“Penso che l’albero sia un elemento di rigenerazione che di per sé è un concetto di tempo, la quercia lo è soprattutto perché è un albero a crescita lenta. E’ sempre stata una forma di scultura, un simbolo per questo pianeta”.
Joseph Beuys (1982),citato in Claudia Mesch (2013)Arte e politica: una piccola storia dell’arte per il cambiamento sociale.
Io sono un albero, un albero qualunque, uno di quelli che hai visto quando eri bambino.
Solo un albero, il punto più naturale tra tutte le espressioni che ci siamo abituati a condividere, nella nostra esistenza e nella tua esistenza.
Forse lo hai visto crescere, o forse te ne sei scordato, non hai avuto la possibilità di seguirne la consistenza dentro e fuori da un bosco che, nel frattempo diventava, una macchia, non avresti potuto riconoscerlo, o addirittura parlargli.
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Perché io sono l’albero che ti ha accompagnato quando ancora vivevi in campagna, e non abitavi ancora in città, ti sembrava di conoscerlo da sempre e che per sempre ti sarebbe stato accanto, in fondo è solo un albero, uno tra milioni che popolano ogni parte del mondo.
E’ vero, io sono quell’albero cui ogni tanto pensi, e che hai dimenticato da molto tempo, che non hai saputo curare, e poi non avresti saputo neppure come fare, ho visto quello che intorno mi accadeva e quello che intorno ti accadeva, albero tra tanti alberi, uomo tra tanti uomini.
Che mi è successo? Sono diventato altro da te, da me e da quello che volevamo, ma non ci siamo mai dimenticati delle tante emozioni che ci siamo scambiati, di tutti gli sguardi che ci hanno accompagnato, perché siamo diventati diversi, e tu sei diventato uno sguardo diverso che mi ha segnato.
Ecco, io sono un albero che continua a guardarti e non smette di interrogarti, io, che sono l’essenza naturale di quello che hai voluto realizzare, costruire, per ripararti, perché ti ho aiutato a divenire estetica, elementare, ma essenziale, necessaria, e da allora non sei più riuscito a dimenticarmi.
Io, sono, quell’albero da cui è nato tutto, da cui hai capito che dovevi dare al tuo mondo, e al tuo spazio un senso diverso, un principio da cui far scaturire l’inizio della storia e l’inizio della Storia, e da quel momento non ti ho mai lasciato, ti sono stato al fianco, almeno in qualche migliaio di anni, almeno.
Io sono quell’architettura che potrei diventare, un progetto, un calcolo che diventa segno, una casa, un edificio dove vivere, quello che la capanna, la tua capanna, è diventata.
Non ho paura a trasformarmi nella forma che hai pensato, in una piccola o grande memoria della natura che ti ha generato, e che vuole raccontarti.
Io sono lo spazio essenziale, una forma, un gesto, un episodio che rimane impresso, la condizione elementare per poter essere pensiero immaginato, che si trasforma in quinta teatrale della vita, perché tu non conosci quello che lo spazio può diventare: abete, quercia, cipresso tiglio o quello che ti pare, quello che mi pare.
Perché io divento, non nasco e non sono come mi hai pensato, prendo forma, non mi fermo all’idea, ti ascolto, sono la potenza della musica che ancora non c’è, quello che non siamo ancora riusciti ad essere, adesso, prima e per sempre.
Io sono un albero, ma sono solo l’architettura, io sono il piacere del vedere e di guardare la natura che diventa cultura.
Una forma che si annulla in un Progetto, e che possiamo realizzare mantenendo un tracciato, l’unico contenuto nella potenza dell’espressione.
Eccolo l’albero che doveva diventare luogo, la condizione primaria affinchè si compia il mistero dello spazio, il momento narrativo, la necessità di scegliere l’affermazione dell’idea che si compie senza temere limiti, senza preoccuparsi di qualsiasi divenire: ecco quello che vogliamo, ecco la natura che compie il gesto della transustanziazione, speculare, prima e dopo, prima e sempre.
Io sono l’albero che ti guarda, e ri-cresce, e si trasforma e non ha più niente da nascondere perché si esprime attraverso quello che l’ha determinato, e ti porterà in dono un pezzetto di creazione, una memoria che non potrai dimenticare, dove si compirà quella parte di ideazione che cerca di dare il senso più profondo alla natura progettante.
Guardami senza fare rumore, leggi tra le pieghe della mia esistenza, dialoga con quell’arcano materiale che stai cercando di rendere forma, colore, spessore, ruga, o addirittura geometria, pavimento o setto, rivestimento, tetto, pilastro, non sarà facile disfarti della mia necessità se vorrai progettare, se cercherai di tornare al passato, quando dovrai realizzare una qualche forma di futuro.
