L’albero non è un semplice materiale da costruzione, storicamente codificato, non è solo un simbolo del rapporto tra natura e uomo, ma è un percorso teorico e progettuale che ricompare ciclicamente indifferente alle mode transeunti e alle circostanze dell’”istantaneità” come elemento contaminante dell’architettura.

L’albero ci parla, discute delle nostre esigenze, si informa dello stato di salute nostro e del nostro pianeta, e senza indicare soluzioni ci accompagna verso il bene prima che verso il bello, come un’origine e come un approdo sicuro, nessuna imposizione formale, culturale esistenziale, soltanto la sicurezza che viviamo quando percorriamo la Strada Maestra del progetto.

E’ un invito che nasce dalla storia secolare del mondo così come lo conosciamo, che diventa un esperienza irrinunciabile per le nuove forme di espressività estetica del tempo presente, antico moderno e permanente.

Albero

Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi, poiché apparteniamo l’uno all’altro e dobbiamo esistere insieme. È qualcosa che accade all’interno d’un processo che si muove in due direzioni diverse allo stesso momento. L’albero dunque ha coscienza di noi, così come noi abbiamo coscienza dell’albero.

Joseph Beuys, Discussione Difesa della Natura

Ma c’è qualcosa di arcaico e di innovativo in questo meraviglioso materiale, ed è la sua distanza dal tempo, un attraversamento continuo di stili, di metodi di lavoro di risposte strutturali, di rinnovate magie progettuali, è un’immagine della volontà dell’uomo di costruire, e costruire la sua casa primordiale, con buona pace di Rykwert, da Adamo, a tutti i suoi discendenti.

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Il legno è dunque parte della materia umana, come se il suo utilizzo si conciliasse con le nostre esigenze primarie e con i desideri superflui, etica ed estetica perfettamente avviluppati in un abbraccio carnale profondo, amoroso.

Un principio che non ha non avrà mai fine perchè il suo fine ultimo è trasformarsi e trasformare il nostro divenire, senza tempo, solo spazio che evolve e definisce i luoghi dove abbiamo vissuto, dove viviamo e dove vivremo, lontani dalla banalizzazione delle artificialità spettacolari del “architettura dell’adesso”.

Legno fatto di venature e colori infiniti, di rugosità e texture calde o fredde, malleabile ma indistruttibile, elegante e strutturale, un aiuto continuo per le soluzioni più affascinanti e spericolate e per ogni territorio, palazzi, “cabanon”, ville e cantine, piazze e coperture anelano silenziosamente la soluzione più alta e semplice, natura che si fa cultura, artificio, nell’insostenibile inseguimento così umano alla bellezza possibile e alla perfezione impossibile.

La versatilità del materiale e la sua magica capacità polimorfa, avvicinano il processo progettuale ad un ripristino delle condizioni artigianali dell’architettura, il suo ritorno alla bottega, prima che all’Atelier, quasi una esaltazione della manualità che ha fatto grandi i secoli della nostra tradizione artistica e scientifica, senza alcuna parvenza nostalgica, anzi con la consapevolezza che tra tutte le materie, il legno è quello più attuale e disponibile ad ogni latitudine.

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Nessuna storia territoriale ha potuto fare a meno di questo elemento sia per necessità che per scelta identitaria e culturale, ma se tutto è iniziato con quella antica scintilla ideale, non deve sorprendere la sua profonda modernità che, come dicevo, sfida segni, forme, stilemi e ricerche teoriche, sia all’interno della casa che al di fuori di essa, nello spazio privato e in quello pubblico.

L’architettura dunque non può e non vuole far a meno del legno, anzi lo dovrà considerare sempre più l’elemento di congiunzione tra sperimentazione e tradizione, tra richiesta di senso delle identità del passato, e spinte verso un’elaborazione di segni realmente e profondamente attuali.

E’ uno stupore continuo, vedere quanto sia così intrinsecamente naturale e umano il nostro eterno dialogo con l’albero, che parla, e sussurra soluzioni che da sempre sono dentro di noi, architetti, una linea semantica che spinge verso l’uso consapevole dei materiali da costruzione, senza esitazioni, senza criticità economiche.

L’albero da cui dipende tutto questo è straordinariamente migliore di qualsiasi altro mezzo di trasformazione artificiale della natura, ha manutenzioni minime e un tempo di usura enorme, per il tempo di ogni architettura costruita.

Solo da qualche tempo è tornata in auge la tendenza a utilizzare, il legno in tutte le sue infinite varianti e in tutte le potenzialità funzionali e formali, compresa l’altezza degli edifici che oggi consente slanci tecnologicamente importanti nell’architettura residenziale.

Le risposte sono praticamente illimitate ma semplici, simboliche nella loro interrelazione con gli utenti e con le funzioni insediative, come se il materiale fosse un proseguimento naturale con i corpi fisici che attraversano lo spazio architettonico, un flusso costante di scambi e di dialettiche, tattili, percettive e olfattive.

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Nonostante gli sforzi non si riescono a trovare elementi negativi nell’uso consapevole di questo materiale, e anche il costo complessivo ne giustifica abbondantemente l’uso.

Torniamo dunque al principio da dove abbiamo iniziato, una casa, Adamo e il Paradiso, senza dimenticare lo stato preoccupante del pianeta e l’incapacità dell’uomo di dare un nuovo senso alla sua tradizionale ricerca di innovazione che, senza retorica ci consente di affermare che il ritorno all’antico è sempre un progresso, senza nostalgie e senza ansie da prestazione.

Qualcuno, la natura ci aiuta e ci consiglia ma non accetta le spaventose trasformazioni che ha dovuto subire nel tempo, consumo di suolo, di energie, pari a tanti “soli”, possiamo ritrovare questo dialogo interrotto, senza gli effetti speciali che ci hanno relegato ad una realtà virtuale in architettura, con forme di spettacolarizzazione che non producono che angosce.

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La strada verso il futuro non accetta compromessi anche nella teoria estetica dei nostri tempi, la tenerezza verso il mondo naturale che ci ha determinato, non consente di lasciare spazio allo sviluppo narcisistico delle arti, dobbiamo adeguarci ai segnali che arrivano da troppo tempo, e ora possiamo ascoltare i suoni che l’albero ci invia ,non possiamo più schiacciarlo col nostro irresponsabile silenzio , non possiamo lasciare quest’urlo inascoltato.


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