Solo qualche settimana fa una delle costruzioni archetipo dello stile di Marcel Breuer, Geller House a Long Island (appena fuori New York), è stata rasa al suolo dai nuovi proprietari per far posto ad altro. L’annuncio del fallito tentativo di preservare questo fulgido esempio di architettura modernista è stato dato con amarezza dall’autorevole Times. La prima a pianta binucleare, progettata nel 1945, e dichiarata casa dell’anno dalla rivista Progressive Architecture, valse a Breuer l’invito da parte di Philip Johnson a esporne una gemella nel giardino del MoMA.

Bizzarro “twist of fate” dato che, fu proprio il Times, ad incoronare Breuer come uno dei più influenti “plasmatori di forme” del XX secolo. Scopriamo uno dei personaggi più emblematici del panorama Bauhaus: da apprendista a giovane maestro, viaggiatore, designer di grandi classici dell’arredamento, fautore di un nuovo stile architettonico.

Hans M. Winglerr, per molti anni direttore dell’archivio Bauhaus, nella prefazione del catalogo di una mostra di Marcel Breuer del 1975, ricorda la forte impressione che il giovane Marcel lasciava in molto colleghi della scuola. Hartmann, il maestro artigiano, associa Breuer al ”coraggio e perseveranza” di ripensare le regole quasi sacre della Bauhaus apportando soluzioni personali a processi produttivi.

Marcel Breuer nasce in Ungheria nel maggio 1902, e già dagli anni venti il suo incontestabile talento e il destino di grande architetto era chiaro ai più.   

Una borsa di studio lo porta giovanissimo a frequentare l’Akademie für Bildende Künste di Vienna, ma non è quello il suo posto e rimane deluso dallo scarso livello di propositività e creatività dell’insegnamento. Si lascia così alle spalle la capitale austriaca e, a soli diciotto anni, entra alla Staatliches Bauhaus di Weimar.

LEGGI ANCHE – Architectura in Nuce di Bruno Zevi torna a splendere

A soli 19 anni disegna e produce l’African chair, o sedia romantica, in legno scolpita a mano e vestita di tessuto realizzato dalle abili mani delle studentesse del laboratorio di tessitura del Bauhaus. Il prototipo, per la sua forma, scava la radice antropologica del design derivato dalle culture locali, come quella ungherese, coniugato al saper fare artigianale.   

Una volta completato il ciclo di studi riceve da Walter Gropius un’offerta che non poteva certo rifiutare: dirigere l’Officina mobili della scuola che, nel frattempo, era stata costretta a trasferirsi nella nuova sede di Dessau. Breuer incarna così il nuovo modello pedagogico di Maestro giovane, riunendo in sé materia e forma.

Gli anni trascorsi nel dinamico e fecondo laboratorio di falegnameria del Bauhaus (dal ’25 al ’28) vedono la nascita delle prime sedie in tubo d’acciaio destinate a fare la storia del design e consegnate come oggetti di culto – praticamente invariate – alla vetrina della contemporaneità.  

Nel 1925 Marcel progetta la sua prima sedia chiamata Wassily, un tributo al famoso pittore, insegnante e protagonista della scuola: Wassily Kandinsky (che volle il prototipo nella sua casa al Bauhaus).

Wassily Chair Bauhaus Edition Marcel Breuer
Wassily Chair Bauhaus Edition

Fu proprio la tecnologia del tubolare d’acciaio applicata agli oggetti di arredo (brevettata da Nolan negli Stati Uniti) a fare della sedia Wassily una vera e propria icona di stile. Questo materiale aprì un mondo di possibilità al maestro ungherese, piegandosi a forme e curve che il legno non avrebbe mai potuto seguire.  Nel suo progetto originale il rivestimento era pensato in tessuto color ruggine (prodotto nel famoso laboratorio della scuola), poi tradotto da Knoll in cuoio nero – inconfondibile – o naturale. 

Una conversione dell’idea primigenia di sedia che ne accresce comodità e capacità ergonomica grazie allo studio della geometria e della postura umana. Un materiale, che meglio risponde ai criteri di “meccanicità” industriale impressa dall’opera di Breuer, attraverso una semplice ossatura di linee orizzontali e verticali illuminata da bagliori di acciaio.