Pensa che alla fine sono solo un albero, e posso accettare che tu non possa ritrovare dentro di te, la vita che ti trasferisco ogni volta che il tuo pensiero diventa linguaggio espressivo e l’apparente staticità del mio esistere, diventa parte fisica della progettazione: un architetto e un albero non sono la stessa cosa, ma possono diventare una ricerca dialettica.
Io sono quell’essenza che hai cercato di raccontare, rubandola, alla natura, una possibilità che mi ha descritto perché ti servivo, e perché mi servivi, ti ricordi quando sei fuggito dentro un bosco e lo sai sentito suonare?
Non mi hai riconosciuto, stavi già prendendo le misure, volevi darmi quella vita che nell’architettura dovevo e volevo diventare.
Sono l’ontologia che maggiormente ti assomiglia, un pensiero che ti riassume e ti rappresenta, respira come me (e come te), ti nutre da millenni e non ti chiede nulla, non ti ho mai chiesto che di poter partecipare alla magia di un disegno che nascondevi, mentre attraversavi quel bosco, mi hai visto, in tutta quella forza e in tutta quella potenza.
Albero che sento respirare, uomo che mi sente respirare, forza che non può restare lontano dalle tue necessità, vibra quella parte di mondo che diventerà la dimensione del nostro agire comune, tu per la veemenza del pensiero che ti condiziona, io per la costruzione del materiale che userai per creare quel fuoco sacro sempre vivo, per raccontare un altro spazio, un altro tempo.
Io sono un albero e non aspetto altro che essere quello che sono, di farti dono della parte più alta della mia antica naturalità e mi aspetto di condividere con te quella profondità che può accompagnarci dentro le pieghe profonde della forma per darti vita, per rendermi segno, linguaggio, disciplina.
Sono l’idea che ancora non si forma, tutto quello che ambisce a diventare slancio, soluzione, il prodotto del progetto, che deve vincere su tutte le altre possibilità, su tutte le infinite potenzialità per essere materia, natura, essenza, quello che volevo che tu divenissi, proprio nell’istante in cui l’ho pensato, proprio nel momento in cui l’ho visto nascere.
Avevo capito che saresti potuto essere natura, e soltanto quello volevo che tu diventassi: un albero come me, prima che inventassi l’estetica, prima che diventassi architetto, prima di trovare la strada verso quel bosco che avevi visto da bambino, dove forse ti eri perso ed è stato allora che hai capito il significato più alto della bellezza.
Io sono un albero, un pavimento, il punto dove si appoggia il mondo, e dove hai deciso di attraversarlo.
Sono questo percorso che mi porta a scegliere di accoglierti per darti l’anima più profonda del tuo vivere, del tuo abitare, lavorare, amare o giocare, senza dimenticare l’Origine, il gioco infantile e perfetto, di tutte le geometrie.
Appartengo alla disciplina del progetto, ho una capacità antica nel rendere l’architettura un processo naturale dove puoi esprimerti al meglio, senza farti spaventare dalla natura che continua a generarti e rappresenta l’approdo di un tracciato, un percorso intrapreso verso le espressioni che hai cercato nel mistero della materia, tracce scavate senza tregua nel cuore del pensiero ideale.
Io sono un albero, e dici poco? Io sono quello che vuole donarti la dialettica più alta con tutte le tue necessità, per essere architetto e dare senso a questo essere segno che cerca una forma da condividere, spazio da rendere spirito: l’incanto che si rinnova ogni volta che produci stupore estetico.
Eccomi ancora qui, nel bosco dove ti sei perso, e passeggiare dentro quel mistero, mantiene sempre quell’effetto sorprendente che ti riporta all’arcana melodia che produce la meraviglia delle emozioni.
Ascolta la condizione onirica e sonora, dell’idea che in quel luogo magico è capace farti sentire, vivo e progettuale, una sensazione che non riuscirai a dimenticare, anche restandone lontano per decenni.
Guardami bene, aiutami a renderti migliore, a creare la natura dentro la cultura delle forme più complesse.
Indaga sul mistero che può portarti a dare le ultime risposte che continui a cercare, che poi sono sempre le stesse, le uniche che vale la pena trovare, e che rendono la nostra sensibilità comune, degna di essere vissuta.
Io sono un albero e tu sei un uomo, non perdere tempo a cercare inganni, noi siamo la stessa cosa, e non possiamo fare finta di crearci altri conflitti, perché progettare è il dono più alto che tu possa regalarmi, ed io non posso che esserne felice.
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