Colonna sonora di sottofondo per la lettura di questo articolo: “Le cose che pensano” di Lucio Battisti, vinile (una delle cose che sembravano morte, ma che invece stanno rinascendo) “Don Giovanni”, scritto con Pasquale Panella.
Ariosto porta Astolfo sulla Luna in un vallone dove viene raccolto “ciò che si perde o per nostro difetto, o per colpa di tempo o di Fortuna” sulla Terra (senza dimenticare che “sol la pazzia non v’è poca né assai; che sta qua giù, né se ne parte mai”).
Massimo Mantellini, che si occupa prevalentemente dei temi legati alla cultura digitale e alla politica delle reti, novello Ariosto aggiorna l’elenco lunare con dieci oggetti di oggi, anzi di ieri, tutti ricordati con una certa tenerezza, travolti da una modernità che non dà scampo a ripensamenti imbarazzanti e nostalgie polverose.
Un oggetto tra questi, che in un certo senso restituiva il nostro stare qui e ora (mentre oggi con un clic siamo ovunque e per sempre): la carta stradale diventata oggi digitale e accuratissima (e la possibilità di scoprire luoghi, percorsi e paesi non indicati? Non contemplata: il controllo del territorio deve essere totale!). Ma come la mettiamo con le auto a guida autonoma? Sarà un algoritmo a decidere che direzione prendere e non più il nostro istinto, ridotti ormai a passeggeri passivi dietro finestrini forse oscurati.
Probabilmente l’oggetto che è più estraneo al suo antenato è il telefono: le forme di ieri e quelle di oggi non sono minimamente paragonabili, le prestazioni numericamente moltiplicate, l’uso ontologicamente indefinito, ma si sa: un oggetto non completato dall’esperienza di chi lo utilizzava, perde con il passare del tempo una parte del suo significato: “Racchiude informazioni che vanno oltre il suo design – precisa l’autore – oltre il gusto del tempo. Tempo che sposta le cose della nostra vita dall’ingresso di casa alla cantina, e poi dalla cantina alle aste di modernariato o alle teche di qualche museo del design. È il tempo, ovviamente, a determinare la robustezza delle nostre relazioni con le cose, a umanizzare gli oggetti a noi vicini. È ugualmente il tempo a trasformarli in un’accozzaglia di oggetti inutili, invecchiati e insoliti, a farli diventare “antimerci”, oggetti orfani che si moltiplicano dentro i nostri cassetti”.
Se la comunicazione a voce, o meglio il suo strumento, ha avuto le sue trasformazioni, che dire della comunicazione scritta? Lettere, inchiostro, penne: dopo secoli di gloria e di letteratura sono state abbandonate per passare a una tastiera prima e ai comandi vocali poi, azzerando i tempi tra una lettera e la relativa risposta o peggio angosciandoci per una visualizzazione senza successiva e immediata “rispondi a…”.
“All’aumentare della complessità – nota Mantellini – aumenterà anche la cultura necessaria per gestire, senza ustionarsi, piattaforme tanto potenti. E come spesso avviene in ogni campo della cosiddetta trasformazione digitale, è come se la cultura fosse sempre in affannosa rincorsa”. E aggiunge: “Ai tempi dei social network la nostra vita è avvolta da una sorta di parossismo testuale. Il testo, le singole parole, gli articoli, le espressioni idiomatiche, persino le virgole, sono ridiventati il centro della nostra offerta espressiva”.
Chiudono l’elenco mantelliniano due oggetti che proprio oggetti non sono, ma licenze poetiche: il silenzio e il cielo. Aspettando che possa trovare “spazio” il progetto Orbital Display che una startup ha annunciato per quest’anno: mediante una serie di satelliti in orbita geostazionaria, mostrare cartelloni pubblicitari nel cielo notturno sfruttando la rifrazione della luce solare. E non ci sarà più “Sopra di noi il cielo stellato, la legge morale in noi”.
P.S. Per tornare al vinile (che una volta si chiamava “album”): i dischi che acquistiamo oggi sono prodotti digitali sottoposti a una finale conversione analogica. In pratica si tratta di cd che suonano un po’ peggio e l’amplificatore che ci restituisce il suono convertirà il tutto in un formato digitale.
Twitta:
Massimo Mantellini
Dieci splendidi oggetti morti
Einaudi, Vele 2020
pp. 152
Isbn 9788806244361
di Danilo Premoli – Office Observer
Leggi anche le recensioni di:
Tomaso Montanari, Andrea Bigalli: Arte è liberazione
Giovanna Mancini: Icone
Maurizio De Caro: La manutenzione puntuale del cuore
Ian McEwan: Invito alla meraviglia
Antonio Moresco: Canto degli alberi
Seguici sui nostri canali per restare sempre aggiornato: