La pietra ed il suo impiego in architettura

Qual è il significato simbolico associato alla Pietra? In alchimia è sinonimo di perfezione, integrità spirituale, mentale e morale; così come nella Bibbia i dieci comandamenti vennero scolpiti per l’eternità su tavole di pietra!

La pietra, quindi, può essere intesa come materiale d’intermediazione divina – ponte tra vita celeste e vita terrena – ma solidamente piantata “a terra”, perennemente soggetta alla forza di gravità che l’attrae verso il suo nucleo.

Nella loro perpetuità i frammenti di pietra sono silenziosi spettatori della storia dell’umanità, se ci soffermassimo a leggere il loro codice “genetico”, stratificato in milioni di anni di vita, saremmo un passo più vicino alla nostra Madre terra e in possesso di un antico alfabeto capace di svelarne i caratteri e le leggi.

Vaselli

Il mito di Sisifo narra che, per aver sfidato gli Dei, egli venne condannato a spingere una grande pietra dalle pendici alla sommità di una montagna, solo per vederla poi rotolare nuovamente in fondo alla vallata, ogni volta. Allegoria della condizione umana, destinata a compiere le stesse azioni e gli stessi errori all’infinito. Einstein ci ricorda che “la definizione di follia è fare la stessa cosa più e più volte e aspettarsi risultati diversi”.

La pietra è stata impiegata, come altri materiali naturali da costruzione, fin dall’antichità per le sue straordinarie caratteristiche di resistenza, durevolezza, ma ne vennero altresì apprezzate l’estetica variegata – pazientemente disegnata dalla natura e dal tempo – e le sue tonalità cromatiche. Il suo utilizzo sia per la costruzione di edifici che per la delicata manifattura di ornamenti con finalità celebrative e rituali, gettò le basi dello studio per approfondire la conoscenza e il corretto impiego della materia lapidea quale elemento centrale in antichi trattatisti.

“Anzitutto abbiamo rilevato che l’edificio è un corpo, e, come tutti gli altri corpi consiste di disegno e materia: il primo elemento è in questo caso opera dell’ingegno, l’altro è prodotto dalla natura; l’uno necessita di una mente raziocinante, per l’altro si pone il problema del reperimento e della scelta.” 

Leon Battista Alberti, L’architettura, Firenze 1484

“È necessario, (come dice anco Vitruvio,) che l’Architetto sappia la generatione, e natura, e mistione in genere, e in specie, e la temperatura più, e meno delle materie, e massime delle principali, e più atte alla costruttione de gli edifici: e vadi filosofando per conoscer, e saper le cause delle loro qualità, & effetti, come egli attesta con queste parole. Quantum animo considerari potui de copiis, que sunt necessarie in edificiorum comparationibus, e poco dopò: uti non sint ignota edificantibus exposui; acciò possi disporle à parte à parte, e con ragione nelle fondamente, e nelle mura, ò per gli ornamenti dentro, e fuori, e non confonda l’una specie con l’altra: e di tutte queste cose sarà anco il ragionamento nostro.” (Vincenzo Scamozzi, Dell’idea dell’architettura universale, Venezia 1615, parte seconda, libro settimo, cap. I).

Lo studio scientifico dei materiali lapidei naturali è senza dubbio di fondamentale importanza per il mondo della progettazione, così come il ruolo che gioca nell’opera di restauro e conservazione.

“(..) veggasi con quale precisione [Vitruvio] discorre dei principj delle cose secondo i filosofi, e quindi scende a ragionare dei mattoni, e della loro composizione, dell’arena, della pozzolana, delle cave dove si tagliano le pietre, del taglio dei legnami e di altri simili oggetti: sui quali sarebbe desiderabile che maggiori ricerche fossero istituite dai moderni Architetti, e maggiori lumi scientifici eglino si procurassero, nè quelle materie ponessero in opera senza ben conoscerne la natura, le diverse specie e varietà, non che gli effetti che esse producono nelle fabbriche.” (C. Amati, Notizie preliminari all’opera di Vitruvio in Dell’Architettura di Marco Vitruvio Pollione libri dieci, Milano 1829).

Vaselli – La pietra da torre

Vaselli, solido partner di quell’agorà architettonico-culturale che è Arena a Milano, ci porta alla scoperta di un affascinate seppur misterioso materiale da costruzione: la Pietra da Torre.

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Un progetto di studio, frutto di una lunga ricerca di ampio respiro quello condotto dalla famiglia Vaselli, che si sviluppa intorno alla tematica legata all’impiego della pietra senese in architettura scendendo fin nelle pieghe profonde della materia e riportando i criteri per la messa in opera, le metodologie di lavorazione, la classificazione, i caratteri, l’inquadramento geologico, le aree di cava, il loro impiego nel corso dei secoli e le alterazioni caratteristiche.

Ne ripercorriamo insieme la storia a partire dal Medio Evo per giungere sino alla contemporaneità tratteggiando uno straordinario viaggio nel tempo.

