto ampia quanto significativa: che lascia capire la sua onestà individuale, nel rispetto delle posizioni professionali prossime o anche distanti dalla sua idea di progettazione.

Nuove forme e colori del vuoto – Stefano Casciani e Gabi Faeh

Per concludere, c’è una grande utilità nell’avvicinarsi a testi come questo perché oltre all’intrinseca intelligenza letteraria dell’autore, è evidente che Flâneur stimola a quell’approfondimento culturale che è poi – o dovrebbe essere – il mestiere se non Ia missione del critico. In fondo, in questo corposo volume Casciani è riuscito anche a suscitare curiosità su personaggi che magari pensavamo di conoscere bene. Mi pare un grande risultato, perché la cultura a qualsiasi livello deve essere un momento dialettico discontinuo, a cui si capisce che non finiremo mai di aggiungere pezzi, frasi, periodi di un discorso perennemente interrotto, continuamente in divenire.

Proprio come diceva Augè, leggendo I’opera di Casciani ci accorgiamo che I’umanità creatrice non è in rovina, ma in cantiere.

Maurizio De Caro, Architetto ed editorialista

in uscita sul numero 71 de “Il Verri”, rivista fondata da Luciano Anceschi

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