LEGGI ANCHE – E’ tutta colpa del design?

Un oggetto che ha lasciato il segno nella storia del design per la sua ricerca ed innovazione, frutto di un’intuizione maturata all’interno della Scuola dove nulla è lasciato al caso, fondata su un preciso calcolo della funzione, dell’economicità di produzione e sulle molteplici possibilità compositive derivate da elementari forme geometriche (come ci spiegano Nicoletta e Massimo Sala nel loro libro Geometrie del Design. Forme e materiali per il progetto).

Lo stesso processo porta alla creazione della sedia a “sbalzo” (cantilever) denominata B33 con schienale e sedile in tela, con struttura portante in tubo d’acciaio forgiato a forma di “U” -senza supporto di piedini che toccassero terra – la cui paternità fu oggetto di controversia legale con l’architetto olandese Mart Stam  (forse informato da Mies van der Rohe sul lavoro svolto in officina Bauhaus) che alla fine ebbe la meglio.  Un cammino intrapreso da più designer contemporaneamente e reso possibile dalla diffusione di nuove attrezzature e tecnologie disponibili nella curvatura dell’acciaio; Breuer fu tra i primi a cogliere le potenzialità sia strutturali che progettuali messe a disposizione dai diversi materiali – dalla naturalezza del legno protagonista di Thonet allo scintillio dell’acciaio – e trasformarle magistralmente in elementi di arredo dal carattere universale.    

B33 Marcel Breuer

Una sedia considerata rivoluzionaria sia per le scelte dei materiali sia per il metodo di produzione. Sedia leggera e resistente, realizzata in tubi d’acciaio cromato, è considerata senza dubbio un’icona dell’arredamento moderno e contemporaneo, un classico intramontabile. L’idea di utilizzare tubi d’acciaio, materiale resistente e facilmente reperibile, forse gli fu ispirata da una bicicletta di marchio Adler, acquistata da Marcel in quel periodo. Nello stesso anno Le Corbusier presentò all’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi una scala in tubo d’acciaio “costruito come il telaio di una bicicletta”. La posizione del sedile e dello schienale furono influenzate con molta probabilità dalla sedia rossa e blu di Gerrit Rietveld. La sedia Wassily è arrivata ai giorni nostri con poche modifiche, tra cui le colorazioni in cui è disponibile il cuoio di schienale, seduta e braccioli.

LEGGI ANCHE – L’amore, il sogno e la storia tra Ise Frank e Walter Gropius

A proposito della Wassily scrisse : “Allora mi era già balenata l’idea di sostituire la spessa imbottitura del sedile con un telo di tessuto teso. Inoltre volevo un’intelaiatura elastica e flessibile. In virtù dell’interazione tra il tessuto teso e gli elementi elastici dell’intelaiatura, questi mobili dovevano offrire un maggiore comfort senza peraltro risultare massicci. Cercai anche di raggiungere una certa trasparenza della forma e quindi una leggerezza tanto ottica quanto fisica. Nei miei studi sulla produzione in serie e sulla standardizzazione scoprii ben presto il metallo levigato, linee luminose e pure nello spazio come nuovi elementi costitutivi dei nostri arredamenti. In queste linee luminose e arcuate non vedevo soltanto simboli della tecnica moderna, ma la tecnica in generale“.

La nascita della sedia Cesca risale agli stessi anni (1928), diminutivo del nome della figlia Francesca, è un mirabile esperimento stilistico che fonde tradizione ed innovazione, ispirato dalle sedute cantilever di precedente produzione. La sua avvolgente comodità è la vera chiave di lettura, la struttura in legno e vimini accoglie la persona evitando il contatto con il freddo acciaio. Il suo successo e generale apprezzamento risiede anche nella pacata armonia delle forme e dalla sapiente alternanza di materiali dai contrastanti effetti tattili.

Marcel Breuer – Cesca Chair

In Italia, il merito di aver creduto e prodotto alcuni dei migliori pezzi disegnati da Breur spetta all’imprenditore Dino Gavina, che si fa promotore del designer ungherese e riporta in vita, su scala industriale, alcuni prototipi altrimenti destinati alla polvere degli archivi. Il loro incontro avviene a New York nel 1962 e da lì prende il via un sodalizio fatto di “divertimento” nell’affrontare cose serie. La collezione a firma Breuer è ben esposta nel catalogo aziendale: Laccio, Cesca, Reclining, Canaan e Wassily.

Lasciato per sempre il Bauhaus con le sue alterne fortune, apre a Berlino il suo personale studio di architettura prima che le persecuzioni razziali, così come accaduto per altri insigni colleghi, lo costringano trovare rifugio a Londra e poi a New York.

LEGGI ANCHE – Anni Albers, la designer che fece sua l’arte di Penelope

Nel 1931 lascia la città tedesca per iniziare a viaggiare tra Nord-Africa ed Europa, il suo primo progetto architettonico risale al 1932: la casa “Hernishmacher” a Wiesbaden, che venne quasi interamente distrutta nel periodo bellico. Il suo spirito migrabondo lo porta in Inghilterra, dove concepisce “un centro cittadino del futuro”. Poi varca l’Atlantico per approdare negli Stati Uniti. E’ sempre grazie a Gropius se ottiene una cattedra alla School of Design della Harvard University ed il loro rapporto professionale continua con lo studio di architettura fino al 1941.

New Canaan In Connecticut Marcel Breuer

Nel 1946 fa base a New York, dove si dedica principalmente all’architettura; è suo il prototipo di un grattacielo residenziale che, negli anni a venire, sarebbe stato realizzato da altri in tutto il mondo.

In quegli stessi anni esplora l’architettura residenziale con piccoli progetti che combinano il suo passato modernista con i materiali in uso nell’architettura americana, legno in primis.

La pluriforme produzione architettonica di Breuer non si fermò certo alla progettazione di case unifamiliari (come non ricordare la sua casa in legno a sbalzo – su base in cemento – realizzata a New Canaan in Connecticut risalente al ’48 – poi sostituita da un’altra versione con piedi che poggiano a terra e pareti in pietra – ma si addentrò in edifici universitari e commerciali, si misurò con grandi edifici “esemplari” quali la sede dell’Unesco a Parigi, il grande magazzino “De Bijenkorf” a Rotterdam, l’ambasciata degli Stati Uniti all’Aja, il Whitney Museum of American Art a New York dove risiede dal 1946. È l’inizio di una nuova direzione, caratterizzata da un’architettura dai tratti più marcati e quasi scultorei; il Whitney è rivestito di granito e proietta una forma a sbalzo in cui ogni piano sporge un po’ più verso la strada rispetto al sottostante). Il Centro di ricerca IBM, costruito con pannelli prefabbricati in calcestruzzo, è ritenuto il primo esempio compiuto di questa tecnologia costruttiva.

Whitney Museum of American Art a New York

Considerato un “razionalista”, anche se non lo fu mai in senso stretto, antesignano e pioniere di una nuova generazione, applicò al cemento la dignità di “scultura” pur rimanendo fedele alla matrice funzionale. Il valore delle sue architetture si coglie appieno nel perfetto equilibrio tra bellezza e funzionalità, così come nella diretta testimonianza dell’autore:

“..ora possiamo avere strutture a sbalzo nell’aria – sia in orizzontale che in verticale, come nel caso del grattacielo. In entrambi i casi, la struttura apparentemente non supportata che si protende nell’aria è davvero legata al resto dell’edificio e al terreno. L’intero scheletro dell’edificio è una struttura continuamente integrata, e qualsiasi sollecitazione su una parte di essa trova la resistenza di tutte le altre parti della struttura. È il principio dell’albero: una struttura a sbalzo dal suolo, con rami e rami a loro volta sbalzati fuori dal tronco d’albero centrale … “

Eh sì, dopo questa lunga e gloriosa carriera Breuer fu nominato dalla prestigiosa rivista Times “uno dei form giver del 1900”, riconoscimento che resiste all’incuria degli uomini e alla distruzione di un qualsiasi bulldozer in movimento.

Fonti:

Buildings and Projects, 1921-1961 di Marcel Breuer

L’utopie de Flaine: portrait de Marcel Breuer 


Seguici sui nostri canali per restare sempre aggiornato:

Exit mobile version
×