Una Pietra Dimenticata

La Pietra da Torre sembra essere un materiale dimenticato dai marmisti e sconosciuto al mondo dell’arredamento, anche nel territorio senese, sua patria. In provincia di Siena, quando si parla del rinomato Marmo Giallo Siena o del più democratico Tufo, a tutti si rizzano subito le orecchie. Quando si nomina “il materiale lapideo naturale più diffusamente impiegato nel centro storico della città e dei suoi territori limitrofi”*, si sgranano gli occhi per lo stupore e si riceve in risposta: mai sentita nominare questa Pietra da Torre.

Immaginiamo la meraviglia dopo aver scoperto che, gran parte degli edifici più belli della città, espongono conci ed ornamenti fatti proprio con questa misteriosa roccia spugnosa.

Insomma, è proprio un’ingiustizia che il Travertino, i marmi della Montagnola Senese, il Tufo e addirittura la Serpentinite, abbiano almeno un minimo di fama, mentre il materiale che dall’XI secolo fu utilizzato per edificare le torri che furono il vanto delle famiglie nobiliari senesi, sia pressoché sconosciuto.

Non è stato facile indagare su questo pietra policroma, – racconta Andrea Vaselli – quindi posso solo ipotizzare le ragioni della sua scarsa fama. Probabilmente a monte c’è la poca resa delle cave non sempre attive e la difficile gestione del materiale, senza considerare la sua natura che lo renderebbe più adatto agli inerti. Inoltre, la sua bassissima uniformità lo identifica come materiale commercialmente non semplice.

Proprio il continuo cambiare di consistenze, colori, sfumature, il passare da zone più o meno terrose, il variare del diametro dei ciottoli che compongono la breccia, tutte queste caratteristiche, ci hanno fatto subito innamorare di questo sasso.

Come i Travertini di Rapolano, è un materiale estremamente variegato ed imprevedibile, massima espressione di naturalezza. È stato impossibile resistere alla tentazione di inserirlo nei nostri arredi di Vaselli. La cucina frutto di questo desiderio è un elemento chiaramente irripetibile. In essa è stato traslato il blocco originale, con le proprie variazioni di toni, la stratificazione, i cambi di densità, i detriti che proseguono attraverso le ante seguendo la stessa direzione.

La cucina

È evidente come la materia caratterizzi l’oggetto, come la componente naturale prevalga su quella meccanica ed umana, come le linee assecondino la pietra aiutandola ad esprimere il suo massimo potenziale.

Questo è quello a cui Vaselli aspira, che le risorse finite siano utilizzate con cognizione di causa e rendendo loro giustizia.

Nel caso della Pietra da Torre Vaselli spera di riuscire a trasformare un materiale impiegato raramente nel rifacimento di opere pubbliche e spesso destinato, quando recuperato, alla produzione della calce, in un materiale ornamentale di pregio.

Una pietra che diventi il cuore della nostra casa – racconta Andrea Vaselli – e che, insieme ad essa, ci accompagni e invecchi, raccontando poi qualcosa di noi a chi ci succederà, come sta facendo ormai da secoli nella città di Siena e nella vicina Montagnola.

*“Piano del Colore 2016”, Elaborato E – Comune di Siena

È evidente come questa cucina sia stata ricavata da un unico sasso. Il blocco è stato scelto e tagliato pensando al risultato finale, condizionando e facendosi condizionare da quest’ultimo in egual misura. Ad un occhio attento la logica sartoriale applicata  all’utilizzo della pietra è palese; si seleziona la migliore materia prima disponibile per il vestito che si intende realizzare e la si utilizza ottimizzando gli sprechi senza però scendere a compromessi con la riuscita dell’elemento ma, al contrario, conferendogli ulteriore valore.

Le lastre ricostruite e le vene che attraversano l’isola sono frutto di un ragionamento nato con il taglio della pietra. Il blocco, per essere ricreato nell’isola, viene tagliato in vari spessori e direzioni, scomposto e poi assemblato, con un risultato sorprendentemente naturale.

Ante, top e fianchi sono ricavati da massello, così come il lavello unito al piano con maestria. Questo non solo conferisce un valore intrinseco all’oggetto, ma permette di adottare soluzioni funzionali non trascurabili. La possibilità di scavare e quindi creare forme morbide, permette di evitare gli spigoli vivi, tipici delle lastre assemblate, nel lavello e negli altri punti critici della cucina, facilitandone la pulizia.

Sempre in ottica di funzionalità, il top è stuccato in modo da chiudere i pori ed evitare il depositarsi di sporcizia. Le ante sono lasciate a poro aperto per far risaltare la naturalezza del materiale.

Tutte le superfici lapidee sono trattate con la finitura Patinato che, oltre a scaldare la pietra al tatto, consente di pulirla con facilità e le conferisce resistenza ai graffi.

Le ante in massello vengono scavate riducendo lo spessore interno al minimo, trasformando le lastre in un guscio di pietra che viene rinforzato da un materiale composito nascosto dall’essenza in noce canaletto che riprende il resto degli interni.

Questo permette di raggiungere il perfetto equilibrio tra leggerezza e solidità, senza intaccare l’estetica dell’elemento. Anche il top è scavato nella parte inferiore per ridurre al minimo il peso.

Nella pietra – racconta sempre Andrea Vaselli – meno si interviene migliore è il risultato. Gran parte del lavoro è quello che rimane nascosto all’interno dei manufatti: il valore sta in ciò che non si vede.

Photo credits Vaselli

www.vaselli.com


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