Artificio e natura: un’antinomia, un paradosso che da sempre ha riguardato arte e scienza, ma che da almeno due secoli affligge imprenditori e progettisti, conservatori ed evoluzionisti, costruttori e ambientalisti. Nella dialettica contemporanea tra produzione industriale di manufatti e protezione dell’ambiente naturale è vitale la ricerca di regole condivise – come per ogni patto sociale – per cercare almeno di affrontare (se non risolvere) questo paradosso, conciliare le necessità dell’economia di mercato con quelle della protezione dell’ambiente planetario.
E se in una società trasgressiva e violenta come quella contemporanea queste regole non esistono, o non funzionano, non vengono applicate o sono semplicemente ignorate: che fare? Diventa necessario inventarne delle nuove, dedicare una parte consistente del progetto industriale al controllo delle qualità ecologiche dei processi e dei prodotti: magari riscoprendo le proprie origini, e ancora prima il genius loci della terra dove l’impresa è nata. Così Margaritelli, nata alla fine dell’Ottocento agli inizi dell’epopea industriale italiana, partita come impresa per le lavorazioni forestali e la trasformazione del legno, a metà tra mondo agricolo e mondo industriale, ha sviluppato la sua strategia imprenditoriale in parallelo: tra la creazione di una produzione seriale di manufatti in legno di alta qualità e la ricerca di soluzioni per la coltivazione degli alberi che non alterassero l’equilibrio delle foreste.
La migliore ispirazione per quest’ultima possibilità viene dalla secolare cultura francese che ha sempre considerato l’integrità dei boschi e la vita dei singoli alberi come beni comuni da mantenere e non semplici commodities da sfruttare: un convincimento che ha origini profonde in una lunga storia di tutela forestale, di cui le prime notizie risalgono addirittura al Medioevo, quando feudatari ed ordini monastici si attivano per custodire questa risorsa insostituibile per tante applicazioni, a cominciare dalle costruzioni. La foresta di Cîteaux, in Borgogna, ad esempio, è piantata intorno al 1000 d.C. dai Cistercensi, che da allora la curano e la tramandano alle generazioni successive. Ed è proprio in Borgogna che Margaritelli ha affinato la sua strategia di selvicoltura, analizzando e facendo proprie le tecniche e le regole che hanno permesso al patrimonio forestale della Francia di raggiungere e mantenere un’estensione in effetti impressionante: 14 milioni di ettari di foreste da produzione, in cui ogni albero è censito, coltivato, tagliato, e quindi sistematicamente riforestato nel rispetto delle leggi antiche.
La stessa prassi che Margaritelli segue nella foresta di Fontaines per alimentare la produzione del suo stabilimento in luogo (fondato già nel 1961, dove avviene l’intero processo di produzione di pavimentazioni in legno) e nelle coltivazioni in Umbria, dove ha sede lo stabilimento per le lavorazioni più sofisticate nel ciclo produttivo dei prodotti Listone Giordano, a Miralduolo di Torgiano.
Destino vuole che originalmente in quest’area il nonno di Andrea Margaritelli (Direttore Commerciale e Marketing dell’azienda) coltivasse il suo vigneto, un’area dunque a vocazione agricola che con il tempo si è trasformata in insediamento progettato per l’alta tecnologia e la sostenibilità, in una proiezione temporale di medio e lungo termine. Se infatti l’approvigionamento di materia lignea rispetta le regole dell’equilibrio ambientale, se i processi di lavorazione in stabilimento non generano agenti inquinanti o di cui comunque viene controllata ed abbattuta la nocività, si può pensare a Listone Giordano come un nuovo genere di fabbrica, costituita proprio dalla natura del bosco e dall’artificio dell’officina industriale.
È la Fabbrica degli Alberi, l’utopia di un ciclo produttivo che si avvicina a quello naturale dove la materia è costantemente autorigenerata e moltiplicata, in cui ogni minuscola parte contribuisce alla sopravvivenza del tutto, per cui gli stessi concetti di rifiuto o di spreco semplicemente non hanno senso, perché non esistono.
Su questa idea positiva dell’industria come possibile produttrice di una nuova cultura della sostenibilità, si innesta la nozione di progetto come riflessione filosofica sulla natura dello spazio abitativo. In una bella conversazione tra disegno, Andrea Margaritelli e Michele De Lucchi – il primo designer per Listone Giordano – quest’ultimo con la capacità di sintesi che gli è propria rifletteva sull’idea di “casa” come paesaggio interno in cui dominano soprattutto soffitto e pavimento: due elementi orizzontali per così dire uranici, cioè legati al più grande spazio naturale di cui Cielo e Terra sono i confini visibili. Sotto questa visuale, anche un pavimento (spesso trascurato, anche se svolge un ruolo tanto importante nella definizione dell’interno), anche di produzione industriale, richiede una concezione non consumistica, condizionata più che dal concetto di lusso dall’idea di durata: che è tipica di creature come gli alberi, con il loro costante rigenerarsi nelle stagioni e nelle intemperie, fino a vivere anche centinaia di anni, se fattori esterni (a cominciare dai disboscamenti insensati) non ne interrompono il ciclo vitale.
Eterno blu è il firmamento e a lungo ancora solida la Terra rimarrà, per fiorire in primavera. Ma tu, Uomo, quanto ancora resterai?
Gustav Mahler, Das Lied von der Erde/Il Canto della Terra
Anche un pavimento, un parquet, può durare lunghissimamente. Soprattutto se quando lo si decide, piuttosto che acquistarlo lo si acquisisce, entra cioè a far parte dell’esistenza quotidiana vissuta attraverso le cose: una sorta di investimento sull’idea di un tempo più lento, o almeno rallentato rispetto alla frenesia del consumo insensato, in cui l’invecchiamento degli oggetti non è un difetto, ma un pregio. La patina del tempo dà valore alle cose, invece di toglierlo, le rende più simili agli abitanti delle case, che pur con tutte le loro incertezze e complicazioni sono ancora quanto di più simile ad esseri naturali sia dato di conoscere.
In questa visione strategica del Gruppo Margaritelli – dove il senso del tempo, della crescita e della maturazione ha un ruolo primario nella definizione del prodotto – rientrano (per coerenza, necessità, noblesse oblige e rispetto delle radici geografiche e culturali) la passione per la scoperta tecnica ma anche artistica. Si tratti dell’applicazione industriale di un brevetto d’invenzione (quello sviluppato dal ricercatore e docente Guglielmo Giordano, che ha ideato la tecnica da cui prende nome l’azienda leader del gruppo), del sostegno a grandi esposizioni dei maestri antichi (Michelangelo, Raffaello) o dell’acquisizione di un’opera rara dalla vita romanzesca (il quattrocentesco Bambin Gesù delle Mani del Pinturicchio), la strategia è la stessa: agire locale e pensare globale, act local/think global, per presidiare un mercato mondiale, sempre più ampio e sempre più difficile. E tutto questo senza tradire le proprie origini e identità, fondate in una nazione complessa e tormentata come l’Italia ma che per molti secoli è riuscita nella difficilissima conciliazione di artificiale e naturale.
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